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22 Giugno 2022

Abuso di posizione dominante e di dipendenza economica nella distribuzione di energia elettrica

La posizione dominante corrisponde alla potenza economica grazie alla quale l’impresa che la detiene è in grado di ostacolare la presenza di una concorrenza effettiva sul mercato in questione e alla possibilità di tenere comportamenti alquanto indipendenti nei confronti dei suoi concorrenti, dei suoi clienti e dei consumatori.

L’articolo 3 della L. n. 287/1990, nel vietare l’abuso “da parte di una o più imprese in posizione dominante all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante”, non mira a impedire la conquista di una posizione dominante (ovvero di monopolio), bensì a impedire che tali posizioni, una volta raggiunte, tolgano competitività al mercato, ledendo la sua essenziale struttura concorrenziale e, quindi, il diritto degli altri imprenditori a competere con il dominante.  Il Giudice, nell’accertamento della posizione dominante, deve andare alla ricerca della concorrenza “virtuale” (ossia di quella che sarebbe rimasta se la posizione dominante non fosse stata esercitata nel modo che si pretende abusivo), definendo il mercato di riferimento, la sua estensione geografica, l’area di sostituibilità dei prodotti e dei servizi in questione, sicché su tale sostituibilità da parte del mercato il comportamento del dominante possa essere valutato nei suoi effetti.

Va ravvisato abuso di dipendenza economica (art. 9 L. n. 192/1998) allorché una parte sia in grado di determinare nei confronti dell’altra un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi, tramite l’imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o tramite l’interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto, anche in considerazione della difficoltà, per la vittima dell’abuso, di reperire sul mercato alternative soddisfacenti.

10 Giugno 2022

Lo squilibrio contrattuale nell’abuso di dipendenza economica e nella disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari

L’abuso di dipendenza economica, di cui all’art. 9 L. n. 192/1998, è una nozione indeterminata il cui accertamento postula l’enucleazione della causa concreta della singola operazione che il complessivo regolamento negoziale realizza, dovendosi porre l’attenzione sul momento genetico in cui i diritti e gli obblighi “squilibrati” vengono pattuiti, perché è in quel momento che la mancanza di reali alternative economiche sul mercato può costringere il contraente debole a subire un regolamento negoziale iniquo.

Accertata la sussistenza di una situazione di dipendenza economica, la condotta di “abuso” s’identifica in una condotta arbitraria contraria a buona fede, ovvero nella intenzionalità di una vessazione perpetrata sull’altra impresa, in vista di fini esulanti dalla lecita iniziativa commerciale retta da un apprezzabile interesse dell’impresa dominante ed esclusivamente volti ad appropriarsi del margine di profitto altrui.

L’inadempimento delle pattuizioni (equilibrate o magari squilibrate, ma per altra causa) non costituisce una condotta rilevante ai fini dell’abuso di dipendenza economica, in quanto non rappresenta l’attuazione di un regolamento contrattuale iniquo ab origine, ma la violazione dell’obbligo di buona fede contrattuale ex art 1375 c.c. (Nel caso di specie, il Tribunale ha escluso che l’imposizione unilaterale di un termine di preavviso per l’esercizio del diritto di recesso, non previsto nel contratto e considerato inadeguato dalla controparte, integrasse un abuso di dipendenza economica).

Nella disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari, l’art. 62 d.l. 1/2012 (oggi abrogato) vieta l’imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose (che sono tali quando ad esse non corrisponde una controprestazione di proporzionata importanza) e di condizioni extracontrattuali e retroattive, le quali, in quanto pattuite dopo le originarie pattuizioni, sono pregiudizievoli se interferiscono con la parte del rapporto che è stata già eseguita. L’onere della prova della ingiustificata gravosità è, secondo le regole ordinarie del processo, a carico della parte che vuol far valere l’illiceità delle condizioni.

15 Ottobre 2019

Congruità del termine di preavviso per l’esercizio del diritto di recesso in un contratto di concessione di vendita nel settore automobilistico

In un contratto di concessione di vendita, lo stato di dipendenza economica che i distributori soffrono nei confronti dell’impresa fornitrice è riequilibrato dalla previsione di un termine di preavviso per l’esercizio del diritto di recesso da parte di quest’ultima. Peraltro, la congruità del termine di preavviso deve essere ricondotta nell’ambito delle valutazioni proprie attinenti alla cessazione dei rapporti contrattuali a tempo indeterminato. Il settore della vendita di autoveicoli e pezzi di ricambio, sotto tale profilo, è stato oggetto di regolamentazione comunitaria: dapprima, i Regolamenti UE 1475/95 e 1400/02 hanno stabilito un termine di due anni, riducibile a uno nel caso di riorganizzazione dell’intera rete di distribuzione, o di parte sostanziale di essa, da parte del fornitore. In tempi più recenti, la mancata riproduzione di una simile previsione nel vigente Regolamento UE 461/10 sembra suggerire che un termine biennale di preavviso per il recesso, senza previsione di termini più contenuti in presenza di obiettive ragioni di mercato, non possa ritenersi pertinente alla necessità di un tempestivo recupero di efficienza da parte del fornitore, risultando tale intervallo di tempo oggettivamente inadatto per la sua eccessiva rigidità a tutelare le ragionevoli esigenze dell’impresa concedente in presenza di situazioni di obiettiva difficoltà, anche tenuto conto del necessario rispetto degli interessi dell’impresa concessionaria; sembra ragionevole, perciò, non vincolare le parti a termini precostituiti.

27 Febbraio 2018

Concorrenza sleale per storno di un solo dipendente e per abuso di dipendenza economica

Posto che la ricerca di nuove risorse lavorative è indirizzata innanzitutto su personale già esperto del settore e quindi inserito nell’organizzazione di realtà imprenditoriali concorrenti, non si configura la fattispecie dello storno di dipendenti nel caso di passaggio di un solo dipendente ad altra impresa, seppure concorrente, in mancanza di elementi oggettivi che evidenzino l’intento di danneggiare l’organizzazione e la struttura produttiva del concorrente di regola desumibile dall’elevato numero di collaboratori qualificati che vengono stornati, su cui è prevalentemente fondata l’organizzazione aziendale e dall’idoneità di tale atto a determinare una grave disfunzione nello svolgimento della normale attività della concorrente, per essere tali collaboratori non facilmente né tempestivamente sostituibili.

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17 Maggio 2017

Ricorso ex art. 700 c.p.c. per abuso di dipendenza economica: ambito applicativo della disciplina e definizione di “dipendenza economica”

La disciplina prevista all’art. 9 L. 192/1998 è di applicazione generale, ovvero si applica a tutti i rapporti di collaborazione tra imprese, nelle fasi della produzione e/o della distribuzione, rispetto a tutte le ipotesi di abuso di dipendenza economica e non limitatamente all’ipotesi di rapporto di sub-fornitura in senso stretto. [ LEGGI TUTTO ]