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10 Giugno 2024

L’onere della prova per la nullità parziale delle fideiussioni omnibus

La produzione in giudizio del provvedimento n. 55 del 2005 della Banca d’Italia è sufficiente a provare la sussistenza dell’intesa restrittiva della concorrenza e, di conseguenza, la nullità parziale di una fideiussione stipulata nell’anno 2000, costituendo le conclusioni assunte dall’AGCM, se non impugnate o passate in giudicato a seguito del relativo contenzioso dinanzi al giudice amministrativo, “prova privilegiata” in relazione alla sussistenza del comportamento accertato, anche se ciò non esclude la possibilità che le parti possano offrire prove a sostegno di tale accertamento o ad esso contrarie.

L’accertamento della Banca d’Italia si riferisce allo schema contrattuale elaborato dall’associazione di categoria per le fideiussioni omnibus, senza investire il settore delle fideiussioni rilasciate a garanzia delle obbligazioni derivanti da specifiche operazioni bancarie. Infatti, il punto 2 e il punto 9 del provvedimento n. 55 del 2005 precisano che “l’istruttoria riguarda lo schema contrattuale relativo alla fideiussione a garanzia delle obbligazioni bancarie, che disciplina la prestazione della garanzia fornita da un soggetto (fideiussore) a beneficio di qualunque obbligazione, presente e futura, del debitore di una banca”.

La mancata dimostrazione di un’intesa relativa alle fideiussioni specifiche volte a falsare la libera concorrenza e la carenza di strumenti probatori utili a dimostrarne la sussistenza, anche solo a livello indiziario, comportano il rigetto della domanda di declaratoria della nullità parziale.

15 Aprile 2024

Fideiussioni omnibus, nullità parziale delle clausole conformi allo schema ABI e qualifica di “consumatore” in capo al fideiussore

I contratti di fideiussione “a valle” di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della l. n. 287 del 1990 e 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge citata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata – perché restrittive, in concreto, della libera concorrenza -, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.

 

Nel contratto di fideiussione i requisiti soggettivi per l’applicazione della disciplina consumeristica devono essere valutati con riferimento alle parti di esso, senza considerare il contratto principale, dovendosi pertanto disattendere l’orientamento tradizionale del “professionista di rimbalzo” o “di riflesso”. Si dovrà perciò qualificare come consumatore il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (o anche più attività professionali), stipuli il contratto di garanzia per finalità estranee alla stessa, nel senso che la prestazione della fideiussione non deve costituire atto espressivo di tale attività, né essere strettamente funzionale al suo svolgimento (c.d. “atti strumentali in senso proprio”). Ai fini di valutare l’applicabilità della disciplina consumeristica in relazione ad un contratto di fideiussione stipulato da un socio in favore della società, è necessario dare rilievo all’entità della partecipazione al capitale sociale detenuta dal garante nonché all’eventuale sua qualità di amministratore, trattandosi di elementi idonei a provare il coinvolgimento del fideiussore nell’attività imprenditoriale svolta dalla debitrice principale.

20 Dicembre 2023

Fideiussioni omnibus successive al 2005: onere della prova dell’illecito anticoncorrenziale in capo al fideiussore

La produzione in giudizio del provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005 non fornisce di per sé prova idonea dell’esistenza dell’intesa restrittiva della concorrenza quando la stipulazione della garanzia fideiussoria omnibus è intervenuta successivamente al provvedimento stesso, relativo a una fase temporale conclusasi nel maggio del 2005. Pertanto, la vicenda contrattuale dà origine ad un giudizio c.d. “stand alone”, nel quale la parte che intende far valere la nullità delle clausole di rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c., di reviviscenza e di sopravvivenza, chiamata a dar prova dei fatti costitutivi della domanda, non può giovarsi – come nelle c.d. “follow on actions” – dell’accertamento dell’intesa illecita contenuto in un provvedimento dell’autorità amministrativa competente a vigilare sulla conservazione dell’assetto concorrenziale del mercato, e ciò perché un simile accertamento manca del tutto o comunque riguarda un periodo diverso da quello in cui si colloca la specifica vicenda negoziale che avrebbe leso la sfera giuridica del fideiussore. Pertanto, l’inquadramento della controversia tra le cause “stand alone” fa sì che l’attore sia onerato dell’allegazione e dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, tra i quali rientra quello della perdurante esistenza di un’intesa illecita all’epoca della sottoscrizione del contratto di fideiussione per cui è causa.

 

La legge antitrust n. 287 del 1990 detta norme, segnatamente l’art. 2, a tutela della libertà di concorrenza, aventi come destinatario qualunque soggetto del mercato che abbia un interesse processualmente rilevante alla conservazione del suo carattere competitivo, al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un’intesa vietata. In tale prospettiva chiunque, a prescindere dalla qualità rivestita, può ritenersi vittima dell’illecito anticoncorrenziale e far valere quindi la nullità del contratto.

13 Dicembre 2023

Fideiussioni omnibus: clausole conformi al modello ABI e divieto di doppia garanzia ex art. 4.4, Parte II, All., DM 23.9.2005

Il provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005 costituisce prova privilegiata dell’esistenza di una intesa illecita anticoncorrenziale con riferimento alle sole fideiussioni omnibus che si collocano nell’arco temporale (ottobre 2002 – maggio 2005) oggetto dell’istruttoria condotta dalla Banca d’Italia, all’epoca Autorità Garante per la concorrenza tra istituti di credito, sfociata nell’emanazione del provvedimento stesso. Esso non è invece applicabile alle fideiussioni specifiche, le quali si collocano al di fuori del campo di indagine oggetto dell’istruttoria svolta dalla Banca d’Italia, riferito alle sole fideiussioni omnibus (par. 9 provvedimento) e del conseguente ambito di produzione di effetti del provvedimento stesso, nè a fideiussioni stipulate tra il 2014 e il 2016, per la distanza temporale che intercorre tra l’illecito accertato dalla Banca d’Italia nel lontano 2005 e l’epoca di sottoscrizione delle fideiussioni dedotte in giudizio. In tali casi, l’azione di nullità va inquadrata nelle azioni c.d. “stand alone”, in cui l’attore è chiamato a dar prova dei fatti costitutivi della domanda ex art. 2697 c.c. Lo stesso, quindi, deve dimostrare la persistenza e attualità, all’epoca della stipula delle fideiussioni, di una intesa illecita fra istituti di credito relativa all’applicazione uniforme e, quindi, anticoncorrenziale delle clausole 2, 6 e 8 previste dallo schema ABI del 2003, intesa accertata col provvedimento del 2005, il cui valore di prova privilegiata di una intesa antitrust tuttavia si affievolisce, sino a esaurirsi, con riguardo a condotte tenute in epoca distante da quella oggetto dell’accertamento risalente al 2005. Peraltro, a prescindere dal profilo antitrust, le singole clausole di una fideiussione corrispondenti alle clausole 2, 6 e 8 dello schema ABI del 2003, censurate dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55/2005, non sono, per il resto, contrarie a norme imperative, bensì legittimamente derogatorie di norme codicistiche.

 

In tema di fideiussione per obbligazioni future (e, quindi, solo di fideiussioni omnibus) per l’applicazione dell’art.1956 c.c. – a mente del quale il fideiussore è liberato in caso di finanziamenti al terzo nonostante il sopravvenuto deterioramento delle sue condizioni economiche, conosciuto dal creditore – devono ricorrere sia il requisito oggettivo della concessione di un ulteriore finanziamento successivo al deterioramento delle condizioni economiche del debitore, sopravvenuto alla prestazione della garanzia, sia il requisito soggettivo della consapevolezza del creditore del mutamento delle condizioni economiche del debitore, raffrontate a quelle esistenti all’atto della costituzione del rapporto. Inoltre, il fideiussore che invochi l’applicazione dell’art. 1956 c.c. ha l’onere di provare, ai sensi dell’art.2697 c.c. che successivamente alla prestazione della fideiussione per obbligazioni future, il creditore, senza l’autorizzazione del fideiussore, abbia fatto credito al terzo pur essendo consapevole dell’intervenuto peggioramento delle sue condizioni economiche in misura tale da ingenerare il fondato timore che questi potesse divenire insolvente. Quindi, la violazione da parte del fideiussore dell’art.1956 c.c., ricollegabile al principio di buona fede nell’esecuzione del rapporto, presuppone l’onere per il fideiussore di dimostrare che la banca conosceva il peggioramento della situazione del debitore principale e che lo abbia occultato al garante, prova che tuttavia gli attori non hanno fornito nel presente giudizio

 

Con riguardo alla violazione del divieto di doppia garanzia sulla quota di finanziamento che beneficia della garanzia pubblica del Fondo di Garanzia, previsto dal punto sub 4.4. della Parte II dell’Allegato al DM 23 settembre 2005, che preclude all’istituto di credito erogante il finanziamento di munirsi di ulteriore garanzia reale, bancaria o assicurativa sulla parte del finanziamento garantita dal Fondo di Garanzia, si rileva che tale divieto non risulta testualmente esteso anche alle garanzie personali (come la fideiussione). Inoltre, il disposto dell’art. 4.4 è applicabile solo nell’ambito del rapporto interno tra il Fondo di Garanzia e il soggetto finanziatore (banca), rapporto rispetto al quale il soggetto beneficiario del finanziamento si pone come terzo estraneo. Ne consegue che il predetto divieto, contenuto in una norma di rango secondario relativa alle condizioni di ammissibilità della garanzia pubblica, non può incidere sul rapporto contrattuale che intercorre tra i fideiussori e la banca. Pertanto, la surroga legale del Fondo di Garanzia non soffre limitazioni e si realizza anche nei confronti dei fideiussori.

 

Nel contratto di fideiussione i requisiti soggettivi per l’applicazione della disciplina consumeristica devono essere valutati con riferimento alle parti di esso e non già al distinto contratto principale, dando rilievo all’entità della partecipazione al capitale sociale, nonché all’eventuale qualità di amministratore della società garantita assunta dal fideiussore.

 

La decadenza del creditore dal diritto di pretendere l’adempimento dell’obbligazione fideiussoria, sancita dall’art. 1957 c.c., per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale, può formare oggetto di rinuncia preventiva da parte del fideiussore o essere comunque derogata dalle parti, sia esplicitamente sia implicitamente, attraverso un comportamento concludente, trattandosi di pattuizione rimessa alla disponibilità delle parti che non urta contro alcun principio di ordine pubblico, comportando soltanto l’assunzione, da parte del fideiussore, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore. La clausola relativa a detta rinuncia non rientra, inoltre, tra quelle particolarmente onerose per le quali l’art. 1341, comma 2, c.c. esige, nel caso che siano predisposte da uno dei contraenti, la specifica approvazione per iscritto dell’altro contraente