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10 Febbraio 2021

La validità dell’atto di transazione e la corresponsabilità dei soci in solido con gli amministratori

La sussistenza di illeciti ascritti ad una delle parti in un rapporto transattivo non risulterebbe di per sé sufficiente ad invalidare l’atto di transazione, la cui finalità precipua è anzi quella di prevenire e risolvere ab origine le contestazioni che a vario titolo potrebbero essere sollevate nei confronti delle parti della transazione stessa. Argomentando diversamente, verrebbe frustrata quella che è la causa tipica – e quindi l’interesse in concreto – la cui realizzazione è perseguita dal contratto transattivo; tanto che è lo stesso art.2393 c.c. a prevedere la possibilità di transigere anche con riferimento all’azione di responsabilità avverso l’amministratore. L’unico limite che incontra la transazione, nella verifica intorno alla sua validità, è quello dell’art. 1972 c.c. ove afferma, al primo comma, la nullità della transazione relativa a un contratto illecito, e al secondo comma la sua annullabilità per la mancata conoscenza della nullità del titolo oggetto della transazione. La transazione, infatti, risulta prodromica rispetto al più generale intento – consueto nella prassi della successione delle cariche direttive societarie – di chiudere definitivamente, oltre che bonariamente, qualsiasi rapporto preesistente e/o pendente tra la società e chi all’interno di essa aveva precedentemente ricoperto un incarico direttivo. Definizione che, come espresso dagli atti di transazione, si estende sia alle pendenti pretese di credito sia a qualsiasi potenziale futura pretesa od azione esperibile dalla società nei confronti dei precedenti amministratori.

La rinuncia all’azione di responsabilità contro uno degli amministratori determina ipso iure la rinunzia ad ogni diritto ed azione anche nei confronti dei soci, quali asseriti condebitori solidali degli amministratori (ex art.2476 comma 7 c.c.), ciò in virtù dei principi dell’ordinamento che regolano l’istituto giuridico della solidarietà e, quindi, sulla base degli argomenti che si traggono pure dall’art.1301 c.c.

29 Settembre 2020

Principi sui limiti di applicazione della Business Judgment Rule e sui riflessi della transazione stipulata con un condebitore solidale

Gli amministratori di società di capitali devono operare scelte gestorie volte alla conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale, rispettando le regole, anche tecniche, di corretta gestione; analogo dovere incombe anche sui liquidatori che, nello svolgimento dei loro compiti, devono agire per raggiungere il massimo risultato economico che può essere ottenuto dalla liquidazione dei beni sociali e ciò per perseguire non solo l’interesse dei soci ma anche quello dei creditori sociali. La c.d. Business Judgment Rule, la regola secondo cui è preclusa la possibilità di sindacare nel merito gli atti di gestione compiuti dall’amministratore, opera esclusivamente quando le decisioni operative sono assunte secondo i principi di corretta gestione societaria e quando gli atti di gestione sono conformi alla legge e allo statuto sociale, non sono contaminati da situazioni di conflitto di interesse dei gestori, sono assunti all’esito di un procedimento di raccolta di informazioni propedeutiche alla decisione gestoria adeguato all’incidenza sul patrimonio dell’impresa e sono razionalmente coerenti con le informazioni e le aspettative di risultato emerse dal procedimento istruttorio.
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14 Gennaio 2019

C.d. “criterio dei netti” e transazione stipulata con uno soltanto dei condebitori

Il “criterio dei netti patrimoniali” trova applicazione solo laddove non sia possibile ricostruire con sufficiente certezza le vicende che hanno condotto al dissesto e le singole operazioni dannose (anche negli effetti) e, comunque, va sempre giustificato il suo utilizzo, nel senso che l’applicazione del metodo in questione deve rispondere alla logica e al buon senso, poiché [ LEGGI TUTTO ]

28 Settembre 2017

Contestazione del foro convenzionale ed obbligazioni assunte in proprio da uno dei condebitori solidali

In forza del canone ermeneutico in base al quale il contratto va interpretato secondo buona fede, la clausola sul foro convenzionale deve ritenersi comprensiva di ogni questione inerente tanto l’interpretazione quanto l’esecuzione del contratto.

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14 Luglio 2017

Azione di responsabilità del curatore fallimentare: valore probatorio della sentenza penale di patteggiamento

La sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. (cd. “patteggiamento”) costituisce indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito, il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l’imputato avrebbe ammesso [ LEGGI TUTTO ]

5 Agosto 2015

Decreto ingiuntivo nei confronti degli obbligati in solido e abuso dello strumento processuale

Si configura come abuso dello strumento processuale l’aver azionato lo stesso credito con più domande giudiziali (nella specie, ricorsi monitori) nonostante il carattere di omogeneità delle posizioni giuridiche delle parti opponenti, parti processuali dell’unico rapporto dedotto nel ricorso monitorio. Ciò non può tuttavia scalfire l’ammissibilità della domanda giuziale contenuta nei ricorsi monitori, potendo spiegare rilevanza soltanto sotto il profilo delle spese processuali. Le conseguenze delle condotte abusive in sede processuale non esulano, infatti, da quelle espressamente disciplinate dagli art. 91 e ss c.p.c. [ LEGGI TUTTO ]

31 Dicembre 2014

Cessione d’azienda e debiti successivi alla cessione.

In caso di cessione d’azienda, non può trovare applicazione l’art 2560, comma 2°,c.c., in relazione ai debiti sorti successivamente al trasferimento dell’azienda ceduta: l’acquirente risponde infatti solo dei debiti anteriori al trasferimento che risultano dai libri contabili obbligatori.