Trasformazione eterogenea di s.r.l. in comunione di azienda e danno ai creditori per dispersione dell’intero attivo
Qualora, a seguito di più operazione straordinarie tra loro connesse, la società debitrice abbia ridotto la propria integrità patrimoniale, il terzo creditore ha il diritto di ottenere il risarcimento del danno patito tanto dai soci che abbiano contribuito alla realizzazione delle operazioni per il tramite del voto favorevole espresso in assemblea, quanto dai soci-amministratori che, pur avendo espresso voto contrario alle operazioni in sede assembleare, abbiano tuttavia sottoposto all’assemblea l’approvazione delle operazioni in questione.
Revoca della delibera di trasformazione e diritto di recesso
Anche a seguito dell’iscrizione della delibera di trasformazione nel Registro delle Imprese deve ritenersi legittima l’adozione di una delibera che disponga, nell’ambito dell’art 2437 bis c.c. o art. 2473 c.c., la trasformazione uguale e contraria a quella che ha suscitato l’esercizio del diritto di recesso del socio. Ciò preclude ex lege l’esercizio del diritto di recesso, ovvero lo rende inefficace se già esercitato, venendo meno il presupposto legittimante ovverosia la modificazione del contratto sociale che consente al socio che non vi ha prestato il consenso di uscire dalla compagine sociale.
L’art. 2437 bis c.c. concede alla società novanta giorni dall’emanazione della delibera che legittima il recesso del socio per revocarla. Non è consentito limitare questo spatium deliberandi invocando l’interferenza di una norma, l’art. 2500 bis c.c., che ha natura affatto differente e meramente processuale, impedendo la caducazione di un atto invalido di trasformazione e prevedendo, a fronte di un atto di trasformazione eventualmente invalido, una tutela non reale, ma solo risarcitoria.
La facoltà per la società di revoca della delibera che ha legittimato il recesso del socio non incontra limiti nelle disposizioni normative se adottata con le forme necessarie e si applica anche alla delibera di trasformazione nel senso che la società può sempre nuovamente trasformarsi nel tipo precedentemente abbandonato e, se ciò avviene nel termine di 90 giorni di cui all’art 2437 bis, co. 3, c.c., determina ex lege l’inefficacia sopravvenuta del recesso, il quale, seppur legittimamente esercitato, diviene inefficace.