Risoluzione per inadempimento del contratto di cessione di partecipazioni e il collegamento negoziale
La mancata previsione di un termine entro il quale la prestazione deve essere eseguita autorizza il creditore ad esigerla immediatamente (in applicazione del principio quod sine die debetur statim debetur), ma ciò non gli impone di costituire in mora la controparte ex art. 1454 c.c. e quindi di fare ricorso al giudice ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1183 c.c., essendo invece sufficiente, in relazione agli usi, alla natura del rapporto negoziale e all’interesse delle parti, che sia decorso un congruo spazio di tempo dalla conclusione del contratto, per cui possa ritenersi in concreto superato ogni limite di normale tolleranza; ed invero, una protratta tolleranza del ritardo della controparte costituisce solo uno degli elementi da valutare ai fini dell’accertamento della gravità dell’inadempimento, potendo se del caso concorrere ad attenuarne l’intensità, ma non potendo di per sé escludere la ricorrenza dell’inadempimento ove protrattosi oltre la tolleranza del creditore.
L’inosservanza di un termine non essenziale previsto dalle parti per l’esecuzione di un’obbligazione, pur impedendo, in mancanza di una diffida ad adempiere, la risoluzione di diritto ai sensi dell’art. 1457 c.c., non esclude la risolubilità del contratto, a norma dell’art. 1453 c.c., se si traduce in un inadempimento di non scarsa importanza, ossia se il ritardo superi ogni ragionevole limite di tolleranza, occorrendo avere riguardo all’oggetto e alla natura del contratto, al comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla conclusione del contratto, e al persistente interesse dell’altro contraente alla prestazione dopo un certo tempo.
Il collegamento negoziale è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, che viene realizzato attraverso una pluralità coordinata di contratti. Questi conservano una loro causa autonoma, ancorché ciascuno sia finalizzato a un’unica regolamentazione dei reciproci interessi, sicché il vincolo di reciproca dipendenza non esclude che ciascuno di essi si caratterizzi in funzione di una propria causa e mantenga una distinta individualità giuridica. Il collegamento può ritenersi meramente occasionale, quando le singole dichiarazioni, per quanto finanche casualmente riunite, siano strutturalmente e funzionalmente autonome e mantengano l’individualità propria di ciascun tipo negoziale in cui esse si inquadrano, sicché la loro messa in relazione non influenza la disciplina dei singoli negozi in cui si sostanziano. Il collegamento è, invece, funzionale, quando i diversi e distinti negozi, cui le parti danno vita nell’esercizio della loro autonomia negoziale, pur conservando l’individualità propria di ciascun tipo, vengono concepiti e voluti come avvinti teleologicamente da un nesso di reciproca interdipendenza, per cui le vicende dell’uno debbano ripercuotersi sull’altro, condizionandone la validità e l’efficacia.
In tema di collegamento negoziale c.d. funzionale, l’accertamento del giudice di merito ai fini della qualificazione giuridica di tale situazione negoziale deve investire l’esistenza, l’entità, la natura, le modalità e le conseguenze del collegamento realizzato dalle parti mediante l’interpretazione della loro volontà contrattuale tenendo presente che affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico non è sufficiente un nesso occasionale tra i negozi, ma è necessario che il collegamento dipenda dalla genesi stessa del rapporto, dalla circostanza cioè che uno dei due negozi trovi la propria causa (e non il semplice motivo) nell’altro, nonché dall’intento specifico e particolare delle parti di coordinare i due negozi, instaurando tra di essi una connessione teleologica, sempre che la volontà di collegamento si sia obiettivata nel contenuto dei diversi negozi potendosi ritenere che entrambi o uno di essi, secondo la reale intenzione dei contraenti, siano destinati a subire le ripercussioni delle vicende dell’altro.
Esclusione del socio di società cooperativa per grave inadempimento
In tema di società cooperativa, le cause di origine convenzionale di esclusione di un socio devono essere indicate nello statuto in modo tassativo e non generico, al fine di evitare un’eccessiva discrezionalità dell’organo amministrativo e, pertanto, quando un’ipotesi di esclusione fa riferimento alla gravità dell’inadempimento è necessario che sia indicato chiaramente sia la prestazione richiesta, sia la gravità dell’inadempimento stesso.
La mancata promozione dell’opera determina la risoluzione del contratto di edizione
In tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione del contratto, per il risarcimento del danno ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza ma non l’inadempienza dell’obbligato, potendosi limitare alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, spettando, invece, al debitore convenuto l’onere di provare il fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento.
Il medesimo principio, applicabile anche nell’ipotesi d’inesatto adempimento, si estende anche alle obbligazioni di risultato.
Nel caso di specie, la mancata promozione dell’opera era oggetto di specifico obbligo incombente sull’editore (che non ha provato di aver adempiuto) e non può considerarsi inadempimento di scarsa gravità nel quadro complessivo degli interessi delle parti del contratto di edizione, determinando così la risoluzione del contratto stesso oltre alla condanna delle convenute alla restituzione delle copie giacenti dell’opera a titolo di risarcimento del danno.
Preteso inadempimento di contratto di distribuzione cinematografica
La tolleranza delle parti rispetto a un inadempimento porta a qualificarlo come non grave e, quindi, non idoneo a determinare la risoluzione del contratto.
Contratto di cessione di azienda e valutazione della clausola risolutiva espressa
La clausola risolutiva espressa di cui all’art. 1456 cod. civ., contenuta in un contratto di compravendita di azienda presuppone, per il suo esercizio, la valutazione dell’agire dei contraenti secondo il criterio generale della buona fede, sia quanto alla ricorrenza dell’inadempimento sia del conseguente legittimo esercizio del potere unilaterale di risoluzione. Ai fini della risoluzione di diritto del contratto, dunque, non basta la sola verificazione dell’inadempimento previsto nella clausola risolutiva espressa, in quanto anch’essa deve essere interpretata (art. 1366 cod. civ.) ed eseguita (art. 1375 cod. civ.) secondo buona fede. Il principio di buona fede diventa pertanto, in quest’ottica, canone di valutazione dell’effettiva esistenza di un inadempimento di uno dei contraenti e del conseguente legittimo esercizio del potere unilaterale di risolvere il contratto, dovendosi negare efficacia all’atto di esercizio del potere ex art. 1456 cod. civ. quando il mancato adempimento o ritardo nell’adempimento, pur previsto, sia oggettivamente di scarsa importanza.
Contratto di cessione di quote e inadempimento del contratto di non scarsa importanza ex art. 1455 c.c.
L’importanza dell’inadempimento ex art. 1455 c.c. si ispira a un principio di proporzionalità, adeguato alla buona fede contrattuale. Ne deriva che la gravità dell’inadempimento di una parte va stabilita in base alla sua rilevanza sull’economia del rapporto, avendo riguardo all’interesse dell’altra parte, alla volontà comune dei contraenti nonché all’esigenza di mantenere un equilibrio tra le prestazioni corrispettive. [ LEGGI TUTTO ]
Revoca della dichiarazione di risoluzione e buona fede nell’esecuzione del contratto
La buona fede implica che ciascuna parte negoziale si comporti in modo da salvaguardare l’interesse che ha mosso la controparte alla stipulazione
dell’accordo.
Contratto di cessione di ramo d’azienda e danno da perdita di chance
La diffida ad adempiere ha lo scopo di fissare con chiarezza la posizione delle parti nell’esecuzione del contratto, mettendo sull’avviso l’inadempiente che l’altra parte non è disposta a tollerare un ulteriore ritardo e che ha già scelto la via della risoluzione [ LEGGI TUTTO ]
Violazione dell’obbligo di buona fede nell’esecuzione di un contratto di coesistenza tra marchi
Nell’ambito di un contratto di coesistenza di marchi, il fatto che il compromesso negoziale sia fondato su particolari particolarmente piccoli impone alle parti di uniformare i propri comportamenti ad un livello molto elevato di correttezza, tale da [ LEGGI TUTTO ]