Principi in materia di responsabilità di amministratori (esecutivi e non), sindaci e direttori generali
È principio generale che accomuna il regime di responsabilità degli organi amministrativi quello per cui l’insindacabilità del merito delle loro scelte di gestione (cd. business judgement rule) trova un preciso limite nella valutazione di ragionevolezza delle stesse, da compiersi sia ex ante, secondo i parametri della diligenza del mandatario, alla luce dell’art. 2392 cod. civ., sia tenendo conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive normalmente richieste per una scelta di quel tipo e della diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione intrapresa.
Gli amministratori privi di delega non sono responsabili per una generale omissione di vigilanza, ma, in ragione del dovere di agire informati ex art. 2381 c.c., rispondono delle conseguenze dannose della condotta degli amministratori esecutivi solo quando non abbiano impedito fatti pregiudizievoli di quest’ultimi, in virtù della conoscenza o della possibilità di conoscenza di elementi tali da sollecitare il loro intervento, alla stregua della diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze.
Il dovere di agire informato da parte dei componenti del consiglio di amministrazione non può dirsi assolto nella mera richiesta di informazioni all’organo esecutivo, ma deve tradursi, tanto più nel caso in cui esse non siano esitate ovvero si presentino generiche o comunque non esaurienti, in iniziative concrete di proposte all’organo collegiale volte a correggere tale disfunzione.
La responsabilità degli amministratori di società di capitali per i danni cagionati alla società amministrata ha natura contrattuale.
L’obbligo di «agire in modo informato» – da declinarsi nel dovere di attivarsi, esercitando tutti i poteri connessi alla carica, per prevenire o eliminare ovvero attenuare le situazioni di criticità aziendale di cui siano, o debbano essere, a conoscenza, e in quello di informarsi, affinché tanto la scelta di agire quanto quella di non agire risultino fondate sulla conoscenza della situazione aziendale che gli stessi possano procurarsi esercitando tutti i poteri di iniziativa cognitoria connessi alla carica con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze – si connota in termini particolarmente incisivi per gli amministratori di società che esercitano l’attività bancaria, prospettandosi, in tali ipotesi, non solo una responsabilità di natura contrattuale nei confronti dei soci della società, ma anche quella, di natura pubblicistica, nei confronti dell’Autorità di vigilanza.
L’azione di responsabilità promossa nei confronti del direttore generale, essa è di natura contrattuale ed è assoggettata alla stessa disciplina in tema di onere di allegazione e ripartizione degli oneri probatori di quella esercitabile nei confronti degli amministratori.
La responsabilità dei sindaci ai sensi dell’art. 2407 c.c. può assumere una duplice valenza: per fatto esclusivamente proprio ossia per non aver adempiuto ai compiti connessi con la carica rivestita di cui all’art. 2403 c.c., oppure in solido con gli amministratori per i fatti e le omissioni di questi quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi derivanti dalla loro carica. Inoltre, la configurabilità dell’inosservanza del dovere di vigilanza imposto ai sindaci dall’art. 2407, comma 2, c.c. non richiede l’individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, ma è sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l’incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente anche segnalando all’assemblea le irregolarità di gestione riscontrate ovvero denunciandole al Tribunale, ai sensi dell’art. 2409 c.c..
L’amministratore non esecutivo di s.p.a. non può effettuare atti di ispezione e controllo
Il diritto del socio di s.p.a. di accedere alla documentazione sociale è specificamente regolato dall’art. 2422 c.c. ed è circoscritto agli estratti dei libri di cui ai nn. 1 e 3 dell’art. 2421 c.c., ossia il libro dei soci e delle adunanze e deliberazioni delle assemblee sociali; detto diritto è incondizionato. Diverso e non estensibile alla s.p.a. è il regime di ispezione e controllo del socio non amministratore di s.r.l. regolato dall’art. 2476, co. 2, c.c., che vige per la diversa tipologia societaria delle s.r.l., caratterizzate da una minor separazione dei poteri del socio da quelli gestori e da un diverso sistema di controlli.
I doveri informativi e di acquisizione documentale dell’amministratore non esecutivo di s.p.a. non possono essere modulati sul generalizzato potere di ispezione e controllo previsto per i soci non amministratori di s.r.l. dall’art 2476 c.c., dovendo per contro essere perimetrati sulla base delle norme e dei principi propri del sottosistema delle s.p.a. e della sua governance. Ai fini dell’agire informato, ciascun amministratore può richiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società, che ritenga opportuno approfondire, mentre non è evincibile un diritto del singolo consigliere di effettuare individualmente e indiscriminatamente atti di ispezione e controllo direttamente presso la struttura aziendale.
Dovere degli amministratori di s.r.l. di agire in modo informato
La responsabilità degli amministratori privi di specifiche deleghe operative si basa sulla violazione del dovere, ad essi imposto ai sensi dell’art. 2381, comma 6, c.c., di agire informati, sia sulla base delle informazioni che a detti amministratori devono essere somministrate, sia sulla base di quelle che essi possono acquisire di propria iniziativa. Pertanto, ne discende che gli amministratori non operativi rispondono per non aver impedito fatti pregiudizievoli dei quali abbiano acquisito in positivo conoscenza o dei quali debbano acquisire conoscenza di propria iniziativa.
Tali principi, enunciati con riguardo agli amministratori non esecutivi di s.p.a., sono applicabili anche agli amministratori non esecutivi di s.r.l.
La responsabilità degli amministratori privi di deleghe
La posizione di garanzia e l’obbligo di intervento dell’amministratore non delegato che deve “agire informato” postulano la necessaria conoscibilità degli eventi che abbiano una portata pregiudizievole per la società. La responsabilità degli amministratori non operativi potrà essere ravvisata solo nel caso in cui sia configurabile una violazione dell’obbligo di valutazione del generale andamento della gestione, per essersi gli stessi astenuti dal controllare le operazioni compiute dai delegati di cui erano a conoscenza sulla base delle informazioni loro richieste o fornite.
La qualifica di amministratore delegante non consente l’assunzione di un atteggiamento meramente passivo che si pone in contrasto con il dovere di agire in modo informato. Il diritto di matrice individuale di cui al comma sesto dell’art. 2381 c.c. consente a ciascun consigliere di poter svolgere le proprie funzioni in modo consapevole, è direttamente correlato al dovere degli amministratori delegati di rendere in sede consiliare le informazioni richieste, e si configura come “dovere” ogniqualvolta la sua attivazione sia strumentale all’adempimento dell’obbligo di agire in modo informato, obbligo dal cui inadempimento può, inoltre, scaturire un’autonoma e specifica responsabilità.
Ne consegue, con riferimento al ruolo gestorio degli amministratori non operativi, che l’atteggiamento dismissivo e di sostanziale disinteresse alla gestione societaria non può essere addotto a causa esonerativa della responsabilità, ma va censurato come condotta inerte colpevole, di chi si sottrae agli obblighi incombenti per la carica rivestita, primo fra tutti quello di “agire informati”.
Azione di responsabilità verso gli amministratori e sindaci: il litisconsorzio è facoltativo
L’azione volta a far valere la responsabilità degli amministratori (e dei sindaci) non va proposta necessariamente contro tutti i sindaci e gli amministratori, ma può essere intrapresa contro uno solo o alcuni di essi, senza che insorga l’esigenza di integrare il contraddittorio nei confronti degli altri, in considerazione dell’autonomia e scindibilità dei rapporti con ciascuno dei coobbligati in solido.
Anche in caso di fallimento di una s.r.l., il curatore ha la legittimazione a esercitare l’azione di responsabilità dei creditori sociali.
L’eccezione di prescrizione opposta da alcuni dei condebitori solidali non opera automaticamente a favore degli altri, avendo costoro, al fine di potersene giovare, l’onere di farla esplicitamente propria e, quindi, di sollevarla tempestivamente.
L’azione di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori di società ex art. 2394 c. c. promossa dal curatore fallimentare è soggetta a prescrizione che decorre dal momento dell’oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti (e non anche dall’effettiva conoscenza di tale situazione), che, a sua volta, dipendendo dall’insufficienza della garanzia patrimoniale generica (art. 2740 c.c.), non corrisponde allo stato d’insolvenza di cui all’art. 5 l. fall., derivante, “in primis“, dall’impossibilità di ottenere ulteriore credito. In ragione della onerosità della prova gravante sul curatore, sussiste una presunzione “iuris tantum” di coincidenza tra il “dies a quo” di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, spettando pertanto all’amministratore la prova contraria della diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale.
Il terzo che abbia partecipato alla realizzazione di una operazione dissennata e dissipatoria del patrimonio sociale risponde in solido con l’amministratore del danno derivato ex art. 2043 c.c..