Criteri di interpretazione della clausola compromissoria e impugnazione del lodo arbitrale
La qualificazione dell’arbitrato come rituale o irrituale deve desumersi da un complesso di elementi, quali il dato testuale, la volontà delle parti e il comportamento delle stesse, onde accertare se mediante la previsione della clausola compromissoria esse abbiano voluto ottenere la pronuncia di un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di una sentenza oppure se abbiano inteso affidare all’arbitro la soluzione di controversie solo attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla loro stessa volontà. Ai fini del discrimine tra le due figure, si è ritenuto che non possono essere ritenuti elementi decisivi per configurare l’arbitrato irrituale e per escludere quello rituale né il conferimento agli arbitri della potestà di decidere secondo equità, né la preventiva attribuzione alla pronuncia arbitrale del carattere della inappellabilità, né la previsione di esonero degli arbitri da formalità di procedura, dovendosi invece valorizzare, ai fini di una corretta lettura della volontà delle parti nel senso dell’arbitrato rituale, espressioni terminologiche congruenti con l’attività del “giudicare” e con il risultato di un “giudizio” in ordine ad una “controversia” (cfr. Cass. n. 833 del 1999; Cass. n. 10805 del 2014). Pertanto, il mancato richiamo nella clausola alle formalità dell’arbitrato rituale non depone univocamente nel senso dell’irritualità dell’arbitrato, dovendosi tenere conto delle maggiori garanzie offerte dall’arbitrato rituale quanto all’efficacia esecutiva del lodo e al regime delle impugnazioni (cfr. Cass. n. 11313 del 2018).
L’interpretazione della clausola compromissoria e del compromesso, alla stregua di ogni altra espressione della volontà delle parti, spetta esclusivamente al giudice di merito. La decisione sul punto, se basata su un’esatta applicazione delle regole di ermeneutica e correttamente motivata, non è soggetta a controllo in sede di legittimità.
Ai fini dell’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile avverso il lodo, ciò che conta è, altresì, la natura dell’atto in concreto posto in essere dagli arbitri, più che la natura dell’arbitrato come prevista dalle parti (cfr. Cass. n. 25258 del 2013).
Cessazione della materia del contendere e compensazione delle spese
La declaratoria di cessazione della materia del contendere costituisce un’ipotesi di estinzione del processo che si ha quando si verifica una situazione tale da eliminare le ragioni di contrasto, ad esempio in caso di sopravvenuto accordo negoziale fra le parti. In caso di transazione tra le parti, non si verifica una carenza sopravvenuta dell’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., atteso che le parti, al contrario, insistono per ottenere una decisione sulla controversia, sebbene con la mera dichiarazione che essa è definita dall’accordo negoziale.
Nell’ipotesi di cessazione della materia del contendere, il governo delle spese non va statuito in base al principio della soccombenza virtuale, ma occorre provvedere alla compensazione integrale sia nel caso di mancata espressa richiesta della rifusione a favore delle parti (in tal caso, il silenzio serbato dalle parti sul punto spese si deve intendere come invito alla Corte a disporre la compensazione), sia nel caso in cui le parti abbiano espressamente richiesto la compensazione.
Il diritto di ispezione del socio non amministratore di s.r.l. ex art. 2476, co. 2, c.c.
I contrasti fra la società e i soci aventi ad oggetto la presunta appropriazione, da parte dei primi, di beni della seconda, pur se pregressi e documentati, non elidono il diritto di ispezione ex art. 2476, co. 2, c.c. dei soci non amministratori, ferma restando la pretesa restitutoria e risarcitoria della società laddove le contestazioni – da far valere in altro giudizio – risultino fondate. Tali conflitti possono semmai rilevare sotto il profilo processuale ai fini della compensazione delle spese ex art. 92 c.p.c.
Opposizione a d.i. per il credito vantato nei confronti di un consorzio da parte della cooperativa socia
Nell’ordinario giudizio di cognizione, che si instaura a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, solo l’opponente, in via generale, nella sua posizione sostanziale di convenuto, può proporre domande riconvenzionali, ma non anche l’opposto, che, rivestendo la posizione sostanziale di attore, non può avanzare domande diverse da quelle fatte valere con l’ingiunzione, potendo a tale principio logicamente derogarsi solo quando, per effetto di una riconvenzionale formulata dall’opponente, la parte opposta si venga a trovare a sua volta in una posizione processuale di convenuto cui non può essere negato il diritto di difesa, rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, mediante la proposizione (eventuale) di una reconventio reconventionis.
Soccombenza virtuale e spese processuali in caso di sostituzione di delibera nulla in pendenza di lite
La sostituzione di una delibera nulla in corso di procedimento, definito con declaratoria di cessazione della materia del contendere, non determina la compensazione delle spese di lite. Per il principio di soccombenza virtuale, infatti, la parte soccombente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali.
Finanziamenti dei soci di società per azioni e art. 2467 c.c.
La fattispecie del finanziamento soci disciplinata dall’art. 2467 c.c. trova applicazione anche per le società per azioni, laddove le stesse presentino, in concreto, situazioni organizzative che riecheggino quelle tipiche delle s.r.l. e in particolare [ LEGGI TUTTO ]
Clausola arbitrale, eccezione di incompetenza e compensazione delle spese tra le parti.
Concordato preventivo: procedura per l’individuazione del “miglior” offerente e momento perfezionativo del negozio traslativo.
L’art. 36 l.f. consente il reclamo contro atti di amministrazione del curatore e deve ritenersi applicabile anche in caso di concordato preventivo. [ LEGGI TUTTO ]