Presupposti per la concessione di sequestro conservativo
Si ritiene rilevante, ai fini della concessione di un sequestro conservativo nei confronti di cessati componenti dell’organo gestorio di una S.r.l. (resistenti) e in favore del Fallimento della medesima società (ricorrente), in vista dell’azione risarcitoria ex art. 146 l.f., (i) per quanto riguarda il fumus boni iuris, l’indebita prosecuzione dell’attività di impresa dopo che il capitale di una S.r.l. sia stato integralmente eroso, nonché l’irragionevolezza di alcuni acquisti (e.g. una vettura, bene non indispensabile per la società), data la situazione negativa degli indici di bilancio; (ii) per quanto riguarda, invece, il periculum in mora, il rischio che nelle more del giudizio di merito i resistenti possano distrarre somme liquide che agli stessi resistenti vengano assegnate dal Fallimento in sede di riparto.
Sulla sussistenza dei presupposti per la concessione di sequestro conservativo
Si ritiene rilevante, ai fini della concessione del sequestro conservativo nei confronti di un amministratore unico di una S.r.l. in vista di un’azione di responsabilità, (i) per quanto riguarda il fumus boni iuris, il fatto che l’amministratore abbia trasferito un progetto immobiliare (per la cui realizzazione era sorta la società stessa) ad un parente (nel caso di specie, alla madre), svuotando la S.r.l. di asset e, al contempo, violando i propri basilari obblighi gestori, continuando a gravarla di costi divenuti estranei all’oggetto sociale e provvedendo, nel frattempo, ad effettuare pagamenti preferenziali nei confronti di se stesso e della madre, con conseguente pregiudizio per la massa dei creditori; (ii) per quanto riguarda invece il periculum in mora, il timore in ordine alla dispersione della garanzia patrimoniale rappresentata dai beni immobili del convenuto, alla luce degli atti di disposizione patrimoniale già posti in essere nei mesi precedenti dal convenuto stesso sia rispetto a immobili di sua proprietà che di proprietà della S.n.c. di cui è socio unico.
Presupposti per la concessione di sequestro conservativo
Si ritiene rilevante, ai fini della concessione di un sequestro conservativo, (i) per quanto riguarda il fumus boni iuris, la situazione quantomeno di allarmante tensione finanziaria dell’impresa sociale, come risultante dai verbali del collegio sindacale e del comitato per il controllo sulla gestione, in particolare nei periodi a cui si riferiscono omissioni fiscali e previdenziali che abbiano dato luogo a sicuro pregiudizio per l’ente corrispondente all’ammontare di interessi, aggi e sanzioni; (ii) per quanto riguarda, invece, il periculum in mora, (a) dal punto di vista soggettivo, la condotta addebitata agli amministratori, consistente nel finanziare, per anni e nonostante i rilievi del collegio sindacale, l’impresa, omettendo i versamenti fiscali e previdenziali obbligatori così mettendo a rischio la massa dei creditori, rappresentando un indice di noncuranza delle ragioni dei creditori, e (b) dal punto di vista oggettivo, il rischio che i beni immobili degli amministratori resistenti siano passibili di aggressioni ad opera di altri soggetti.
Si ritiene invece non rilevante ai fini della sussistenza del fumus boni iuris l’addebito relativo alla indebita prosecuzione di attività di impresa, in quanto bisognoso di ulteriori approfondimenti istruttori, di per sé incompatibili con la fase cautelare, in particolare quanto alla precisa individuazione della data di effettiva perdita della continuità aziendale e/o del capitale sociale in capo alla società e quanto alle connesse rettifiche dei dati di bilancio sui quali basare il calcolo della differenza dei netti patrimoniali a fini della quantificazione del danno.
Esecuzione privata ex art. 2797 c.c. del creditore pignoratizio di quote di s.r.l.
In via generale, il creditore pignoratizio, in caso di inadempimento, può soddisfare la sua pretesa con due modalità differenti: può promuovere l’esecuzione forzata ordinaria, ovvero può in alternativa procedere all’esecuzione privata prevista dall’art. 2797 c.c. che costituisce una forma di autotutela esecutiva a carattere negoziale. La vendita del bene gravato da pegno viene attivata sulla base della sola iniziativa del creditore pignoratizio, anche se sprovvisto di titolo esecutivo, e deve essere preceduta da un’intimazione a pagare il debito e gli accessori, con l’avvertimento che, in difetto, si procederà alla vendita della cosa data in pegno, ovvero nel caso di specie delle quote societarie; si tratta di intimazione avente funzione analoga al precetto e va rivolta al debitore o al terzo proprietario della cosa costituita in pegno.
Il creditore può procedere alla vendita una volta che siano decorsi cinque giorni dalla notifica dell’intimazione, sempre che il debitore non abbia adempiuto o non sia stata proposta opposizione nel termine concesso.
La vendita viene eseguita dai soggetti indicati nell’art. 83 disp. att. c.c. e secondo le modalità di cui all’art. 1516 c.c., oppure nei modi indicati nell’atto costitutivo di pegno.
L’art. 2798 c.c. consente al creditore pignoratizio di chiedere in ogni momento l’assegnazione della cosa data in pegno, in alternativa alla vendita. L’assegnazione avviene necessariamente sotto il controllo giudiziale ed è disposta dal giudice competente a decidere sulle opposizioni (così Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2332 del 09.08.1973).
L’intervento giurisdizionale trova giustificazione nell’esigenza del creditore di ottenere l’assegnazione del bene pignorato senza incorrere nel divieto del patto commissorio ai sensi dell’art. 2744 c.c.
La richiesta di assegnazione ex art. 2798 c.c. avanzata in via anticipatoria, nel corso del giudizio di opposizione ex art. 2797, comma 2, c.c., diretta a preservare il valore delle quote oggetto di pegno, può essere accolta unicamente qualora sia dimostrata congiuntamente la sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora.
Sul diritto di informazione del socio di s.r.l. e il dovere di collaborazione della società
Va accolta la richiesta presentata – ex art. 700 c.p.c. – da un socio di s.r.l., funzionale alla consultazione della documentazione contrattuale, amministrativa, contabile, bancaria e fiscale richiesta onde procedere al controllo sulla gestione sociale e sull’andamento economico-finanziario della società. [ LEGGI TUTTO ]
Applicazione della disciplina delle s.r.l. alle s.coop. e revoca cautelare dell’amministratore
L’amministratore (nel caso di specie, il presidente del consiglio di amministrazione di una società cooperativa) che determina, con la sua condotta sostanzialmente ostruzionistica e incurante dell’interesse della società, la paralisi dell’attività sociale può essere revocato in via d’urgenza con il provvedimento cautelare di cui agli artt. 700 cod. proc. civ. e 2476, comma 3, cod. civ., in quanto tale condotta è foriera di rilevante pregiudizio per la società e, pertanto, da considerarsi di rilevante gravità.
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Vizi nella redazione del bilancio e genericità delle contestazioni
Limitarsi a contestare la redazione del bilancio secondo criteri non liquidatori, senza fare alcuno specifico riferimento a singole poste inficiate da criteri di valorizzazione improntati a una erronea prospettiva di continuità aziendale, non integra, per eccessiva genericità, il fumus di fondatezza della impugnazione di delibera assembleare di approvazione del bilancio, asseritamente nulla – a dire di parte attrice ricorrente – per violazione dei principi di chiarezza e di rappresentazione veritiera e corretta della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società. [ LEGGI TUTTO ]
Presupposti per la concessione di sequestro conservativo
Il sequestro conservativo e il sequestro preventivo penale possono coesistere, dovendo quest’ultimo colpire le “le cose pertinenti al reato per cui si procede” per l’ipotesi di “esistenza di una possibile situazione di pericolo (aggravamento o protrazione delle conseguenze del reato ovvero agevolazione della commissione d’altri reati) generata dalla libera disponibilità delle cose medesime” ed è finalizzato allo loro confisca in pro dello Stato.
Criteri oggettivi e soggettivi per la concessione di sequestro conservativo
Nel concedere un sequestro conservativo, il giudice di merito può fare riferimento a (i) criteri oggettivi, rappresentati dalla capacità patrimoniale del debitore in relazione all’entità del credito, ovvero (ii) criteri soggettivi, rappresentati dal comportamento del debitore, il quale lasci fondatamente temere atti di depauperamento del patrimonio, con l’unico obbligo di motivare adeguatamente il suo convincimento; censurando, di converso e conseguenza, il ricorso ad astratte petizioni di principio e palesi tautologie ogniqualvolta manchi, nei motivi del ricorso, alcun accenno a precisi e concreti fattori oggettivi o soggettivi che facciano fondatamente temere, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, l’imminenza della dispersione del patrimonio.
La capacità patrimoniale del debitore in relazione all’entità del credito, in realtà, non costituisce di per sé sola una corretta declinazione del requisito di legge in quanto, in difetto di indizi di dispersione recente o imminente, l’applicazione di tale criterio porterebbe a colpire sempre e comunque debitori scarsamente possidenti o capienti, facendo invece salvi quelli che possano dimostrare di essere titolari di un patrimonio residuo rilevante: il che evidentemente tradirebbe la ratio della norma stessa. D’altro canto, tra i criteri soggettivi assume particolare rilievo l’abitualità del debitore nel tenere condotte illecite, contrattuali o meno che siano; ovvero la natura di quest’ultime, qualora rivestano caratteristiche di particolare disvalore giuridico (ad esempio perché integrano anche gli estremi di un reato punito dalla legge penale).
Sull’abuso dell’usufruttuario di quote di s.r.l.
Integra condotta abusiva ai sensi dell’art. 1015 c.c. l’inerzia dell’usufruttuario liquidatore che ha determinato la propria permanenza in carica in danno degli interessi dei nudi proprietari alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale e della sua destinazione secondo lo schema liquidatorio.