Il patto leonino si configura solo se stipulato al momento della costituzione del rapporto sociale
La configurabilità della nullità della previsione che esclude in modo continuato ed assoluto uno dei soci dalla partecipazione alle perdite per violazione del divieto di patto leonino presuppone logicamente che la pattuizione sia adottata al momento della costituzione del rapporto sociale così che al socio sia assicurata l’esenzione per tutta la sua durata dall’alea tipica dell’investimento nella società, in modo tale da alterare stabilmente la ripartizione del rischio di impresa fra i soci. Per poter avere l’effetto di alterare la causa del contratto sociale, la previsione negoziale che realizzi l’effetto vietato dall’art. 2265 c.c. deve essere contenuta nell’atto costitutivo, nello statuto o in un patto parasociale coevo all’acquisto della partecipazione. La pattuizione dell’opzione di vendita successiva, contenuta in un contratto di compravendita fra soci si risolve, invece, in una comune vicenda circolatoria della partecipazione, esterna al contratto sociale e inidonea ad alterarne la causa.
L’andamento negativo dell’attività di impresa e la perdita di valore della partecipazione sociale che ne deriva non rappresentano uno degli avvenimenti straordinari e imprevedibili che, in un contratto con prestazioni corrispettive, può giustificare la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c.
La compensazione legale è difficilmente configurabile fra obbligazioni reciproche scaturenti dallo stesso contratto e concepite dalle parti per essere ciascuna autonomamente eseguita in funzione della realizzazione degli interessi in concreto perseguiti da ciascuna di esse. In una simile fattispecie, l’effetto estintivo potrebbe prodursi solo a seguito di una compensazione volontaria.
La domanda volta ad ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto che abbia ad oggetto il trasferimento della proprietà di cose determinate non può essere accolta se la parte che l’ha proposta non esegue la sua prestazione o non ne fa offerta nei modi di legge. L’altro presupposto della pronuncia ex art. 2932 c.c. è costituito dalla possibilità giuridica del trasferimento azionario al momento della pronuncia della sentenza, in relazione alla configurabilità o meno nel trasferimento coattivo della titolarità delle azioni di una società fallita del c.d. aliud pro alio rispetto alla prestazione promessa nell’impegno preliminare relativo al trasferimento di azioni di una società ancora in bonis.
Compensazione dei crediti in sede di opposizione a decreto ingiuntivo
In sede di opposizione a decreto ingiuntivo, l’opponente che non contesta i debiti nei confronti dell’opposto (ricorrente nel procedimento monitorio) può ottenere l’estinzione per compensazione del proprio debito nei limiti del proprio controcredito nei confronti dell’opposto.
La compensazione dei crediti nei confronti della società debitrice fallita
Il creditore di una società per azioni fallita ha diritto di compensare con i suoi debiti verso la società i crediti che egli vanti verso la stessa, ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento della società. Per i crediti non scaduti la compensazione, tuttavia, non ha luogo se il creditore ha acquistato i crediti verso la società fallita per atto tra vivi dopo la dichiarazione di fallimento della società o nell’anno antecedente.
L’art. 56, secondo comma, l. fall. limita testualmente ai crediti non esigibili prima della dichiarazione di fallimento la non opponibilità in compensazione ove il debitore del fallito li abbia acquistati dopo l’apertura della procedura concorsuale o nell’anno antecedente. Da ciò si ricava, a contrario, che il debitore del fallito ben può opporre in compensazione crediti di cui sia divenuto titolare per atti inter vivos posti in essere nell’anno antecedente all’apertura della procedura concorsuale o anche successivamente, purché detti crediti fossero scaduti e divenuti, dunque, esigibili prima della dichiarazione di fallimento (o dell’avvio della procedura concorsuale).
La differenza di trattamento fra crediti scaduti prima del fallimento e crediti non ancora scaduti trova plausibile spiegazione nel fatto che solo con riguardo ai primi l’effetto estintivo proprio della compensazione (la quale si produce, ai sensi del citato art. 1242, sin dal giorno della coesistenza dei crediti contrapposti) deve intendersi realizzato anteriormente alla dichiarazione del fallimento.
La compensazione legale rappresenta una modalità di estinzione dell’obbligazione che si determina automaticamente, per effetto della coesistenza delle due reciproche posizioni creditorie e rispetto a essa, quindi, non è neppure astrattamente configurabile un’ipotesi di revocatoria ex art. 67 l. fall..
La cessione di un credito, stipulata nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento del debitore, anche se in previsione di detto fallimento e con l’intento di consentire al cessionario, a sua volta debitore del fallito, di far valere in compensazione il credito cedutogli, si sottrae alla revocatoria fallimentare ex art. 67 l. fall., non potendo essere considerata come atto del fallito medesimo (o di un terzo che lo sostituisca nella gestione del patrimonio), e resta soggetta alle regole dell’art. 56 l. fall. in tema di compensazione in sede fallimentare, con la conseguenza che la compensazione stessa è opponibile al fallimento, ove il credito ceduto sia scaduto prima dell’apertura della relativa procedura.
In tema di esecuzione di “Accordi quadro” tra società partecipanti ad operazioni straordinarie
Salvo apposito accordo derogatorio, la compensazione legale ex art. 1243, comma 1°, c.c. opera automaticamente, senza necessità di una “preventiva intesa” tra le parti.
Compensazione giudiziale di un credito contestato in separato giudizio
La compensazione presuppone che, in ogni caso, ricorrano, i requisiti di cui all’art. 1243 c.c., cioè che si tratti di crediti certi, liquidi ed esigibili o di facile e pronta liquidazione. Ne consegue che [ LEGGI TUTTO ]