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29 Giugno 2024

Abuso di maggioranza e conflitto di interessi nell’aumento del capitale mediante compensazione

Il conflitto di interessi implica una vera e propria incompatibilità fra l’interesse concreto della società e quello del socio, messo in gioco nell’esercizio del voto e non può ritenersi sussistente per il solo fatto che la maggioranza abbia dato corso a un aumento di capitale con “minimo sforzo economico” mediante compensazione con i crediti vantati dai soci stessi per i finanziamenti precedentemente effettuati in favore della società.

Rispetto all’abuso di maggioranza, va ricordato che il socio è pienamente libero di votare le delibere secondo la valutazione del suo proprio interesse, con il solo limite di non esercitare il voto secondo mala fede, ciò che avviene quando il voto è esercitato con il solo scopo di danneggiare gli altri soci, senza che vi sia alcun legittimo interesse proprio. In tale contesto, l’interesse della società, spesso di difficile individuazione, rimane sullo sfondo: ma nella materia dell’aumento di capitale plurimi indici normativi favorevoli agli aumenti (anche della disciplina transitoria del periodo Covid) spingono a considerare l’aumento di capitale tendenzialmente come fatto che risponde sempre all’interesse della società.

Se anche l’aumento è ottenuto mediante liberazione da debiti, senza iniezione di capitale, ciò è sempre di vantaggio della società, che vede anche aumentare il patrimonio netto. Quando si tratta di convertire in capitale delle pregresse effettive iniezioni di liquidità dei soci, non si fa che dare risposta a quella esigenza, normativamente tutelata anche mediante la disciplina della postergazione, secondo la quale le necessità della società vanno sovvenute dai soci mediante aumento di capitale.

L’art. 2467 c.c., stabilendo che siano postergati i finanziamenti soci che siano fatti quando sarebbe invece opportuno un conferimento, non stabilisce una regola sterile e meramente punitiva per il socio, ma sottende la regola dell’obbligo del socio di aumentare il capitale, quando ciò è necessario, se vuole che il programma societario proceda.

2 Gennaio 2024

Il bilancio nelle s.r.l. e le modalità di dazione di denaro da parte del socio alla società

L’art. 2429, co. 3, c.c., applicabile anche alle s.r.l., secondo il quale il progetto di bilancio deve restare depositato in copia nella sede della società nei quindici giorni che precedono l’assemblea, attribuisce a tutti (e soltanto) i soci un diritto soggettivo perfetto alla preconoscenza del fascicolo di bilancio. Essa è volta a consentire una più informata, e quindi adeguata, espressione di voto al riguardo, tanto che il bilancio deve rimanere consultabile fino alla sua intervenuta approvazione anche il giorno stesso della riunione. Costituisce quindi in materia, nel bilanciamento fra l’interesse a una celere approvazione del bilancio e quello dei soci a conoscere in modo approfondito tale fondamentale snodo documentativo della gestione sociale, un presidio informativo inderogabile, tale per cui il deposito stesso e il suo termine quindicinale di durata a ritroso può essere compresso soltanto ove tutti i soci espressamente vi acconsentano. In caso di contestazione da parte di un socio dell’adempimento di tale obbligo, spetta alla società provare di avervi invece assolto.

Varie sono le modalità di dazione di denaro da parte del socio alla società, ciascuna munita di una propria causa concreta, onde dalla relativa qualificazione discendono conseguenze eterogenee rilevanti e il giudice del merito deve verificarne la natura, attraverso un’analisi volta a individuare la causa del negozio intervenuto fra socio e società. Le diverse figure in cui la dazione del socio includono i conferimenti, i finanziamenti dei soci, i versamenti a fondo perduto o in conto capitale e i versamenti finalizzati a un futuro aumento di capitale. Decisiva nella qualificazione della dazione di un socio è l’interpretazione della volontà delle parti, occorrendo, in particolare, accertare se si sia trattato di un rapporto di finanziamento riconducibile allo schema del mutuo o di un contratto atipico di conferimento, e, in quest’ultimo caso, se esso sia stato, in modo inequivoco, condizionato o no, nella restituzione, a un futuro aumento del capitale nominale della società, indagine che può tener conto di ogni elemento del caso concreto capace di svelare la comune intenzione delle parti e gli interessi coinvolti, tenendo conto del fatto che l’onere di provare la natura di finanziamento è dell’attore che agisce per la restituzione.

Il capitale sociale può essere eliso dalle perdite solo dopo l’assorbimento delle riserve, che vengono intaccate dalle perdite sulla base di un ordine successivo: dalla riserva meno vincolata e più disponibile alla riserva più vincolata e meno disponibile, qualificazione che tiene conto del grado di facilità con cui la società stessa potrebbe deliberarne la destinazione ai soci. Se il capitale sociale ha un grado di indisponibilità maggiore di quello relativo alle riserve legali, le riserve statutarie e quelle facoltative create dall’assemblea sono liberamente disponibili; pertanto, devono essere utilizzati, nell’ordine, prima le riserve facoltative, poi quelle statutarie, indi quelle legali e, da ultimo, il capitale sociale. Si tratta di principio posto a tutela di un interesse generale, che trascende quello del singolo socio, essendo dettato, in particolare, a protezione dell’affidamento che i terzi abbiano fatto sulla consistenza del capitale sociale, che, perciò, non può essere intaccato prima che siano state esaurite le altre voci del patrimonio stesso.

22 Agosto 2023

Regime dei finanziamenti soci nella legislazione emergenziale da Covid-19

L’art. 8 del d.l. n. 23/2020, disciplina emergenziale introdotta per fronteggiare la crisi derivante dalla pandemia da Covid 19, ha disposto che ai finanziamenti effettuati a favore delle società dalla data di entrata in vigore del decreto, ossia il 9 aprile 2020, e sino alla data del 31 dicembre 2020 non si applicano gli artt. 2467 e 2497 quinquies c.c., con la conseguenza che non sono postergati i crediti da finanziamento erogati entro il 31 dicembre 2020 in situazioni di eccessivo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto ovvero in cui sarebbe stato ragionevole effettuare un conferimento.

Quando ad agire per responsabilità dell’organo gestorio è la liquidazione giudiziale, la procedura fa valere cumulativamente sia l’azione sociale di responsabilità, avente natura pacificamente contrattuale, sia l’azione dei creditori, avente natura extracontrattuale, con tutte le conseguenze che ne discendono dal punto di vista dell’onere dell’allegazione e della prova. Così, in riferimento alle condotte di carattere distrattivo, quali espressione dell’inadempimento contrattuale dell’obbligo che l’amministratore ha nei confronti della società di preservarne il patrimonio, incombe in capo alla procedura l’onere di allegare le condotte distrattive medesime, ovvero l’inadempimento imputato all’organo gestorio, nonché l’onere di allegare e provare il danno sopportato dalla società ed il nesso causale tra la condotta illecita e detto danno, incombendo di converso in capo all’amministratore l’onere di provare di avere adempiuto ai propri obblighi conservativi, il che equivale ad affermare l’onere di provare che gli atti dispositivi del patrimonio della società siano giustificati nell’interesse dell’ente, e ciò secondo il paradigma proprio dell’art. 1218 cc.

Responsabilità dell’amministratore per il rimborso di un finanziamento postergato

Il credito del socio, in presenza di un finanziamento concesso nelle condizioni di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto o laddove sarebbe stato ragionevole un conferimento, subisce una postergazione legale, la quale non opera una riqualificazione del prestito da finanziamento a conferimento con esclusione del diritto al rimborso, ma incide sull’ordine di soddisfazione dei crediti. La postergazione prevista dalla norma finisce, così, per operare come una condizione legale integrativa del regolamento negoziale circa il rimborso, la quale statuisce l’inesigibilità del credito in presenza di una delle situazioni previste dal secondo comma dell’art. 2467 c.c., con un impedimento (solo temporaneo) alla restituzione della somma mutuata. Ne deriva l’ulteriore conseguenza che l’organo amministrativo deve rifiutare il rimborso del prestito, sino a quando non siano venute meno le predette condizioni. Ai fini dell’applicabilità dell’art. 2467 c.c., vale il momento della concessione del finanziamento e non rileva il deterioramento della situazione patrimoniale della società successivo al finanziamento. Il momento della restituzione del finanziamento è invece decisivo per verificare se la situazione di dissesto è definitivamente cessata

18 Aprile 2023

La responsabilità del socio di società a responsabilità limitata

I soci della società a responsabilità limitata rispondono limitatamente alla quota sociale, ma, ove ricorra la responsabilità prevista dall’art. 2476, co. 8, c.c., essi sono solidalmente e illimitatamente responsabili per i danni provocati unitamente all’amministratore o al liquidatore. La responsabilità dei soci di società a responsabilità limitata è concorrente rispetto a quella dell’amministratore o liquidatore ed è per legge solidale, con conseguente applicazione (tra gli altri) degli artt. 1294 e 2055 c.c. La misura dell’apporto causale della condotta del socio assume rilevanza solo in sede di azione di regresso per determinare il quantum che il socio, il quale abbia risarcito il danno per intero, dovrà rivendicare nei confronti dell’amministratore o liquidatore e/o di eventuali altri soci compartecipi.

7 Marzo 2023

Sulla responsabilità solidale del socio di s.r.l. ex art. 2476, co. 8, c.c.

Perché il socio di s.r.l. sia responsabile solidalmente con l’amministratore ex art. 2476, co. 8, c.c. occorre che abbia intenzionalmente deciso o autorizzato atti dannosi per la società, per i soci o per i terzi. Le espressioni “decidere” e “autorizzare” assumono valore in considerazione della specifica disciplina normativa riferita dal codice civile alle s.r.l. e tale responsabilità sussiste anche nell’ipotesi in cui, in assenza di un conferimento formale al socio di potere gestorio, questi abbia di fatto “concorso” nell’operazione intrapresa dall’amministratore ovvero il socio abbia espresso la propria approvazione in termini autorizzativi, quindi ex ante.

Per quanto riguarda l’elemento soggettivo richiesto dall’art. 2476, co. 8, c.c. e formalizzato dall’uso del termine “intenzionalmente”, esso introduce, in sostanza, un limite alla responsabilità dei soci: occorre, infatti, che si provi il dolo degli stessi, i quali dovrebbero aver previsto e voluto l’atto (deciso o autorizzato) dannoso per la società. Pertanto, ai fini della configurabilità della responsabilità solidale del socio è richiesta una specifica connotazione soggettiva dell’agire del socio stesso, il quale potrà essere coinvolto nella responsabilità degli amministratori solo con riferimento ad atti gestori dannosi decisi o autorizzati nella piena consapevolezza delle caratteristiche dell’atto e delle possibili conseguenze, non essendo invece sufficiente la mera volontà di intervenire nella gestione della società. In tal senso, l’esercizio del diritto di voto del socio in assemblea – ivi compresa quella di approvazione del bilancio – costituisce prerogativa della qualità del socio che non appare censurabile di per sé ai fini della responsabilità di cui all’art. 2476, co. 8, c.c., in assenza di ulteriori elementi di allegazione o prova in ordine all’ingerenza nell’attività gestoria [in applicazione di tale principio, è stato considerato non censurabile ai sensi dell’art. 2476, co. 8, c.c. la condotta del socio che si sia limitato ad esprimere il proprio voto favorevole all’approvazione dei progetti di bilancio che, di anno in anno, davano atto dell’avvenuta restituzione dei finanziamenti elargiti dai soci alla società in violazione della regola di postergazione].

Non è possibile considerare annullabile, o nullo, il rimborso del finanziamento al socio postergato ai sensi dell’art. 2467 c.c., opponendovisi la natura del pagamento che costituisce un atto o un fatto giuridico e non un negozio, nonché la natura del credito postergato ex art. 2467 c.c. che, pur essendo un credito temporaneamente inesigibile, è un credito effettivo ed esistente e come tale il suo pagamento ne determina l’estinzione.

26 Gennaio 2023

Finanziamenti e versamenti effettuati dai soci a favore della società

L’erogazione di somme di denaro che a vario titolo i soci effettuano alla società partecipata può avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo per la società di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza, oppure di versamento, destinato ad essere iscritto non tra i debiti, ma a confluire in apposita riserva “in conto capitale”. La qualificazione, nell’uno o nell’altro senso, dipende dall’esame della volontà negoziale delle parti e la relativa prova, di cui è onerato il socio attore in restituzione, deve trarsi dal modo in cui il rapporto è stato attuato in concreto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi sottesi.

I versamenti in conto capitale, diversamente dai finanziamenti erogati dai soci, non danno luogo all’obbligo di restituzione dell’importo ricevuto, non trattandosi di somme date a titolo di mutuo, ma di capitale di rischio. Tali somme, pertanto, saranno utilizzate per ripianare le perdite della società, nel caso di abbattimento del capitale o per la sottoscrizione di nuovo capitale e, solo qualora siano stati pagati tutti i debiti, potranno essere restituite ai soci.

Il credito del socio, concesso in presenza di un finanziamento nelle condizioni di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto o laddove sarebbe stato ragionevole un conferimento, subisce una postergazione legale, la quale non opera una riqualificazione del prestito da finanziamento a conferimento con esclusione del diritto al rimborso, ma incide sull’ordine di soddisfazione dei crediti. Il finanziamento de quo, pertanto, costituisce un prestito e non un apporto di capitale, alla cui disciplina non è soggetto. Onde il venir meno delle condizioni ex art. 2467 c.c. rende nuovamente la società tenuta alla restituzione.

31 Marzo 2022

Inerenza del debito all’esercizio dell’azienda ceduta, responsabilità solidale del cessionario e finanziamenti funzionali all’acquisto dell’azienda

Il concetto di inerenza dei debiti all’esercizio dell’azienda ceduta, cui l’art. 2560, c. 2, c.c. condiziona la responsabilità solidale del cessionario, deve ritenersi corrispondente al collegamento funzionale delle passività rispetto all’esercizio dell’azienda oggetto di cessione, dovendo i debiti di cui si invoca la responsabilità solidale del cessionario essere finalizzati a consentire, agevolare e/o implementare l’esercizio dell’attività imprenditoriale mediante l’impiego e lo sfruttamento del compendio aziendale. Di conseguenza, i debiti della società cedente verso i soci per rimborso di finanziamenti utilizzati per l’acquisto dell’azienda stessa non possono essere considerati inerenti, in quanto non presentano un collegamento funzionale con l’esercizio dell’azienda ed anzi accedono icto oculi ad un orizzonte temporale diverso ed antecedente rispetto a quello in cui è avvenuto in concreto l’esercizio dell’azienda ceduta.