Poteri del liquidatore ed esercizio dell’azione di responsabilità contro gli amministratori
In tema di liquidazione delle società di capitali, ove l’assemblea che ha deliberato lo scioglimento della società e la nomina del liquidatore non abbia determinato i poteri attribuiti a quest’ultimo, alla stregua delle indicazioni contenute nell’art. 2487, co. 2, c.c., il liquidatore è investito, giusta l’art. 2489, co. 1, c.c., del potere di compiere ogni atto utile per la liquidazione della società. Atteso ciò e considerata la rinunciabilità dell’azione prevista dall’art. 2476, co. 5, c.c., non è condivisibile l’eccezione di improcedibilità dell’azione proposta dall’amministratore convenuto, fondata sulla mancanza della delibera assembleare di autorizzazione alla proposizione dell’azione di responsabilità e sull’invocata applicazione analogica della norma dettata dall’art. 2393 c.c. in materia di società per azioni, di cui va esclusa l’applicabilità analogica alle società a responsabilità limitata.
Prescrizione quinquennale dell’azione di responsabilità contro gli amministratori, efficacia probatoria della sentenza penale di patteggiamento ed entità del danno risarcibile
L’azione di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori di società ex art. 2394 c.c., pur quando promossa dal curatore fallimentare ai sensi dell’art. 146 l. fall., è soggetta a prescrizione quinquennale che decorre dal momento della oggettiva percepibilità, da parte dei creditori sociali, dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti della società (e non anche dall’effettiva conoscenza di tale situazione da parte dei creditori). Sussiste una presunzione iuris tantum di coincidenza del dies a quo di decorrenza della prescrizione con la dichiarazione di fallimento, ricadendo sull’amministratore la prova contraria della preesistenza al fallimento dello stato di incapienza patrimoniale attraverso la deduzione di fatti sintomatici di assoluta evidenza.
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Estendibilità alle s.p.a. dell’art. 2476 c.c. dettato in tema di s.r.l.
L’art. 2467 c.c. esprime un principio generale – la postergazione dei finanziamenti dei soci rispetto alla soddisfazione degli altri creditori – che, seppur esplicitato solo per le s.r.l., è applicabile anche alle s.p.a.. Per fare ciò, tuttavia, non basta dimostrare che il numero dei soci della s.p.a., alla quale si vorrebbe estendere il suddetto principio, è esiguo: al contrario, occorre verificare se la s.p.a. a base ristretta “replichi” in qualche modo la conformazione tipica della s.r.l. (per esempio, prevedendo la possibilità per il socio di apprezzare compiutamente la situazione di adeguata o meno capitalizzazione della società).