Condizioni per l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria di atto di conferimento societario
In tema di condizioni per l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria, è necessaria e sufficiente la consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi dei creditori, non essendo richiesto l’animus nocendi; tale pregiudizio si realizza anche quando l’atto dispositivo determina una variazione solo qualitativa del patrimonio, se essa rende più difficile la soddisfazione dei creditori, come ad esempio in caso di alienazione di un immobile e/o di un bene facilmente aggredibile dall’eventuale parte attrice per il soddisfacimento del proprio credito.
La declaratoria di inefficacia relativa, conseguente all’accoglimento della revocatoria proposta, mentre incide sugli effetti dell’atto dispositivo di conferimento, non pregiudica in alcun modo la validità della società, in ossequio al disposto dell’art. 2332 c.c.; ove, poi, il bene oggetto di conferimento venga, dal creditore, utilmente sottoposto all’esecuzione forzata, la società acquista nei confronti del socio (debitore esecutato) ragioni di credito corrispondenti al valore dei beni conferiti.
Simulazione di un atto di conferimento in sede di costituzione della società
Ai sensi degli artt. 1414 ss. c.c., la simulazione è un fenomeno di c.d. apparenza giuridica, in base al quale le parti pongono in essere un negozio giuridico (atto simulato) del quale non vogliono alcun effetto – per il caso di simulazione assoluta – o del quale vogliono effetti diversi, riconducibili ad altro negozio giuridico (negozio dissimulato), in ipotesi di simulazione relativa. Con l’accordo simulatorio, dunque, i contraenti stabiliscono che l’atto posto in essere non produrrà effetti nei loro confronti o ne produrrà di diversi, propri di un differente assetto negoziale, del quale devono essere rispettati gli eventuali requisiti formali imposti ex lege. Il contratto simulato, dunque, è destinato a creare l’apparenza giuridica di conformità tra il dichiarato e voluto unicamente nei confronti dei terzi estranei al rapporto, ai quali, se in buona fede, la simulazione non potrà essere opposta. Tra le parti, invece, salvo l’ipotesi di illiceità del contratto dissimulato (il negozio realmente voluto), la simulazione potrà essere provata esclusivamente tramite la c.d. controdichiarazione, di cui all’art. 1417 c.c., consistente in un documento di riconoscimento della simulazione, ossia dell’accordo simulatorio.
In caso di aumento di capitale sociale, ancorché con la partecipazione del rappresentante legale dell’ente previa delega da parte dell’assemblea, l’eventuale simulazione dell’atto di conferimento non può essere opposta alla società di capitali, avente propria personalità giuridica e, dunque, da ritenersi terza alla simulazione. Ugualmente deve concludersi nell’ipotesi di un conferimento effettuato all’atto di costituzione di una s.r.l., che non ha visto la partecipazione della società conferitaria, la quale senz’altro deve dirsi terza estranea all’accordo simulatorio intercorso tra i conferenti, al più qualificabile come patto parasociale. Sul punto, infatti, il conferimento di beni va inteso come atto traslativo a titolo oneroso, dacché comporta il trasferimento dei beni che ne formano oggetto nel patrimonio dal patrimonio del conferente a quello della società conferitaria, che è soggetto terzo, distinto dalle persone dei soci. E ciò anche in un’ottica di tutela dell’interesse generale dei creditori sociali e dei terzi, i quali subirebbero un pregiudizio se fosse possibile per i soci pretendere la restituzione dell’oggetto del conferimento asseritamente simulato, a seguito della dichiarazione di simulazione dello stesso.
La delibera di aumento del capitale, la sottoscrizione e il conferimento
L’art. 2704 c.c. non risulta applicabile al negozio di sottoscrizione della quota di aumento di capitale, assoggettato, invece, alla disciplina speciale dettata per le scritture contabili delle imprese soggette a registrazione. Invero, ai libri sociali non è applicabile l’art. 2704 c.c. circa la data della scrittura privata, perché le annotazioni eseguite non sono soggette a sottoscrizione e la tenuta dei libri stessi e la loro efficacia probatoria è regolata da norme particolari.
La vicenda modificativa dell’atto costitutivo derivante dall’aumento del capitale sociale a pagamento, si struttura in tre momenti: la deliberazione, la sottoscrizione e il conferimento.
La deliberazione di aumento di capitale non è self executing, non essendo idonea, di per sé, a produrre automaticamente l’effetto modificativo del contratto sociale, ma necessita, ai fini della sua attuazione, del compimento di ulteriori atti anche unilaterali o atipici e, segnatamente, dei negozi di sottoscrizione, quale forma di dichiarazione della volontà di adesione dei soci o, eventualmente, di terzi all’incremento quantitativo del capitale approvato, che non coincide con la manifestazione di voto espressa dal socio durante l’assemblea.
Il negozio di sottoscrizione ha natura consensuale e si perfeziona con lo scambio del consenso fra il socio sottoscrittore, o il terzo, e la società, per il tramite dell’organo amministrativo; quindi, la deliberazione di aumento di capitale ben può configurarsi come una proposta e la sottoscrizione del socio, o del terzo, come una accettazione, secondo lo schema dell’art. 1326 c.c. Del resto, la necessaria contestualità del versamento, prevista dall’art. 2481 bis, co. 4, c.c. non inficia le suesposte considerazioni, dovendosi ritenere che tale contestualità sia stata dettata proprio al fine di assicurare la serietà della manifestazione di volontà del socio, o del terzo (se consentito), e che, comunque, si riferisca alla fase esecutiva del contratto. Mentre in sede di costituzione della società a responsabilità limitata il versamento del venticinque per cento del capitale all’organo amministrativo assurge ad un requisito di perfezionamento del contratto di sottoscrizione delle quote di partecipazione, esso, invece, in sede di aumento di capitale, costituisce una mera esecuzione di tale contratto perfezionatosi con il semplice consenso.
Il conferimento della quota di aumento del capitale sottoscritta rileva quale momento esecutivo del contratto, il cui inadempimento può essere eccepito, al fine di un eventuale giudizio di responsabilità scaturente dalla violazione della regola di comportamento, in ossequio al principio di relatività degli effetti del contratto statuito dall’art. 1372 c.c. soltanto dalle parti contrattuali e non, di certo, dal terzo rispetto alle vicende negoziali.
Inadempimento delle obbligazioni nascenti da un contratto di cessione di quote
La prescrizione applicabile alle obbligazioni avente ad oggetto il pagamento di una prestazione negoziale è quella ordinaria decennale. Il dies a quo, dal quale decorre il termine decennale ex art. 2946 c.c., deve essere individuato nella data dalla quale il credito può essere fatto valere secondo i principi racchiusi nell’art. 2935 c.c.
Presupposti per la vendita della quota del socio moroso ai sensi dell’art. 2466 c.c.
I soci devono eseguire i conferimenti nel termine prescritto, che varia in relazione alle caratteristiche del singolo conferimento e ad eventuali pattuizioni fra socio e società. Se nulla è previsto nell’atto costitutivo o nello statuto, spetta all’organo amministratvo richiedere ai soci, in qualunque momento, l’immediato versamento di quanto ancora dovuto.
L’art. 2466, co. 1, c.c. statuisce che se il socio non esegue il conferimento nel termine prescritto, gli amministratori devono diffidarlo ad adempiere l’obbligazione entro il termine perentorio di trenta giorni. Trattasi di una forma di costituzione in mora ex persona, la quale necessita, ai sensi dell’art. 1219, co. 1, c.c., un’intimazione o richiesta fatta per iscritto.
Decorso detto termine, in caso di inadempimento del socio, compete all’organo amministrativo, ai sensi dell’art. 2466, co. 2, c.c., la scelta discrezionale di agire nei confronti del socio moroso per l’adempimento coattivo del conferimento, ovvero di vendere, a suo rischio e pericolo – in applicazione dell’istituto della vendita per conto di chi spetta ex art. 1515 c.c. –, la quota agli altri soci, in proporzione alla loro partecipazione e per il valore risultante dall’ultimo bilancio approvato.
In tema di querela di falso, il giudice di merito davanti al quale sia stata proposta la querela di falso deve anche compiere un accertamento preliminare per verificare la sussistenza o meno dei presupposti che ne giustificano la proposizione, per evitare di dilatare i tempi di decisione del processo principale, in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111, co. 2, Cost.
Funzione e modalità di determinazione del sovrapprezzo nell’aumento di capitale di srl
In materia di valutazione di quote o azioni societarie il sovrapprezzo imposto in sede di aumento di capitale trova giustificazione nella differenza tra consistenza patrimoniale e capitale della società; il relativo bilanciamento riguarda fatti compiuti e non anche il risultato finale di tutta l’operazione, di modo che non può tenersi conto, nel determinare il valore delle azioni, dei conferimenti poiché l’incremento del patrimonio che ne deriva potrà avere riflessi su eventuali future emissioni, ma non ha effetti su quelle deliberate anteriormente.
Cooperative edilizie: criteri di liquidazione della quota del socio receduto
Nelle società cooperative la persona del socio ha un doppio ruolo:da un lato, ha la qualifica di socio (con obbligo di effettuare i conferimenti e di partecipare alla vita della società); dall’altro, ha anche la qualifica di parte contrattuale quando decide di acquisire beni e servizi che produce la cooperativa (sulla base di un rapporto di scambio tra socio e cooperativa). Questa doppia posizione del socio di cooperativa diventa rilevante nel momento in cui occorre procedere alla liquidazione della quota del socio. Qualora quest’ultimo abbia eseguito in favore della cooperativa, oltre al conferimento per diventare socio, altri versamenti a titolo di acconti sul prezzo di vendita dei prodotti creati dalla cooperativa, la liquidazione si compone di due elementi: la liquidazione della quota sociale (che estingue il rapporto sociale) e la restituzione degli apporti effettuati dal socio come acconto pagamenti per i beni e servizi prodotti dalla cooperativa. Ne consegue che, sulla base dei principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza, il pagamento di una somma, eseguito dal socio a titolo di prenotazione dell’immobile, deve essere ascritto al rapporto di scambio e perciò al pagamento del prezzo di acquisto del bene prodotto dalla cooperativa, alla cui restituzione la cooperativa è, quindi, tenuta in caso di scioglimento dal rapporto sociale per esclusione o per recesso, anche in presenza di un disavanzo di bilancio (cfr. Cass. civ. sez. III, 15.11.2016, n. 23215).
Aumento di capitale sociale mediante compensazione di un credito del socio conferente
In sede di aumento del capitale sociale, è legittimo il conferimento attuato mediante compensazione tra il debito del socio verso la società ed un credito vantato dal medesimo nei confronti dell’ente, atteso che la società stessa, pur perdendo formalmente il suo credito al conferimento, acquista concretamente un valore economico, consistente nella liberazione da un corrispondente debito. Nè al riguardo può invocarsi la disciplina relativa alla postergazione del rimborso dei finanziamenti dei soci di cui all’art. 2467 c.c.: infatti, attraverso l’estinzione del credito per compensazione, il socio ottiene il pagamento di quanto gli è dovuto in base al rapporto extra-sociale (come tale escluso dal regime di cui all’art. 2467 c.c.) e provvede nel contempo ad effettuare il versamento di quanto è tenuto a pagare in ragione della sottoscrizione dell’aumento di capitale.
Il conferimento d’opera ai fini della determinazione del capitale sociale di s.a.s.
L’apporto del socio d’opera di società di persone non deve necessariamente essere “capitalizzato”, ovverosia valutato e conteggiato ai fini della determinazione della cifra di capitale sociale indicata nell’atto costitutivo, con la conseguenza che la mancata capitalizzazione dell’apporto di opera da parte del socio accomandatario di società in accomandita semplice non costituisce un presupposto per procedere alla cancellazione dal registro delle imprese né dell’iscrizione relativa all’ingresso dell’accomandatario nella compagine sociale né dell’iscrizione relativa alla ragione sociale della predetta società riportante il nominativo dell’accomandatario stesso. La capitalizzazione dei conferimenti
d’opera non è infatti necessaria né per garantire la parità di trattamento tra soci di capitale e soci d’opera, né per tutelare l’interesse dei
creditori sociali alla conservazione dei mezzi propri dell’impresa [nella specie il Registro delle Imprese contestava l’iscrizione di un atto di trasformazione da s.r.l. a s.a.s. ove il socio accomandatario non risultava avere effettuato alcun conferimento per l’ingresso nella società in accomandita].
Esclusione del socio per inadempimento dell’obbligo di conferimento
L’articolo 2466 c.c. fa riferimento a due distinti termini dallo scadere dei quali derivano diverse conseguenze: il termine prescritto per il versamento – che può essere stabilito dalla legge o, come nel caso di specie, dall’organo amministrativo, in forza di espressa clausola contenuta nell’atto costitutivo – allo scadere del quale [ LEGGI TUTTO ]