Il risarcimento del danno e la retroversione degli utili nella fattispecie di contraffazione di marchio
Ai fini della liquidazione del danno patrimoniale per contraffazione di marchio, la prova del lucro cessante non è da considerarsi imprescindibile, atteso che nel caso di violazione di diritti di proprietà industriale il danno patrimoniale da lucro cessante si presume ed è liquidato in misura non inferiore a quella corrispondente ai canoni che l’autore della violazione avrebbe dovuto pagare ove avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto. Tale principio può trovare applicazione anche quando il consenso del titolare del diritto non sarebbe stato concesso.
Ai fini della quantificazione della retroversione degli utili, la royalty di base deve essere innalzata considerando la royalty che ragionevolmente le parti avrebbero pattuito presupponendo la violazione come già avvenuta, posto che una diversa conclusione condurrebbe all’irragionevole parificazione tra il contraffattore e il soggetto che ha ottenuto regolare licenza di utilizzo.
La condotta del contraffattore che riproduce iniziative commerciali (co-branding con rinomati marchi della moda) nella realtà intraprese dal titolare del diritto leso integra un danno all’immagine in capo a quest’ultimo e comporta un annacquamento del marchio violato.
Per la quantificazione del danno all’immagine, possono assumere rilievo – tra gli altri – gli effettivi costi pubblicitari sostenuti dal titolare del diritto violato.
La logica restitutoria dell’istituto della retroversione degli utili, oltre a comportare che lo stesso trovi attuazione anche in mancanza di prova del lucro cessante e in mancanza di elemento soggettivo del dolo o della colpa, comporta altresì che la condanna non possa che essere pronunciata esclusivamente nei confronti del soggetto percettore di tali utili.
Competenza delle sezioni specializzate per illeciti concorrenziali
Rientrano nella competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, ai sensi dell’art. 3, co. 1, lett. a), d.lgs. n. 168 del 2003, le domande di repressione di atti di concorrenza sleale o di risarcimento dei danni che si fondano su comportamenti che interferiscono con un diritto di esclusiva (concorrenza sleale c.d. interferente), avendo riguardo alla prospettazione dei fatti da parte dell’attore ed indipendentemente dalla loro fondatezza. Di converso, esulano dalla competenza delle sezioni specializzate le domande fondate su atti di concorrenza sleale c.d. pura, in cui la lesione dei diritti di esclusiva non sia elemento costitutivo dell’illecito concorrenziale [nel caso di specie, la condotta posta in essere dal convenuto ritenuta potenzialmente integrante concorrenza sleale interferente concerne la sottrazione dei dati relativi alla clientela].
La trasmissione in live streaming è lesiva dell’immagine dell’emittente televisiva e risarcibile ex art. 158 l.d.a. anche in via equitativa
La trasmissione abusiva delle partite in live streaming su internet effettuata in contemporanea alla diffusione da parte del titolare dei diritti sulla piattaforma dell’emittente televisiva costituisce una macroscopica lesione della immagine commerciale della stessa e introduce un elemento di forte dissuasione alla stipula o al rinnovo degli abbonamenti con evidenti ricadute sulla capacità di attrarre investimenti pubblicitari. Il risarcimento del danno subito in conseguenza della lesione nell’esercizio di un diritto di utilizzazione economica trova regolazione nell’art. 158 l.d.a., liquidabile anche facendo applicazione del parametro equitativo, ai sensi dell’art. 2056, secondo comma, c.c., cui fa rinvio il citato articolo 158 [Fattispecie relativa a trasmissioni in modalità live streaming di prodotti audiovisivi di un’emittente televisiva, mediante le quali venivano messe a disposizione del pubblico su internet incontri calcistici esclusivamente in diretta, senza che le stesse venissero né registrate né mantenute disponibili in differita per il pubblico].
Ambush marketing e personaggi di Star Wars
La figura dell’ambush marketing costituisce un’ipotesi di concorrenza sleale contraria alla correttezza professionale che già può trovare tutela nell’alveo generale dell’art. 2598, comma 3, c.c. ma che talora, per eventi di particolare rilevanza, il legislatore – nazionale ed internazionale- ha ritenuto di disciplinare con una disposizione ad hoc e, in particolare, con l’art. 21 del Codice del Consumo.
E’ configurabile un rapporto di concorrenza anche nel caso d’imprenditori operanti a diverso livello, purché l’attività degli stessi insista sulla medesima cerchia di clientela finale. In tal caso, l’operatore di mercato si trova in conflitto potenziale con gli imprenditori posti su anelli diversi dello stesso prodotto o servizio, proprio perché è la clientela finale quella che determina il successo o meno della sua attività: ognuno di essi è interessato a che gli altri rispettino le regole di cui all’art. 2598 cod. civ.
Integra l’illecito di concorrenza sleale la condotta di un operatore commerciale che utilizzi all’interno di una pubblicità un personaggio di un’opera altrui in funzione servente rispetto ai propri prodotti ove tale operatore: crei un indebito collegamento nella mente del consumatore tra il proprio brand, servizi e prodotti e l’opera altrui [nella specie: l’ultimo film della saga di STAR WARS, all’epoca in imminente programmazione nelle sale cinematografiche]; impieghi nella campagna il personaggio chiave già utilizzato da un concorrente in un’altra campagna pubblicitaria; agisca senza il previo consenso della titolare dei relativi diritti sull’opera; agisca in perfetta concomitanza con l’uscita della campagna pubblicitaria del concorrente legittimato e dell’opera.
L’art. 5 c.p.i. consente al titolare di opporsi all’ulteriore commercializzazione nell’ipotesi di motivi legittimi, tra i quali l’ipotesi in cui l’impiego del marchio non sia limitato all’identificazione dei prodotti rivenduti, ma sia relativo alla promozione di servizi diversi forniti dal terzo acquirente.
L’inibitoria deve essere interpretata come obbligo a carico del soggetto passivo di attivarsi anche presso la propria rete vendita e presso la propria clientela diretta per impedire l’ulteriore reiterazione dell’illecito; come obbligo non estendibile ai successivi acquirenti rispetto ai primi aventi causa dell’obbligato ovvero agli aventi causa della rete vendita dell’obbligato; nonchè come obbligazione di risultato se la rete vendita è direttamente controllata dall’obbligato e come obbligazione di mezzo se il rapporto commerciale tra il contraffattore con gli aventi causa ha determinato il trasferimento della proprietà della res in capo a soggetti autonomi sotto il profilo negoziale o societario.
Ai fini del risarcimento del lucro cessante da concorrenza sleale è necessaria la prova puntuale che il mancato raggiungimento dei livelli di fatturato attesi dal soggetto leso sia dipeso eziologicamente dalla commercializzazione dei prodotti dell’autore dell’illecito.
Risarcimento del danno da immagine per l’invio di diffide prive di fondamento
Integra l’illecito concorrenziale di cui all’art. 2598 n. 3 c.c. la trasmissione di diffide indirizzate a clienti di un soggetto al quale viene contestata una contraffazione di brevetto, quando tale contestazione si rivela priva di fondamento. Conseguentemente, il soggetto ingiustamente accusato matura il diritto al risarcimento del danno all’immagine subito – da valutarsi necessariamente per via equitativa – per il solo fatto di aver dovuto rassicurare i propri clienti circa l’infondatezza delle contestazioni.
Azione individuale del socio per il risarcimento del danno da investimento disinformato e del danno all’immagine (sulla prescrizione)
Il termine quinquennale di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito inizia a decorrere non dal momento in cui il fatto del terzo determina la modificazione che produce danno all’altrui diritto, ma dal momento in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile. (Cfr. Cass. n. 11119/2013 e Cass. n. 24715/2015).
Competenza per la violazione di diritti della P.I.: il forum commissi delicti deve essere riferito al luogo di realizzazione della condotta e non alla verificazione del danno
L’eccezione di incompetenza per territorio, quando la causa petendi consista nella violazione di diritti di proprietà intellettuale, deve essere decisa in applicazione dell’art. 120 Cpi, che costituisce norma speciale rispetto al genus degli artt. 18 e ss. Cpc. Il criterio di cui all’art. 120 comma 6 c.p.i., che attribuisce rilievo al luogo in cui “i fatti sono stati commessi”, deve essere riferito alla [ LEGGI TUTTO ]
Concorrenza sleale tra avvocati: appropriazione di know how, sviamento di clientela e storno di dipendenti
La ratio della disciplina della concorrenza sleale, quale strumento di presidio del libero mercato, nella prospettiva costituzionalmente orientata della tutela della libertà d’iniziativa economica in quanto tutela anche dell’interesse della collettività, e, quindi, del benessere dell’ utente/consumatore, pare consentire di valorizzare [ LEGGI TUTTO ]
Contraffazione di disegno, concorrenza sleale e danno di immagine
Costituisce un danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell’art. 125 c.p.i. il discredito che deriva ad un’impresa dalla circostanza che, attraverso la vendita [ LEGGI TUTTO ]
Risoluzione di contratto di licenza di un marchio
Non è congruo richiedere, a titolo di risarcimento del danno conseguente alla risoluzione di un contratto di licenza per inadempimento del licenziante, l’importo che era ancora dovuto ai sensi del contratto, calcolato sulla base della sua scadenza naturale, comprendendovi [ LEGGI TUTTO ]