Sulla sospensione della deliberazione di esclusione del socio di s.r.l.
L’art. 2378, co. 3, c.c., applicabile anche alle società a responsabilità limitata in forza del richiamo contenuto nell’art. 2479 ter, co. 4, c.c., configura una misura cautelare tipica, diretta a ottenere la sospensione dell’esecuzione della delibera assembleare impugnata, per la concessione della quale il giudice è tenuto a verificare la sussistenza del fumus boni juris e del periculum in mora, quest’ultimo da ravvisarsi, come precisato dall’art. 2378, co. 4, c.c., all’esito di una comparazione tra il pregiudizio che deriverebbe al ricorrente dall’esecuzione della delibera impugnata e quello che deriverebbe alla società dalla sospensione della delibera medesima.
La valutazione comparativa del pregiudizio che subirebbe il socio escluso dall’esecuzione della delibera e quello che subirebbe la società dalla sospensione dell’esecuzione della deliberazione ai sensi dell’art. 2378, co. 3, c.c. implica una comparazione di interessi di per sé autonoma rispetto all’apprezzamento del fumus, nel senso che, anche in presenza di fumus di fondatezza dell’impugnazione, laddove il pregiudizio della società convenuta risulti più grave di quello dell’impugnante, non dovrà essere accolta la richiesta cautelare di sospensione, la tutela della posizione dell’impugnante restando comunque affidata, in caso di irreversibilità dell’esecuzione della delibera, ai meccanismi risarcitori previsti dal sistema normativo, il quale nella materia in esame prevede altri casi in cui la tutela reale – rappresentata dall’annullamento della delibera – recede rispetto alla tutela risarcitoria.
L’esclusione del socio di s.r.l. è possibile solo nell’ipotesi – e all’esito del procedimento previsto per il caso – di renitenza del socio al versamento della quota di capitale da lui dovuta (ex art. 2466 c.c.), ovvero quando l’atto costitutivo lo consenta. Tuttavia, anche in tale secondo caso, per l’ovvia esigenza di consentire ai soci di evitare tale gravissima sanzione privata conoscendo preventivamente le condotte che potrebbero darvi causa, in ipotesi specifiche, espresse e tassative, che integrino, sotto il profilo contenutistico, una giusta causa di cessazione del vincolo sociale (ex art. 2473 bis c.c.).
Giusta causa di esclusione del socio di s.r.l.
In tema di esclusione del socio di s.r.l., l’art. 2473 bis c.c. condiziona la validità dell’eccezionale potere espropriativo rimesso in tal modo alla maggioranza alla sussistenza di una giusta causa. Non è conforme all’impianto tipologico di cui la norma citata è emersione (che postula la deduzione di condotte tali da consentire al socio di evitare tale gravissima “sanzione privata” conoscendo preventivamente, e quindi evitandoli, i comportamenti che potrebbero dar causa allo scioglimento unilaterale quoad eum del rapporto sociale) la clausola che non preveda che la condotta del socio suscettiva di far luogo all’esclusione debba svolgersi successivamente all’introduzione della clausola stessa; legittimando invece contra ius l’esclusione fondata su comportamenti già in essere, e noti alla compagine sociale, prima dell’introduzione della previsione statutaria e, come tali, per definizione non configurabili quali impeditivi della prosecuzione di un rapporto sociale iniziato nella loro vigenza [nella specie, il Tribunale ha accertato la nullità per illiceità dell’oggetto ex art. 2479 ter, co. 3, c.c. di una delibera di modifica dell’atto costitutivo che identificava una giusta causa di esclusione dei soci nell’esercizio di una attività – considerata concorrente a quella svolta dalla società – che era in concreto già ricompresa nell’oggetto sociale del socio di minoranza persona giuridica].
Esclusione del socio di s.r.l.
E’ valida la clausola contenuta nello statuto di una S.r.l. che preveda espressamente l’obbligo del socio di cedere la propria quota – con conseguente esclusione dalla compagine sociale – a fronte della perdita dei requisiti previsti per la partecipazione alla società. Infatti, l’esclusione del socio ex art. 2473-bis cod. civ. non ha natura necessariamente sanzionatoria e può essere legittimamente ancorata alla perdita di requisiti personali del socio di ordine profesisonale, quali l’iscrizione in albi ed elenchi o, più in generale, alla perdita delle condizioni cui lo statuto subordina l’assunzione della qualità di socio. Il tutto, con l’unico limite che non si tratti di requisiti bizzarri o denotanti una mera volontà capricciosa.
La clausola di esclusione è altresì valida ove preveda che l’obbligo di cessione della quota del socio uscente avvenga ad un prezzo desunto in percentuale dal valore del patrimonio netto della società e non dal valore di mercato. Sul punto, va evidenziato che la norma dell’art. 2473, comma 3, cod. civ. – richiamata dall’art. 2473-bis cod. civ. – che prevede per le s.r.l. il criterio del valore di mercato per determinare la quota da liquidare al socio uscente, non abbia natura inderogabile.
L’art. 2473 c.c. non vieta espressamente che lo statuto della s.r.l. stabilisca criteri di determinazione del valore di liquidazione della partecipazione diversi da quelli stabiliti dalla legge. Ciò è in linea con lo spirito della riforma del diritto societario che, per la società a responsabilità limitata, prevedeva un’ampia autonomia statutaria e, altresì, un ampliamento di tale autonomia con riferimento alla disciplina del contenuto e del trasferimento della partecipazione sociale, nonché del recesso, salvaguardando in ogni caso il principio di tutela dell’integrità del capitale sociale e gli interessi dei creditori sociali.
Ai fini del legititmo esercizio del diritto di recesso per durata indeterminata della società, non integra i presupposti della durata eccessiva e, dunque, equipollente alla durata indeterminata ex art. 2473, comma 2, cod. civ., una società che sia stata costituita nel 2011 sino al 31 dicembre 2050, trattandosi di un arco di tempo non superiore nè alla durata della vita media della persona fisica nè alla ragionevole data di compimento del progetto imprenditoriale della società. Ai fini di tale valutazione, inoltre, è irrilevante la circostanza che nel 2050 il singolo socio recedente abbia un’età non più da lavoro.
Esclusione del socio di società di persone e di srl
Nelle s.r.l. l’esclusione del socio trova fondamento negli artt. 2466 c.c. e 2473 bis c.c.: in particolare, mentre nell’art. 2466 c.c. viene tipizzata l’ipotesi di esclusione ex lege del socio per mancata esecuzione dei conferimenti, operante nel caso di impossibilità di dar luogo alla vendita della quota del socio moroso, l’art. 2473 c.c. individua invece un’ipotesi di esclusione convenzionale, che come tale richiede una preventiva e specifica previsione nello statuto. La riforma del diritto societario del 2003 che ha riformulato l’art. 2473 bis c.c., quindi, ha inteso introdurre un elemento personalistico nella disciplina delle società a responsabilità limitata, avente invece un preminente connotato patrimoniale, rimettendo all’autonomia privata la possibilità di inserire nello statuto specifiche cause di esclusione del socio per giusta causa.
La perdita della qualità di socio in corso di causa determina il venire meno della legittimazione e dell’interesse ad agire
Nella causa promossa dal procuratore della socia di una s.r.l. in liquidazione per far dichiarare nulle per illiceità dell’oggetto le delibere assembleari con le quali erano stati approvati i bilanci di quattro esercizi sociali in quanto carenti di chiarezza veridicità e correttezza, [ LEGGI TUTTO ]
Necessaria previsione statutaria di clausole di esclusione del socio di S.r.l.
In assenza di una clausola statutaria che preveda ex art. 2473-bis c.c. specifiche cause di esclusione del socio, non è consentito il ricorso ad applicazioni analogiche o estensive degli artt. 2286 e 2287 dettati in materia di esclusione del socio nei modelli personalistici poiché varrebbe ad eludere la disciplina dettata ad hoc per le S.r.l.