Nullità per conformità allo schema ABI delle sole fideiussioni omnibus
L’oggetto dell’accertamento dell’intesa anticoncorrenziale nel provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 della Banca d’Italia è costituito dalle condizioni generali della sola fideiussione c.d. omnibus, ossia di quella particolare garanzia personale di natura obbligatoria, in uso nei rapporti bancari, che per effetto della c.d. clausola estensiva impone al fideiussore il pagamento di tutti i debiti, presenti e futuri, assunti dal debitore principale entro un limite massimo predeterminato ai sensi dell’art. 1938 c.c. Ne discende che qualora taluno si sia obbligato rispetto ad una fideiussione avente i caratteri su esposti e così qualificata potrà invocare la natura di prova privilegiata della decisione della Banca d’Italia e porla a fondamento della tutela richiesta, unitamente alla prova dell’applicazione uniforme.
La tesi secondo cui la nullità può colpire anche le fideiussioni specifiche riproducenti lo schema ABI relativo alla fideiussione omnibus, ai sensi dell’art. 2 della L. n. 287/90 e ciò a prescindere dal provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2005, non è condivisibile. Trattasi, invero, di un’enunciazione astratta, che richiama il principio generale di cui all’art. 2 l. n. 287/90, ma che va valutata con riferimento alle singole fattispecie concrete, in cui deve essere fornita dall’attore ex art. 2697 c.c. la prova dell’intesa anticoncorrenziale illecita da cui discendono gli effetti della nullità sui contratti “a valle”. Al riguardo, non è sufficiente l’allegazione di moduli contenenti le clausole censurate, predisposte da vari istituti di credito al fine dell’assolvimento della prova dell’illiceità dell’intesa “a monte”, in quanto la standardizzazione contrattuale non produce necessariamente effetti anticoncorrenziali, né costituisce elemento dirimente per accertare l’accordo illecito tra gli istituti di credito.
Preliminare di cessione di quote sociali: le clausole non riproposte nel contratto definitivo si intendono rinunciate
In tema di rapporto tra contratto preliminare e contratto definitivo, l’orientamento consolidato della giurisprudenza prevede che le pattuizioni presenti nel preliminare debbano intendersi rinunciate qualora non riproposte nel definitivo.
In forza di tale principio, la clausola contenuta in un contratto preliminare di cessione di quote sociali, non riproposta nel contratto definitivo, deve considerarsi superata dalla diversa volontà espressa dalle stesse parti nell’accordo definitivo e, pertanto, del tutto priva di efficacia, ad eccezione del caso in cui venga fornita la prova di un accordo intervenuto tra le parti, volto a preservare gli obblighi contenuti nel preliminare e a garantirne la sopravvivenza dopo la conclusione del definitivo, in mancanza della quale l’assetto dei reciproci rapporti non può che essere quello risultante dal negozio concluso.