Azione sociale di responsabilità, infedeltà patrimoniale e sviamento di clientela
L’azione sociale di responsabilità ex art. 2476, co. 1, c.c., ha natura contrattuale; conseguentemente, quanto al riparto dell’onere della prova, il creditore che agisce in giudizio, sia per l’adempimento del contratto, sia per la risoluzione e il risarcimento del danno, deve fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi ad allegare l’inadempimento della controparte, su cui incombe l’onere della dimostrazione del fatto estintivo costituito dall’adempimento. In particolare, spetta alla società attrice allegare l’inadempimento, ovvero indicare il singolo atto gestorio che si pone in violazione dei doveri degli amministratori posti dalla legge o dallo statuto e il danno derivante da tale inadempimento, mentre è onere dei convenuti contrastare lo specifico addebito, fornendo la prova dell’esatto adempimento.
La valutazione in sede giudiziale della convenienza delle scelte gestionali è riservata in linea generale alla discrezionalità dell’amministratore (c.d. business judgment rule), essendo il sindacato del merito di tali scelte limitato ai casi di palese irragionevolezza delle stesse, desumibile dal fatto che l’amministratore non abbia usato le necessarie cautele e assunto le informazioni rilevanti. Si tratta, peraltro, di una valutazione da condurre necessariamente ex ante, non potendosi affermare l’irragionevolezza di una decisione dell’amministratore per il solo fatto che essa si sia rivelata ex post economicamente svantaggiosa per la società.
L’art. 2634 c.c. sanziona penalmente gli amministratori che, avendo un interesse in conflitto con quello della società, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o altro vantaggio, compiono o concorrono a deliberare atti di disposizione dei beni sociali, cagionando intenzionalmente alla società un danno patrimoniale. Con specifico riferimento alla situazione di conflitto di interessi, onde ritenere configurata la predetta fattispecie, si richiede che vi sia un antagonismo di interessi effettivo, attuale e oggettivamente valutabile, tra l’agente e la società, a causa del quale il primo, nell’operazione economica che deve essere deliberata, si trova obiettivamente in una posizione antitetica rispetto a quella dell’ente, tale da pregiudicarne gli interessi patrimoniali.
Il tentativo di sviare la clientela rientra nel normale gioco della concorrenza; un dato comportamento può essere considerato illecito allorché lo sviamento sia provocato, direttamente o indirettamente, con un mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale. L’illiceità della condotta non dev’essere ricercata episodicamente, ma va desunta dalla qualificazione tendenziale dell’insieme della manovra posta in essere per danneggiare il concorrente, o per approfittare sistematicamente del suo avviamento sul mercato. Pertanto, mentre è contraria alle norme di correttezza imprenditoriale l’acquisizione sistematica, da parte di un ex dipendente che abbia intrapreso un’autonoma attività imprenditoriale, di clienti del precedente datore di lavoro il cui avviamento costituisca, soprattutto nella fase iniziale, il terreno dell’attività elettiva della nuova impresa (più facilmente praticabile proprio in virtù delle conoscenze riservate precedentemente acquisite), deve ritenersi fisiologico il fatto che il nuovo imprenditore, nella sua opera di proposizione e promozione sul mercato della sua nuova attività, acquisisca o tenti di acquisire anche alcuni clienti già in rapporti con l’impresa alle cui dipendenze aveva prestato lavoro. La fisiologia del passaggio, ove ecceda la normale tollerabilità, necessita di indagini e istruttoria al fine di verificare se sia stato posto in essere un piano di attività preordinato e sviluppato proprio al fine di determinare un massiccio esodo.
Concorrenza sleale e sviamento di clientela
La pronuncia di incompetenza territoriale del tribunale adito in via cautelare la quale – sotto forma di mero obiter dictum – rilevi anche l’insussistenza del periculum in mora, non preclude la riproposizione del medesimo ricorso di fronte al giudice indicato competente, anche ove non vengano dedotti elementi nuovi che incidano sul fumus boni iuris o sul periculum in mora, dovendosi considerare assorbente la questione di competenza territoriale e non risultando pertanto violato il principio del ne bis in idem.
Pone in essere condotte contraria alla correttezza professionale ed idonee a sviare la clientela il prestatore d’opera che, a seguito della risoluzione del relativo contratto precedentemente sottoscritto con la società committente, contatti i clienti di quest’ultima qualificandosi come futuro titolare della stessa perché in procinto di fallire.
Competenza delle sezioni specializzate per illeciti concorrenziali
Rientrano nella competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, ai sensi dell’art. 3, co. 1, lett. a), d.lgs. n. 168 del 2003, le domande di repressione di atti di concorrenza sleale o di risarcimento dei danni che si fondano su comportamenti che interferiscono con un diritto di esclusiva (concorrenza sleale c.d. interferente), avendo riguardo alla prospettazione dei fatti da parte dell’attore ed indipendentemente dalla loro fondatezza. Di converso, esulano dalla competenza delle sezioni specializzate le domande fondate su atti di concorrenza sleale c.d. pura, in cui la lesione dei diritti di esclusiva non sia elemento costitutivo dell’illecito concorrenziale [nel caso di specie, la condotta posta in essere dal convenuto ritenuta potenzialmente integrante concorrenza sleale interferente concerne la sottrazione dei dati relativi alla clientela].
Il contratto di distribuzione del software: la comunicazione della lista clienti da parte del distributore e gli obblighi del titolare dei diritti di sfruttamento in caso di mancato rinnovo contrattuale
Se il contratto di distribuzione del software prevede espressamente la trasmissione della lista clienti dalla distributrice alla titolare dei diritti di sfruttamento economico del software a) tale attività di comunicazione non presenta alcun profilo di segretezza e riservatezza e b) la titolare dei diritti di sfruttamento economico del software è legittimata ad inviare ai clienti le comunicazioni relative al rapporto contrattuale – ed in particolare all’assistenza e manutenzione – connesso alla fornitura del software.
A seguito della cessazione di un contratto di distribuzione di software, il titolare del software è tenuto a prestare all’ex-distributore la collaborazione necessaria alla manutenzione della versione a suo tempo rilasciata al cliente dell’ex distributore. Da ciò discende che a) il titolare del software deve garantire all’ex-distributore di poter offrire al cliente un servizio di assistenza completo rispetto al prodotto a suo tempo acquistato; [ LEGGI TUTTO ]
L’uso illegittimo di informazioni commerciali aventi valore economico integra la fattispecie di concorrenza sleale ex art. 2598, n. 3 c.c., senza che sia necessario il requisito della segretezza delle informazioni.
La sottrazione di informazioni riservate può integrare la fattispecie di concorrenza sleale ex art. 2598 n. 3 c.c. anche quando non sussistano tutti i requisiti degli artt. 98 e 99 CPI, ad esempio perché le informazioni aziendali altrui non siano adeguatamente protette. [ LEGGI TUTTO ]
Concorrenza sleale mediante soggetto interposto
Per concorrere nell’illecito concorrenziale altrui, il terzo interposto deve avere una relazione qualificata in forza della quale egli agisce per conto e nell’interesse di quest’ultimo. La qualità di cliente, l’assenza di un rapporto di esclusiva con la parte asseritamente oggetto di una pratica commerciale scorretta, ben lungi dal fare [ LEGGI TUTTO ]
Concorrenza sleale per storno di clientela da parte di ex soci
L’avere costituito una nuova società, avendo come terreno d’elezione per la formazione dell’avviamento la clientela della società per la quale si è lavorato (e con la quale, nel caso di specie, si hanno anche rapporti sociali), avvalendosi delle conoscenze acquisite proprio in [ LEGGI TUTTO ]
Concorrenza sleale per storno di dipendenti in campo informatico e ammissibilità di provvedimenti di inibitoria definitiva
E’ connotata negativamente e costituisce concorrenza sleale per storno di dipendenti ex art. 2598 n. 3 c.c. la condotta, consistente nell’assunzione di specifici dipendenti di un concorrente operanti quotidianamente presso un importante cliente, posta in essere da un imprenditore [ LEGGI TUTTO ]
Storno di dipendenti; sviamento di clientela; concorrenza sleale denigratoria
Lo storno di dipendenti da un’azienda concorrente può ritenersi connotato da illiceità concorrenziale solo in quanto denoti, per le specifiche modalità, un disegno doloso ed ecceda il normale ricambio dei dipendenti, [ LEGGI TUTTO ]
Presupposti dello storno illecito di dipendenti e dell’illecito sviamento di clientela
Il passaggio di lavoratori dall’una all’altra azienda dello stesso settore e la ricerca di personale presso soggetti concorrenti sconfinano nell’illecito concorrenziale di cui all’articolo 2598 n.3 c.c. laddove [ LEGGI TUTTO ]