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6 Giugno 2024

Onere della prova del creditore nell’opposizione alla scissione

Il fondamento dell’opposizione alla scissione è da ravvisare nel rischio che il compimento dell’operazione possa pregiudicare le ragioni dei creditori, rendendo probabile il mancato o ritardato soddisfacimento delle relative pretese. Attesa la natura dell’operazione, non basta al creditore dedurre genericamente una riduzione della garanzia patrimoniale, dovendo piuttosto egli fornire elementi idonei a sostenere l’esistenza di un effettiva probabilità che l’operazione – anche alla luce di una valutazione complessiva delle caratteristiche e degli effetti della stessa su un piano patrimoniale, economico e finanziario – possa arrecare un pregiudizio, non necessariamente attuale ma anche solo potenziale, al soddisfacimento del proprio credito. Tale rischio deve essere valutato considerando che il creditore opponente è creditore della società scindenda, quindi valutando, da un lato, le possibilità di soddisfacimento del credito avendo come riferimento le garanzie economico-patrimoniali che offre tale società prima ed indipendentemente dalla scissione e, dall’altro, le garanzie che offrirebbe, dopo la scissione, la società che rimarrebbe (la scissa) o diverrebbe (la beneficiaria) debitrice.

Ne consegue che colui che si avvale dello strumento dell’opposizione alla scissione deve, pertanto, provare innanzitutto di essere titolare già al momento dell’iscrizione o pubblicazione del progetto di scissione di un credito, anche litigioso o non scaduto né liquido, verso la società scindenda e poi che, dal raffronto tra la consistenza del patrimonio e le prospettive reddituali della società prima dell’operazione e quelle successive emerga la probabile insufficienza delle risorse disponibili a far fronte al complesso dei debiti sociali pregressi.

20 Novembre 2018

La mala gestio nell’azione di responsabilità promossa dalla curatela fallimentare: ancora sulla quantificazione del danno

Le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori di una società di capitali previste dagli artt. 2393 e 2394 cod. civ., pur essendo tra loro distinte, in caso di fallimento dell’ente confluiscono nell’unica azione di responsabilità, esercitabile da parte del curatore ai sensi dell’art. 146 legge fall., la quale, [ LEGGI TUTTO ]

27 Novembre 2017

Inefficacia ex art. 2901 c.c. di un contratto di permuta di partecipazioni in società

L’utile esperimento del rimedio di cui all’art. 2901 c.c. non travolge, né rende invalido l’atto di disposizione posto in essere dal debitore, ma, semplicemente, determina l’inefficacia dello stesso in favore del solo creditore che abbia agito in revocatoria, sì da consentire a quest’ultimo di soddisfare le proprie ragioni di credito sottoponendo ad esecuzione forzata il bene oggetto dell’atto revocato.

Il rimedio di cui all’art. 2901 c.c. ben può essere esperito per garantire il successivo, utile soddisfacimento del cd. “credito litigioso”, ovvero delle ragioni di credito contestate ed il cui accertamento sia ancora sub iudice; e ciò tanto nel caso in cui la pretesa, pur controversa, abbia fonte negoziale, quanto nell’ipotesi in cui il credito tragga origine non da un negozio, ma da un fatto illecito, contrattuale o extracontrattuale, dedotto in giudizio a sostegno di una domanda risarcitoria.

Anche nel caso in cui sia ancora pendente la controversia sul credito alla cui garanzia è preordinato l’esperimento del rimedio di cui all’art. 2901, l’effetto pregiudizievole per il potenziale creditore non esige l’accertamento dello stato di insolvenza del debitore, essendo sufficiente, al contrario, che l’atto di disposizione compiuto dal debitore medesimo, depauperando in modo significativo il suo patrimonio, produca pericolo o incertezza per la futura realizzazione del diritto del creditore, in termini di possibile infruttuosità dell’eventuale azione esecutiva o anche, semplicemente, di maggiore difficoltà ed incertezza nella realizzazione del credito.

Al fine di stabilire l’anteriorità del credito rispetto all’atto di disposizione da revocare, rileva non la data dell’accertamento giudiziale definitivo bensì il momento in cui viene ad esistenza la fonte costitutiva del credito e, quindi, il negozio ovvero l’atto o fatto generatore della pretesa.