Revoca cautelare dell’amministratore di s.r.l. per gravi irregolarità gestorie ex art. 2476, co. 3, c.c.
In assenza di una espressa previsione normativa di segno contrario, e anzi in considerazione del dato letterale della norma di cui all’art. 2476, co. 3, c.c., che prevede che il socio possa “altresì” chiedere che sia adottato un provvedimento cautelare di revoca degli amministratori che abbiano commesso gravi irregolarità nella gestione della società, il rimedio cautelare in questione può essere richiesto sia prospettando quale futura causa di merito un’azione di responsabilità di natura risarcitoria, sia prospettando una domanda di merito in cui venga richiesta la sola revoca dalla carica di amministratore. Ciò avvalora la proponibilità della domanda cautelare anche mediante esercizio di una azione ante causam, nella quale unico legittimato passivo è l’organo gestorio di cui viene chiesta la revoca, al quale va notificato il ricorso introduttivo unitamente al decreto di fissazione udienza. Litisconsorte necessario è, poi, la società, avendo questa un interesse distinto e potenzialmente autonomo da quello del socio procedente, che ne rende necessaria la partecipazione al giudizio. Partecipazione che avviene, quando venga chiesta la revoca dell’amministratore unico, mediante la rappresentanza processuale del curatore speciale che agisce, quindi, in qualità di sostituto processuale della società.
L’art. 2476, co. 3, c.c. richiede sotto il profilo del fumus boni iuris, perché sia adottato su richiesta anche del singolo socio il provvedimento cautelare di revoca dell’amministratore, che questi si sia reso responsabile di gravi irregolarità nella gestione. Le gravi irregolarità possono essere costituite da violazioni di legge o di statuto, che, attesa la natura anticipatoria della cautela, possano essere foriere di pregiudizio per la società.
Denuncia di gravi irregolarità e gestione di operazioni in conflitto di interessi
L’art 2391 c.c. definisce una serie di fasi che devono essere seguite nel caso sussista un interesse proprio o di terzi: in primo luogo, l’amministratore deve dare notizia agli altri amministratori di questa situazione di interesse per una determinata operazione; in secondo luogo, la notizia deve contenere la natura, i termini, l’origine e la portata del potenziale conflitto; in terzo luogo, la deliberazione del CdA deve adeguatamente motivare le ragioni e la convenienza per la società dell’operazione.
I presupposti per l’adozione dei provvedimenti previsti dall’art. 2409 c.c. sono: il compimento da parte degli amministratori, in violazione dei loro doveri, di gravi irregolarità nella gestione; il danno potenziale; l’attualità delle irregolarità. [Nel caso di specie il Tribunale ritiene sussistenti e attuali le gravi irregolarità richieste dalla norma, in ragione: a) dell’inosservanza della procedura prevista dall’art. 2391 c.c. in tema di conflitto di interessi con riferimento alla stipulazione di contratti di locazione; b) dell’assenza di valutazione in merito alla convenienza per la società di stipulare nuovamente i contratti con parti in conflitto di interessi, nonché dei forti dubbi sulla congruità dei nuovi canoni di locazione; c) dell’assenza di qualsivoglia concreta iniziativa da parte degli amministratori indipendenti per tutelare il patrimonio della società per gli ingenti danni subiti a causa di decenni di canoni notevolmente al di sotto dei valori di mercato.]
Gravi irregolarità per mancata tenuta delle scritture contabili e mancata istituzione degli assetti ex art. 2086, co. 2, c.c.
Gravi irregolarità gestionali ex art. 2409 e adeguatezza degli assetti
Ai sensi dell’art. 2409 c.c., il fondato sospetto di gravi irregolarità gestionali compiute dagli amministratori è il requisito necessario affinché il Tribunale intervenga nell’attività delle società di capitali. Il procedimento è volto a realizzare il riassetto amministrativo, economico e contabile della società e, dunque, la ripresa della normale e corretta gestione sociale, nell’interesse dell’economia, della fede pubblica, dell’ordine economico, della collettività in genere e del regolare funzionamento delle società commerciali.
L’accertamento circa la sussistenza della gravità delle irregolarità è rimessa al prudente apprezzamento del Tribunale che in sede di volontaria giurisdizione, ove falliscano i rimedi endosocietari di cui al comma 3 della citata disposizione – sostituzione da parte dell’assemblea degli amministratori e sindaci con soggetti di adeguata professionalità, i quali si attivino senza indugio per accertare l’esistenza di violazioni per eliminarle – deve emettere tutti i provvedimenti precauzionali necessari per tutelare il patrimonio sociale, e ciò indipendentemente dai fatti espressamente denunciati che non vincolano il controllo del giudice, il quale può validamente estendere le sue indagini a qualsiasi irregolarità emersa successivamente alla denuncia medesima.
L’indizio di irregolarità deve essere serio, preciso e grave in quanto non è ammissibile un procedimento fondato su generici sospetti o su indimostrati rilievi critici di eventuali irregolarità, dovendo queste essere basate su specifici ed obiettivi riscontri da cui si possa desumere l’elevata probabilità che siano stati commessi atti irregolari.
L’adozione dei provvedimenti ex art. 2409 c.c. non può essere giustificata unicamente sulla base di valutazioni concernenti l’andamento economico dell’impresa sociale, poiché le gravi irregolarità non attengono a valutazioni di merito o di opportunità.
Gravi irregolarità gestionali, in violazione dei doveri, sono costituite da tutti quei comportamenti degli amministratori che nel caso specifico concretizzino un adempimento degli obblighi di legge e di statuto effettuato in modo inesatto ed inadeguato, ovvero da una grave inosservanza con un comportamento attivo o anche omissivo di uno o più doveri che gli amministratori avrebbero dovuto ottemperare, tale da arrecare (o anche solo poter arrecare) grave pregiudizio alla società, e sempre che l’impossibilità della condotta esatta e adeguata non sia determinata da un’impossibilità non imputabile, ex art.1218 c.c., agli organi societari.
È opinione pacifica che le gravi irregolarità possano integrare la violazione di obblighi e doveri a contenuto specifico previsti da norme civili, penali, tributarie e amministrative, ovvero riguardare anche violazioni di generici obblighi di gestione diligente, nell’interesse della società e senza conflitto di interessi. Le gravi irregolarità debbono essere attuali ed ancora in grado di produrre i loro effetti pregiudizievoli per la società.
La mancanza di un efficace sistema di gestione dei crediti commerciali costituisce una grave irregolarità, in quanto non consente la rilevazione tempestiva di eventuali sintomi di squilibrio economico-finanziario e della salvaguardia della continuità aziendale. L’assenza di un adeguato assetto organizzativo, contabile e amministrativo rappresenta una grave irregolarità, anche – anzi, soprattutto – in una impresa in situazione di equilibrio economico finanziario.
Requisiti per l’emissione dei provvedimenti ex art. 2409 c.c.
Perché possano essere emessi provvedimenti ex art. 2409 c.c. non è necessario fornire una prova rigorosa della sussistenza delle problematiche denunciate nella loro materialità, ma è sufficiente l’allegazione e la dimostrazione dell’esistenza di indizi oggettivi che rendano verosimile la denuncia e che vadano al di là del mero sospetto; dunque, va escluso che il tribunale possa giudicare e assumere provvedimenti sulla base di mere supposizioni e/o su rilievi critici totalmente indimostrati.
Le condotte denunciate devono costituire irregolarità, per tali intendendosi azioni o omissioni degli amministratori che comportino una violazione delle norme civili, penali, tributarie o amministrative o dello statuto o comunque delle regole di prudenza, diligenza o di corretta amministrazione e conservazione del patrimonio sociale. Conseguentemente, non sarebbe denunciabile la mera inopportunità delle scelte dell’amministratore (c.d. business judgment rule), posto che non si sia al cospetto di operazioni manifestatamente illogiche, irragionevoli o imprudenti oppure compiute in conflitto di interessi.
Le irregolarità denunciate devono essere connotate dal requisito della gravità, nel senso che devono essere di consistenza tale da comportare la violazione dei principi cardine della struttura organizzativa della società o da far emergere l’esistenza di una gestione complessivamente anomala e caratterizzata dal perseguimento di interessi extrasociali incompatibili con l’interesse della società amministrata. Si richiede, inoltre, che l’irregolarità oltre ad essere grave sia anche attuale al momento dell’intervento del tribunale, escludendo quindi che quest’ultimo possa intervenire laddove i comportamenti, per quanto consistenti in violazioni anche gravi, abbiano comunque esaurito i loro effetti. Da ultimo, l’irregolarità deve essere tale da poter arrecare danno alla società: non è dunque necessario che dalla stessa sia derivato un pregiudizio all’interesse sociale, essendo sufficiente anche il mero pericolo di danno futuro al medesimo.
Nel procedimento per il riassetto amministrativo e contabile della società di cui all’art. 2409 c.c., la condanna al pagamento delle spese processuali pronunciata a favore di colui che le abbia anticipate, partecipando al procedimento in forza di interessi giuridicamente qualificati dalla sua posizione rispetto alla corretta amministrazione della società, pur non essendo accessoria ad una decisione su diritti soggettivi, né collegabile a comportamenti anteriori al processo, è legittima nella parte in cui si fondi sulla soccombenza processuale dei controinteressati nel contrasto delle posizioni soggettive, anche se non può avere, comunque, ad oggetto le spese di ispezione giudiziale della società, che restano sempre a carico dei denuncianti.
La valutazione delle gravi irregolarità nella gestione nel contesto dell’emergenza pandemica
Non costituisce grave irregolarità nella gestione e, per l’effetto, non è idonea a giustificare la revoca in via cautelare dell’amministratore di S.r.l. ex art. 2476, co. 3 c.c., l’attuazione solo parziale e in difetto di compiuta regolazione contrattuale di un progetto imprenditoriale originariamente condiviso da tutti i soci e da realizzarsi, alla luce dei reciproci rapporti di fiducia, attraverso la costituzione di una società partecipata solo da alcuni di essi, allorquando – all’esito di un giudizio di bilanciamento tra il pregiudizio asseritamente arrecato al patrimonio sociale dalla condotta dell’amministratore e il pregiudizio che la società subirebbe dalla revoca di quest’ultimo – risulta prevalente l’interesse a garantire la sopravvivenza di tutte le società coinvolte, soprattutto in un momento storico in cui la prolungata chiusura o riduzione delle attività d’impresa operanti nel settore di riferimento rischia di ripercuotersi a catena sull’intera filiera produttiva e distributiva.
Responsabilità degli amministratori di s.r.l. per inadempimenti contabili e tributari
Costituisce un obbligo gravante in capo agli amministratori – in virtù del rapporto intercorrente tra gli stessi e la società – quello relativo alla corretta tenuta della contabilità e al versamento delle imposte erariali e previdenziali, costituendo il predetto un illecito tipicamente costitutivo di responsabilità contrattuale e fondante l’azione sociale verso l’organo di gestione. Al verificarsi dei predetti inadempimenti (relativi alla contabilità e al versamento delle imposte), accertato il collegamento diretto tra fatto ed evento, l’ordinamento presume la colpa dell’amministratore e, pertanto, non è necessaria la prova, da parte della s.r.l., del nesso eziologico tra condotta e danno. Spetterà, invece, all’amministratore la prova di non avere violato gli obblighi previsti dalla legge e dal contratto e/o di avere espresso il proprio dissenso al compimento degli atti dannosi.