Revoca cautelare dell’amministratore di s.n.c.
Ai fini della revoca cautelare dell’amministratore è sufficiente che la sua condotta esponga il patrimonio sociale al rischio di un pregiudizio attuale e concreto, non essendo necessario il verificarsi di un danno effettivo ma sufficiente anche il solo pericolo che la permanenza dell’amministratore in carica possa esporre la società al concreto rischio di subire danni in futuro.
Sulla revoca in assenza di giusta causa dell’amministratore
Il rapporto intercorrente tra la società di capitali e il suo amministratore è di immedesimazione organica e a esso non si applicano né l’art. 36 cost., né l’art. 409, co. 1, n. 3, c.p.c. Ne consegue che è legittima la previsione statutaria di gratuità delle relative funzioni. La rinuncia al compenso da parte dell’amministratore può trovare espressione in un comportamento concludente del titolare che riveli in modo univoco una sua volontà dismissiva del relativo diritto. Le norme di cui agli artt. 2383, co. 3, e 1725, co. 2, c.c., riferite al rapporto societario di amministrazione, sono derogabili, sia perché hanno ad oggetto rapporti puramente patrimoniali, sia perché non hanno riflessi né su diritti di terzi né su aspetti concernenti la struttura corporativa dell’ente. Non sussistono, dunque, motivi per ritenere non disponibile per via statutaria la disciplina delle conseguenze della cessazione del rapporto amministrativo per effetto di revoca.
Il diritto al risarcimento dell’amministratore revocato in assenza di giusta causa sorge a seguito di un atto giusto della società amministrata – configurandosi la revoca dell’amministratore quale diritto potestativo, salvo il caso estremo dell’abuso – talché esso è più propriamente qualificabile in termini di diritto a un indennizzo, avendo l’art. 2383, co. 3, c.c. utilizzato il sintagma “risarcimento del danno” per assicurare all’amministratore avente diritto il pieno ristoro del pregiudizio subito piuttosto che per affermarne la derivazione da fatto ingiusto. Sul piano più propriamente organizzativo / corporativo si può riconoscere meritevole di tutela l’interesse della società a estendere al massimo, per via statutaria, il proprio diritto potestativo di revoca, negando accesso, a fronte della decisione di revoca, a valutazioni o pretese di sorta circa il fondamento di quella decisione, nonché alle correlative controversie.
Il pregiudizio ai diritti della persona (onore, reputazione, identità personale, ecc.) subito dall’amministratore revocato in assenza di giusta causa è distinto da quello derivante dalla lesione del diritto alla prosecuzione della carica sino a naturale scadenza. Il danno ulteriore ai diritti della persona si può verificare allorché, ad esempio, eventuali dichiarazioni contenute rese in occasione della revoca costituiscano un’attività ingiuriosa o diffamatoria, animata da colpa o da dolo, posta in essere dalla società, lesiva del prestigio professionale dell’amministratore; oppure quando le concrete modalità della cessazione del rapporto, esterne alla deliberazione, si palesino contra ius. Tuttavia, di tali ulteriori e diversi danni l’amministratore deve offrire puntuale allegazione. Tale puntuale allegazione dovrebbe estrinsecarsi, da un lato, nell’individuazione del diritto leso e, dall’altro, nella chiara e specifica allegazione delle dichiarazioni/deliberazioni o comportamenti lesivi di quei diritti.
Modelli decisionali dei soci di s.r.l.
Il legislatore ha enfatizzato nelle s.r.l. una maggiore rilevanza personale dei rapporti tra i soci, tanto da rendere il metodo assembleare necessario solo per alcune particolari situazioni specifiche. I soci di s.r.l. possono infatti prevedere l’adozione di diversi modelli decisionali, salva l’insopprimibile esigenza che le decisioni vengano comunque espresse in atti scritti, soprattutto per assicurare la tempestiva informazione in merito. Per essere validamente posta in essere, la decisione dei soci necessita di una apposita clausola statutaria, la quale deve prevedere che i soci possano adottare le “decisioni” mediante consultazione scritta o consenso iscritto, ai sensi di quanto previsto dall’art. 2479, comma 3, c.c.
Revoca degli amministratori e risarcimento per assenza di giusta causa
La revoca degli amministratori è una facoltà concessa ex lege alla società da esercitarsi liberamente in qualsiasi momento a tutela dell’ente il quale ha il diritto di scegliere i propri gestori e di sostituirli in ogni tempo e per qualunque ragione, secondo una valutazione discrezionale e nei limiti della sussistenza di una giusta causa. Quest’ultima deve essere intesa come quel complesso di circostanze sopravvenute, riconducibili o meno all’amministratore, in grado di pregiudicare il rapporto fiduciario instaurato tra i soci e l’amministratore.
Pertanto, la revoca rappresenta una tecnica di autotutela privata che consente la deliberazione ad effetto estintivo del rapporto di amministrazione, salvo il diritto al risarcimento laddove non sussista una giusta causa. La mancanza di detta giusta causa non preclude il potere di revoca dell’amministratore della società ma fonda soltanto il diritto al risarcimento del danno da parte dell’amministratore revocato.
Giusta causa di revoca dell’amministratore di s.r.l.
In difetto di una normativa specifica disciplinante la revoca degli amministratori di s.r.l., è applicabile l’art. 1725 c.c. sulla revoca del mandato oneroso. L’amministratore di una società a responsabilità limitata nominato a tempo indeterminato può, del tutto legittimamente, esser revocato con preavviso, ai sensi dell’art. 1725, co. 2, c.c., senza che a ciò osti il disposto dell’art. 2383, co. 3, c.c. (richiamato, ratione materiae, dal successivo art. 2487 c.c.), riguardando detta norma la diversa ipotesi di nomina dell’amministratore a tempo determinato.
La giusta causa deve essere motivata sulla base di circostanze o fatti idonei a influire negativamente sulla prosecuzione del rapporto e tali da elidere l’affidamento inizialmente riposto sulle attitudini e capacità dell’amministratore, tenendo sempre in considerazione come si profila non già un potere illimitato dell’assemblea ma una facoltà discrezionale e controllata, che è limitata non già in vista del conseguimento degli interessi e degli obiettivi societari, ma solo in considerazione del rispetto della posizione sociale ed economica dell’amministratore di società. Ossia in ragione della dignità e del sacrificio economico imposto alla persona che rivestono la carica amministrativa e che in ragione dell’atto di revoca vedono sacrificata, in una misura più o meno ampia, la loro posizione. La nozione di giusta causa è distinta sia dal mero inadempimento, sia dalle gravi irregolarità di cui all’art. 2409 c.c.; infatti, essa concerne circostanze sopravvenute, anche non integranti inadempimento e non necessariamente cagionate dall’amministratore stesso, che, tuttavia, pregiudichino l’affidamento dei soci nelle sue attitudini e capacità, cioè compromettano il rapporto fiduciario tra le parti.
La giusta causa può essere sia soggettiva che oggettiva e può individuarsi anche in situazioni estranee alla persona dell’amministratore, non riconducibili alla condotta di quest’ultimo, che siano però tali da impedire la prosecuzione del rapporto. Sulla società grava l’onere probatorio riguardo alla sussistenza della stessa, poiché quando l’amministratore revocato agisce in giudizio, contestando la sussistenza della giusta causa e facendo valere il diritto al risarcimento del danno, la posizione sostanziale di attore spetta alla società.
In caso revoca di incarico a tempo indeterminato va riconosciuta, in assenza di giusta causa e di congruo preavviso, una somma da parametrarsi ai compensi che il soggetto revocato dall’incarico avrebbe percepito nel periodo di preavviso.
È inammissibile il ricorso ex art. 700 c.p.c. volto a ottenere l’inibizione ex tunc dell’efficacia di una decisione dei soci di s.r.l.
Gli effetti che possono essere assicurati ex art. 700 c.p.c. sono appunto gli effetti che la sentenza di merito produrrà nel mondo materiale e giuridico; non può invece essere anticipato, semplicemente, il pronunciato giudiziale. Fuori dei casi speciali previsti dalla legge (ad esempio, l’accertamento cautelare di non contraffazione, previsto dal codice della proprietà intellettuale) non è ammissibile un provvedimento cautelare di mero accertamento.
L’insussistenza di una giusta causa a sostegno della delibera assembleare di revoca dell’amministratore non incide sull’efficacia e sulla validità della stessa
Ai sensi dell’art. 2383, co. 3, c.c. l’assemblea dei soci ha un diritto potestativo di revoca dei soggetti incaricati dell’amministrazione attraverso una forma di recesso ad nutum dal rapporto che lega gli stessi alla società, diritto esercitabile in qualsiasi tempo anche in assenza di motivazione.
In base al dettato normativo in esame, l’insussistenza di una giusta causa a sostegno della delibera assembleare di revoca dell’amministratore (nella specie, di s.p.a.), non
incide in alcun modo sull’efficacia e sulla validità della stessa, determinando in capo alla società esclusivamente il sorgere di un obbligo risarcitorio nei confronti dell’amministratore così destituito.
Dunque, l’amministratore revocato ha sì diritto ad ottenere il risarcimento dei danni subiti in connessione con la revoca, ma non ha l’onere di impugnare la delibera di revoca, che, rimanendo valida ed efficace, non può essere annullata con ripristino della carica.
Impugnazione da parte dell’amministratore revocato della deliberazione che lo esautora dall’incarico
L’amministratore revocato è legittimato ad impugnare le deliberazioni dell’assemblea dei soci che lambiscono la sua posizione soggettiva, al fine di censurarne la legittimità sotto il profilo della correttezza del procedimento con cui è stata adottata o per aspetti concernenti il suo contenuto che siano sintomi di eventuali vizi di eccesso di potere. Costui è in ogni caso gravato dall’onere di provare l’esistenza del vizio denunciato e, in mancanza di fondamento probatorio in tal senso, le violazioni lamentate non potranno assurgere al rango di vizi invalidanti la deliberazione di revoca.
Sulla revoca dell’amministratore di s.r.l. senza giusta causa
Per i soci di una s.r.l. è possibile revocare liberamente l’amministratore. In primo luogo, essendo attribuita dal legislatore ai soci di s.r.l. la competenza a nominare gli amministratori (art. 2479, 2° comma, c.c.), si può ritenere che a tale facoltà corrisponda l’analoga competenza di revoca degli stessi. In secondo luogo, detta competenza [ LEGGI TUTTO ]
La mancanza di giusta causa nella delibera di revoca deve essere specificamente dedotta dall’amministratore di s.r.l.
L’amministratore di s.r.l. che ritenga di essere stato ingiustamente revocato dall’incarico non può ottenere il risarcimento del danno in un giudizio da lui introdotto esclusivamente sul presupposto dell’invalidità della delibera assembleare di revoca. Infatti in tal caso il thema decidendum sarà cristallizzato attorno all’individuazione di eventuali cause di invalidità della delibera impugnata.
Per ottenere il risarcimento del danno l’amministratore dovrà, invece, specificamente dedurre la mancanza di giusta causa della revoca, ovvero l’assenza di un congruo preavviso.