Impugnativa di bilancio limitatamente alla voce relativa ai compensi amministratori
La nomina del curatore speciale ex art. 78 c.p.c. presuppone un conflitto di interessi fra rappresentante e rappresentato che non è di mero fatto, ma deve essere immanente, per la ontologica contrapposizione tra società e amministratori avuto riguardo all’oggetto di causa (tipicamente nell’azione di responsabilità esercitata dai soci di minoranza o dai creditori, al cui esito la società è interessata perché destinataria del risarcimento del danno qualora siano accertate le denunciate responsabilità), sicchè non sussiste tout court un conflitto di interessi tale da comportare la necessità di nomina di un curatore alla società nei giudizi di impugnazione delle delibere assembleari solo in ragione del fatto che la deliberazione impugnata ha ad oggetto materie che riguardano l’organo amministrativo o il suo funzionamento (come quelle di approvazione del bilancio, di determinazione dei compensi, di nomina o revoca, di autorizzazione al compimento di atti gestori).
L’impugnativa della delibera di approvazione del bilancio può essere sì fatta per singole voci, ma se contrarie ai parametri di redazione del bilancio ex art. 2423 c.c., di talchè ne consegua l’alterazione della rappresentazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’esercizio.
Compensi degli amministratori di s.r.l. e responsabilità degli amministratori privi di deleghe
Per le s.r.l., a differenza che per le s.p.a. per le quali l’onerosità dell’incarico di amministratore è prevista dall’art.2389 c.c., la remunerazione della carica degli amministratori è regolamentata dallo statuto o, in mancanza, da una specifica delibera societaria. In tale ultimo caso, l’approvazione dei compensi corrisposti agli amministratori, contestuale a quella del bilancio di esercizio, è legittima soltanto nel caso in cui l’assemblea vi abbia provveduto in modo espresso.
Tutti gli amministratori devono adempiere, ai sensi dell’art. 2392 c.c., i doveri ad essi imposti dalla legge o dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze. Il sistema della responsabilità degli amministratori privi di deleghe posto dagli artt. 2381 e 2392 c.c. conforma l’obbligo di vigilanza dei medesimi non più come avente ad oggetto il generale andamento della gestione, quale controllo continuo e integrale sull’attività dei delegati, ma richiedendo loro, secondo la diligenza esigibile sin dal momento dell’accettazione della carica, di informarsi e essere informati, anche su propria sollecitazione, degli affari sociali, e di trarne le necessarie conseguenze. Il perdurante dovere di controllo in capo ai medesimi può precisarsi come obbligo di informazione attiva e passiva, nonché di conseguente attivazione, al fine di scongiurare le condotte dei delegati da cui possa derivare danno alla società.
Profili di invalidità della delibera di determinazione del compenso dell’amministratore che sia anche socio
L’elenco delle materie da trattare in assemblea deve essere chiaramente indicato, sia per consentire ai soci una preparazione adeguata, sia per evitare che sia sorpresa la buona fede degli assenti mediante discussione/deliberazione su materie non incluse nella convocazione. A tal fine non è necessaria una indicazione particolareggiata delle materie da trattare, ma è sufficiente un’indicazione sintetica, purché chiara e non ambigua, specifica e non generica, la quale consenta la discussione e l’adozione da parte dell’assemblea dei soci anche delle eventuali deliberazioni consequenziali ed accessorie.
Per quanto riguarda l’annullamento della delibera assembleare di una società di capitali per conflitto di interessi tra socio e società – quando il primo si trovi ad essere portatore, con riferimento ad una specifica delibera, di un duplice e contrapposto interesse, cioè da una parte il proprio interesse di socio e dall’altra quello della società –, è essenziale che la delibera sia idonea a ledere l’interesse sociale, mentre è irrilevante che essa, senza pregiudicare tale interesse, consenta al socio di raggiungere anche un interesse proprio.
In tema di annullamento per conflitto di interessi, ai sensi dell’art. 2373 c.c., della delibera assembleare determinativa del compenso degli amministratori, il vizio ricorre quando essa è diretta al soddisfacimento di interessi extrasociali, in danno della società, senza che risulti condizionante in sé – ai fini del conflitto di interessi ovvero anche dell’eccesso di potere – la decisività del voto da parte dell’amministratore (beneficiario dell’atto) che sia anche socio; ne consegue che la accertata irragionevolezza della misura del compenso (valutata in base al fatturato ed alla dimensione economica e finanziaria dell’impresa, da rapportare all’impegno chiesto per la sua gestione) può risultare anche quando la delibera attua un patto parasociale, in precedenza stipulato sotto forma di transazione fra i soci, compresi gli impugnanti soci di minoranza, che sono legittimati all’impugnazione in quanto dissenzienti e nonostante la partecipazione al predetto accordo.
Non risulta annullabile per conflitto d’interessi la deliberazione determinativa del compenso dell’amministratore per il mero fatto che essa sia stata adottata col voto determinante espresso dallo stesso amministratore che abbia preso parte all’assemblea in veste di socio, se non ne risulti altresì pregiudicato l’interesse sociale. Lo stesso vale in relazione al vizio di eccesso di potere, ritenendosi comunque essenziale l’accertamento della sproporzione del compenso attribuito.
A fronte dell’attribuzione all’amministratore di compensi sproporzionati o in misura eccedente i limiti della discrezionalità imprenditoriale, è possibile impugnare la delibera dell’assemblea della società di capitali per abuso o eccesso di potere, sotto il profilo della violazione del dovere di buona fede in senso oggettivo o di correttezza, giacché una tale deliberazione si dimostra intesa al perseguimento della prevalenza di interessi personali estranei al rapporto sociale, con ciò danneggiando gli altri partecipi al rapporto stesso. In tal caso al giudice è affidata una valutazione che è diretta non ad accertare, in sostituzione delle scelte istituzionalmente spettanti all’assemblea dei soci, la convenienza o l’opportunità della delibera per l’interesse della società, bensì ad identificare, nell’ambito di un giudizio di carattere relazionale, teso a verificare la pertinenza, la proporzionalità e la congruenza della scelta, un vizio di illegittimità desumibile dalla irragionevolezza della misura del compenso stabilita in favore dell’amministratore, occorrendo a tal fine avere riguardo, in primo luogo, alla natura e alla ampiezza dei compiti dell’amministratore ed al compenso corrente nel mercato per analoghe prestazioni, in relazione a società di analoghe dimensioni, e, ma in funzione complementare, alla situazione patrimoniale e all’andamento economico della società.
La circostanza che anche il socio amministratore abbia espresso il proprio voto in relazione al (proprio) compenso di amministratore non costituisce di per sé un vizio della delibera; infatti, per potersi configurare una situazione di conflitto di interessi o di abuso di potere è sempre necessario che venga dedotto e dimostrato il perseguimento di un interesse extrasociale in contrasto con quello della società.
Controllo giudiziale della delibera assembleare che attribuisce il compenso agli amministratori
La deliberazione assembleare che stabilisce il compenso degli amministratori è valida anche se approvata con il voto determinante dell’amministratore stesso, purchè il compenso non sia irragionevole o sproporzionato o persegua interessi extra-sociali. Il vaglio giudiziale deve essere diretto dunque ad indagare la pertinenza, la proporzionalità e la congruenza del compenso, in virtù di un “criterio relazionale”, idoneo ad eventualmente identificare l’irragionevolezza della misura del compenso. Solo ove sia rinvenuta tale sproporzione – sintomatica del conflitto di interessi, del perseguimento univoco dell’interesse extra-sociale e del conseguente danno alla società – la relativa delibera può dirsi pertanto viziata.
Nomina del curatore speciale ex art. 78 c.p.c.
Non sussiste conflitto di interessi rilevante allorché il socio che sia anche amministratore abbia espresso il proprio voto determinante a favore della deliberazione relativa al suo compenso, atteso che egli legittimamente può avvalersi del proprio diritto di voto per realizzare (anche) un proprio fine personale, salvo non si accerti che attraverso il voto egli abbia sacrificato a proprio favore l’interesse sociale.
Pertanto, va esclusa la sussistenza di un conflitto rilevante sia nel momento genetico-negoziale dell’adozione della delibera sia in sede processuale, costituendo la valutazione del pregiudizio sociale un posterius di fatto indifferente rispetto alle valutazioni da svolgere sul piano processuale del conflitto di interessi a tal fine rilevante.
Le azioni di accertamento del Fallimento sugli amministratori della s.r.l.: natura indebita di compensi, rimborsi spese e acconti sugli utili
Nel caso in cui il Fallimento di una s.r.l. abbia esercitato l’azione finalizzata a conseguire la restituzione di somme indebitamente corrisposte agli amministratori, ai sensi dell’art. 2033 c.c., non opera il termine di prescrizione quinquennale ma, al contrario, il diritto è soggetto all’ordinario termine di prescrizione decennale ex art 2946 c.c.
La disciplina dei compensi degli amministratori prevista per le s.p.a. dall’art. 2389 c.c. si estende analogicamente anche alle s.r.l.; in assenza di una determinazione all’interno dell’atto costitutivo ovvero da parte dell’assemblea dei soci, il quantum del compenso dovrà essere stabilito giudizialmente.
L’atto di riassunzione di un giudizio davanti ad altro giudice, dopo che il primo adito si sia dichiarato incompetente, non introduce un nuovo grado di giudizio sicché la riassunzione non risulta abbisognevole di nuova autorizzazione del giudice delegato.
Compenso dell’amministratore e scopo di lucro della società
La gratuità della carica dell’amministratore non può farsi discendere dall’assenza di finalità lucrative della società. Il compenso dell’amministratore – essendo un costo per la società – attiene piuttosto al profilo dell’economicità della gestione dell’impresa, ovverosia al criterio della copertura dei costi con i ricavi di esercizio.
Autoattribuzione di uno specifico compenso per la carica di amministratore delegato
Vìola la disciplina dettata in materia di compensi degli amministratori, e integra quindi il fumus ai fini della concessione del sequestro conservativo intentato a cautela della futura azione di responsabilità, l’amministratore che, pur in assenza di deliberazione da parte del CdA relativa allo specifico compenso per la carica di Amministratore Delegato ricoperta, si attribuisce somme eccedenti quelle deliberate dall’assemblea, non rappresentando valido titolo per pretendere o per ricevere gli importi in discussione, né il budget triennale della società dal quale risulti un compenso del CdA superiore a quello deliberato dall’assemblea, né la delibera assembleare recante la semplice delega al CdA per l’individuazione del compenso dell’AD, né tantomeno la successiva inerzia del CdA in tema, che avrebbe al più potuto dar luogo a richiesta dell’amministratore di determinazione giudiziale del compenso e non certo alla percezione di somme in sostanza corrispondenti ad una autoliquidazione.
L’art 2389 c.c. pone una competenza inderogabile in capo all’assemblea in relazione alla determinazione del compenso degli amministratori. Il caso Ferrovie.
Va attribuita alla cognizione della sezione specializzata in materia di impresa la controversia introdotta da un amministratore nei confronti della società riguardante le somme da quest’ultima dovute in relazione all’attività esercitata. Ugualmente deve essere attratta alla medesima competenza la domanda di restituzione della società nei confronti dell’amministratore per la pretesa assenza di una causa giustificativa.
Ai sensi dell’art. 2389 c.c., qualora non sia stabilita nello statuto, la determinazione della misura del compenso degli amministratori deve essere assunta con una esplicita delibera assembleare. Ciò vale parimenti per i c.d. trattamenti di fine mandato, che vengano riconosciuti alla fine del rapporto con la società.
Il terzo comma della norma citata, nello stabilire che l’amministratore di società cui sia demandato lo svolgimento di attività estranee al rapporto di amministrazione ha, per queste, diritto ad una speciale remunerazione, fa riferimento a quelle prestazioni che esulino dal normale rapporto di amministrazione, rientrando tra le prestazioni tipiche dell’amministratore soltanto quelle inerenti all’attività di gestione ed amministrazione sociale. Lo svolgimento delle funzioni di amministratore delegato di una società per azioni non integra, di per sé, l’attribuzione di una particolare carica ai sensi e per gli effetti della richiamata disposizione codicistica.
La deliberazione assunta dal consiglio di amministrazione, con la quale viene determinato il compenso dell’organo gestorio, è affetta da radicale inefficacia; non è dunque necessario, ai fini dell’utile esperimento dell’azione restitutoria da indebito oggettivo, la previa impugnazione della medesima.