Non sussiste recesso ad nutum in caso di s.p.a. contratta a tempo determinato, sia pure lontano nel tempo
In tema di recesso dei soci di s.p.a. a tempo indeterminato non quotate in un mercato regolamentato, l’art. 2437 co. 3, c.c. prevede – con disposizione inderogabile – il diritto di recesso ad nutum del socio con preavviso di almeno centottanta giorni, termine che può essere ampliato per Statuto fino ad un anno. La ratio sottostante a tale strumento con efficacia estintiva del vincolo negoziale – quale espressione di un principio più generale nella materia contrattuale in presenza di un vincolo perpetuo – risiede nell’esigenza di tutelare la minoranza e di temperare la potenziale durata perpetua del vincolo sociale, attraverso il disinvestimento del socio. Dunque, il socio di società avente durata indeterminata può esercitare il suo diritto di exit con il solo onere di trasmetterne comunicazione, con un preavviso di almeno centottanta giorni, alla società. Nel caso invece di società a tempo determinato, il recesso è subordinato invece al ricorrere di una delle cause previste nel catalogo di cui all’art. 2437 c.c.
Seppure vi siano orientamenti interpretativi diretti a equiparare, rispetto al regime del recesso, a una società di durata indeterminata quella costituita con durata, sì, determinata, ma con un termine significativamente remoto, tale equiparazione non è corretta, neppure quanto il termine sia talmente lontano da oltrepassare qualsiasi orizzonte previsionale, non solo della persona fisica ma anche di un soggetto collettivo. Ciò in quanto, in primo luogo, non si ricava dalla lettera dell’art. 2437 c.c. un’assimilazione tra durata indeterminata e determinata, anche ove particolarmente lunga; tale equiparazione, poi, non è giustificata neppure dall’interpretazione del contratto sociale secondo la volontà delle parti. Inoltre, la ratio della disciplina del recesso, costituendo un rimedio idoneo a determinare un depauperamento della società, è meritevole di interpretazione restrittiva. Infine, è escluso il carattere elusivo della durata secondo statuto eccessivamente lunga, attesa l’assenza di un parametro oggettivo e predefinito per esprimere un giudizio certo rispetto a tale elemento contrattuale, che non può essere identificato né nella durata della vita umana – posta la mancata assimilazione a quanto previsto dall’art. 2285 c.c. – né nella tipologia dell’oggetto sociale – di norma riferito ad attività imprenditoriali di per sé suscettibili di sviluppo per un tempo indeterminabile. In ogni caso, sono salve le ipotesi in cui il termine sia in assoluto elusivo, apparente o insignificante, ossia quando esso esorbiti qualsiasi ragionevole previsione di durata della società stessa come persona giuridica, risultando in sé stesso del tutto arbitrario e irrazionale (come, ad esempio, nel caso di un termine di durata da oggi sino all’ anno 2324). In tale ipotesi, è giustificata l’applicazione della disciplina della società a tempo determinato in tema di recesso.
Il recesso ad nutum nelle società di capitali
Il diritto di recedere ad nutum non spetta ai soci delle società di capitali con durata estremamente lunga. L’assimilazione di quest’ultime alle società contratte a tempo indeterminato non risulta infatti ricavabile dal sistema normativo. Il favor riservato dalla riforma del 2003 all’istituto del recesso nelle società di capitali non può portare ad una estensione dell’applicabilità delle norme in tema di recesso fuori dalle ipotesi specificatamente previste. Siffatta interpretazione estensiva si fonda su una ricostruzione sistematica nella quale è centrale il richiamo alla disciplina ex art. 2285 c.c. in materia di società di persone, richiamo di per sé non calzante, posta la profonda differenza strutturale tra le società di persone e le società di capitali, in particolare quanto a rilevanza delle persone fisiche dei soci e dei creditori sociali del capitale sociale; tale differenza non legittima l’utilizzabilità nel settore delle società di capitali di principi ricavabili dalla disciplina delle società di persone e ciò tanto più laddove il legislatore abbia dettato per i due tipi di enti norme diverse sulla stessa materia.
Sul diritto di recesso del socio di società cooperativa Confidi
La disciplina dei Confidi in materia di avanzi di gestione e di scioglimento dell’ente (art. 13 dl 269/2003, convertito nella L. 326/2003) non può derogare alla disciplina che regola il diritto di recesso del socio di cui all’art. 2437, co. 3, c.c., che in forza del richiamo di cui all’art. 2519, co. 1, c.c., si applica anche alla società cooperativa. L’esigenza di evitare l’assoggettamento a vincoli societari perpetui è invero ritenuta inderogabile dal nostro ordinamento.
Si osserva, inoltre, che ai fini dell’esercizio del diritto di recesso, una durata molto lontana nel tempo (nel caso di specie 2100) è parificabile a una durata a tempo indeterminato (così già Cass. n. 9662/2013 e lo stesso Trib. Torino n. 2363/2017).
Inapplicabilità dell’art. 2473 c.c. alle S.r.l. con durata di 48 anni.
Non è considerabile quale società con un termine di durata “oltremodo lontano nel tempo” e “tale da oltrepassare qualsiasi orizzonte previsionale” una s.r.l. per la quale l’atto costitutivo prevede una durata di 48 anni e mezzo, con conseguente inapplicabilità dell’art. 2473 c.c.. Detto periodo non è affatto un periodo abnorme, rientrando nelle aspettative di durata ordinaria di una S.r.l., con la conseguenza che [ LEGGI TUTTO ]
Recesso da società di persone con durata superiore alla vita normale di una persona
Quando la durata di una società di persone sia fissata in un termine così lontano da superare la vita -non solo lavorativa, ma anche biologica- di uno dei soci, tenuto conto dell’età dei soci e della durata media della vita umana (nella specie, il 2050, per un socio nato nel 1951), deve ritenersi che ciascun socio possa recedere ad nutum, con il solo obbligo del preavviso (minimo) di tre mesi, così come previsto dall’art. 2285 c.c.. [ LEGGI TUTTO ]
Recesso esercitato dagli eredi del socio. Cause di legittimazione ed efficacia
E’ legittimo il recesso esercitato dagli eredi del de cuius, sia ex art. 2469, co. 2 c.c. per il mancato gradimento da parte del socio ricorrente, sia ex art. 2473, co. 2 c.c. per la presenza di una clausola statutaria che, fissando il termine della durata della società (costituita nell’anno 2001) nell’anno 2100, equipara in sostanza la fattispecie a quella della società contratta a tempo indeterminato.