Il fallimento della società controllata: rapporti con la holding, quantificazione del danno e prescrizione
Relativamente al controllo societario esercitato ex art. 2359 c.c., non si configura l’esistenza e l’operatività di una holding di fatto preposta al controllo e alla gestione di una società poi fallita se non sussistono specifici requisiti: una pluralità sistematica e costante di atti di indirizzo, idonei ad incidere sulle decisioni gestorie dell’impresa; il comune intento sociale perseguito; l’esteriorizzazione del vincolo societario, tramite la spendita del nome e/o il compimento di attività negoziale nell’interesse della holding; l’organizzazione imprenditoriale autonoma della holding rispetto a quella delle società controllate, volta al coordinamento dei fattori produttivi relativi al gruppo di imprese; l’economicità aggiuntiva ovvero la produzione di un plusvalore dovuto all’attività di direzione e coordinamento (così anche Cass. civ. 20.05.2016, n. 10507; Cass. civ. 18.11.2010, n. 2334). Peraltro, nelle società di fatto tra consanguinei, la prova dell’esteriorizzazione del vincolo societario deve essere rigorosa, dovendosi basare “su elementi e circostanze concludenti, tali da escludere che l’intervento del familiare possa essere motivato dalla “affectio familiaris” e deporre, invece, nel senso di una sua compartecipazione all’attività commerciale” (a proposito Cass. civ. n. 33230 del 16.12.2019; nello stesso senso, Cass. civ. n. 15543 del 20.06.2013).
Nella quantificazione del danno subito dalla società e dai creditori, il CTU deve utilizzare il criterio della differenza dei netti patrimoniali, effettivamente utilizzabile in presenza di situazioni di prosecuzione dell’attività d’impresa per un periodo di tempo considerevole: tale criterio consente infatti di accertare, in modo attendibile, l’effettiva diminuzione patrimoniale della società, in ipotesi di ingiustificata prosecuzione della liquidazione, quando risulta più problematico ricostruire ex post le singole operazioni non conservative e collegare ad esse un danno al netto dell’eventuale ricavo.
Il termine di prescrizione è quinquennale e decorre, nell’azione sociale di responsabilità, dal momento in cui il danno diventa oggettivamente percepibile all’esterno (termine che rimane sospeso, ex art. 2941 n. 7 c.c., fino alla cessazione dalla carica dell’amministratore o del liquidatore, cui si applicano ex art. 2489 co. 2 c.c. le norme in tema di responsabilità degli amministratori), mentre nell’azione a tutela dei creditori sociali il termine di prescrizione decorre da quando è oggettivamente percepibile l’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti, dal momento che – in mancanza di prova contraria, offerta dall’amministratore o dal liquidatore, con riferimento ad una data diversa e anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale – si presume coincidente con la dichiarazione di fallimento (così Cass. civ. n. 24715 del 4.12.2015; Cass. civ. n. 13378 del 12.06.2014).
Oggetto ed estensione del diritto di informazione del socio non amministratore di una S.r.l. holding pura
Nel contesto di una holding pura, deve ritenersi del tutto ragionevole e coerente con il concreto atteggiarsi dei rapporti tra holding e società controllate direttamente e indirettamente che il socio non amministratore della holding abbia il diritto di essere informato (dall’organo amministrativo della controllante di cui è socio) anche su cosa succede “a valle”, nelle società controllate, la cui gestione è l’attività specifica della capogruppo. Non è dunque questione di raffrontare i poteri del socio della S.r.l. con i poteri del socio della società controllata (in ipotesi S.p.A.) o con quelli dei sindaci nel caso di cui all’art. 2403 bis comma 2 c.c., quanto piuttosto di parametrare il potere di controllo del socio della S.r.l. al potere di gestione spettate all’organo amministrativo della S.r.l. stessa.
Il perimetro del diritto di informazione del socio sui documenti relativi all’amministrazione della società da lui stesso direttamente partecipata deve intendersi comprensivo di tutta la documentazione “ragionevolmente necessaria ovvero in concreto esaminata/utilizzata per l’esercizio delle proprie funzioni dall’organo amministrativo della società soggetta al potere di ispezione e conseguentemente da reputarsi nella materiale disponibilità giuridica della stessa, nella necessaria coincidenza fra poteri di gestione e poteri di controllo di una società di capitali, quale assicurata nell’attuale assetto normativo dal controllo sindacale nella spa e dal controllo dei soci non amministratori nella srl” e del tutto “a prescindere … dalla … irrilevante intestazione formale dei relativi atti” (v. Tribunale di Milano, Sezione Specializzata in materia di impresa, ord. 27.9.17). La questione, dunque non è quella dell’esistenza del diritto ma quella dell’esercizio del diritto e quindi, in sostanza, quella di definire quali sono le conoscenze che l’organo amministrativo della controllante deve avere sulla società direttamente controllata – e quindi anche su quello che segue, cioè sulla controllata dalla controllata – e che può/deve trasferire al socio ex art. 2476 comma 2 c.c. In proposito, si deve ritenere che l’organo amministrativo della holding debba senz’altro conoscere la documentazione sociale e quella attinente alle scelte gestionali di maggior rilevanza e che, di norma, la sua conoscenza non si spinga/debba spingersi a dati che riguardano la minuta operatività ordinaria delle società sottoposte a controllo/coordinamento.
Nonostante l’ampiezza della formula usata dal legislatore (“notizie sullo svolgimento degli affari sociali”), si deve ritenere che possano rientrare nella dizione legale solo informazioni/notizie tratte da elementi già costituiti, escludendo, per converso, che possano rientrarvi documenti costituendi che implichino attività di valutazione o anche solo di elaborazione dei dati.
legittimazione passiva di società incorporante; mutamento dell’oggetto sociale di società operativa in holding pura e diritto di recesso nella s.r.l.
In base al disposto dell’art. 2505-bis c.c., la fusione per incorporazione non determina l’estinzione della società incorporata, né la fusione paritaria crea un nuovo soggetto di diritto; ma attua l’unificazione mediante l’integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione [ LEGGI TUTTO ]