Concorrenza sleale, imitazione servile del prodotto altrui e necessaria proporzionalità della sazione di cui all’art. 124, comma 2, c.p.i.
L’imitazione rilevante ai fini della concorrenza sleale per confondibilità di cui all’art. 2598 c.c., n. 1, non si identifica con la riproduzione di qualsiasi forma del prodotto altrui, ma solo con quella che riguarda le caratteristiche esteriori dotate di efficacia individualizzante, ovvero quelle che sono idonee, proprio in virtù della loro capacità distintiva, a ricollegare il prodotto ad una determinata impresa; ciò comporta che non possa attribuirsi carattere individualizzante alla forma funzionale, cioè a quella resa necessaria dalle stesse caratteristiche funzionali del prodotto. Ne discende che la fabbricazione di prodotti identici nella forma a quelli realizzati da impresa concorrente costituisce atto di concorrenza sleale soltanto se la ripetizione dei connotati formali non si limiti a quei profili resi necessari dalle stesse caratteristiche funzionali del prodotto, ma investa elementi del tutto inessenziali alla relativa funzione. La parte che agisce ex art. 2598 n. 1 c.c. non può, dunque, limitarsi a provare che il proprio prodotto è imitato “fedelmente” da quello del concorrente, ma deve anche dimostrare che tale imitazione è confusoria, perché investe quegli elementi che servono a distinguere il suo prodotto nel mercato. L’art. 2598 n. 1 c.c. chiarisce infatti che la fattispecie costitutiva della concorrenza sleale non si esaurisce nell’imitazione servile, ma richiede l’attitudine a creare confusione, effetto che, evidentemente, non può neppure ipotizzarsi quando il prodotto imitato non si distingua dai prodotti similari già presenti al suo ingresso nel mercato, siccome privo di forma individualizzante. La tutela di cui alla norma indicata concerne, pertanto, le forme aventi efficacia individualizzante e diversificatrice del prodotto rispetto ad altri simili, non essendo tuttavia compresi nella tutela medesima gli elementi formali dei prodotti imitati che nella percezione del pubblico non assolvano ad una specifica funzione distintiva del prodotto stesso, intesa nel duplice effetto di differenziarlo rispetto ai prodotti simili e di identificarlo come riconducibile ad una determinata impresa. In definitiva, poichè l’originalità del prodotto e la sua capacità distintiva integrano entrambi fatti costitutivi della contraffazione per imitazione servile, essendo i medesimi requisiti necessari non in via alternativa, ma in via cumulativa, l’onere della prova con riguardo ad entrambi i fatti costitutivi incombe – in ossequio alle regole generali in tema di onere della prova di cui all’art. 2697 c.c. – su chi agisce in contraffazione, mentre spetta al convenuto l’onere di dimostrare la mancanza di novità del prodotto o la perdita sopravvenuta della sua capacità distintiva, quali fatti estintivi dell’altrui diritto.
La ratio della forma di coercizione indiretta all’adempimento di cui all’art. 124, comma 2, c.p.i. è quella di rafforzare l’inibitoria, cui si accompagna, per indurre il debitore verso lo spontaneo adempimento, prevedendo una sanzione per il caso di inottemperanza al provvedimento definitivo o anche solo emesso in via cautelare. Si tratta dunque di un rimedio sanzionatorio e non risarcitorio, che è indirettamente a presidio e tutela dell’inibitoria, costituendo una rilevante e autonoma misura di prevenzione nella contraffazione. La natura sanzionatoria del provvedimento non esclude, però, che la misura non debba essere eccessivamente afflittiva, perché vige nel nostro ordinamento il principio della necessaria proporzione tra violazioni e sanzioni. Tale principio è espressamente sancito anche nell’art. 124, comma 6, c.p.i., ai sensi del quale nell’applicazione delle sanzioni l’autorità giudiziaria tiene conto della necessaria proporzione tra la gravità delle violazioni e le sanzioni, nonché l’interesse dei terzi.
Contraffazione di braccialetti registrati come disegni e modelli
Sequestro conservativo e inibitoria cautelare per violazione di modelli di abiti non registrati
La contestazione della violazione dei modelli non registrati postula la prova, che grava sul ricorrente, della sussistenza dei requisiti d’individualità e di novità (nella specie, una linea di abbigliamento).
La fama dell’autore quale indice rilevante nel determinare il valore artistico di un’opera di design e incompatibilità della tutela autorale del design con la concorrenza sleale confusoria
L’indagine relativa all’esistenza del valore artistico – requisito necessario ad attribuire protezione autoriale ad un’opera del design – si declina secondo parametri sia soggettivi che oggettivi, ed in particolare: quanto al primo profilo, l’opera di design industriale deve essere idonea a suscitare emozioni estetiche e deve essere dotata di creatività e originalità delle forme rispetto a quelle [ LEGGI TUTTO ]
Perimetro di legittimità della facoltà di limitazione delle rivendicazioni brevettuali in corso di causa e presupposti della concorrenza sleale per imitazione servile
Ai sensi dell’art. 79 comma terzo e dell’art. 76 comma terzo c.p.i., le istanze di limitazione e di conversione di un brevetto possono essere presentate in ogni stato e grado del giudizio. Pertanto, il titolare di un brevetto può riformulare le rivendicazioni in corso di causa, senza limitazione ad una fase processuale, ad un grado di giudizio e al numero delle modifiche apportate, fatto salvo il limite generale della [ LEGGI TUTTO ]
Concorrenza sleale per imitazione servile: interesse tutelato e criteri di comparazione tra prodotti
La disciplina della concorrenza sleale trova applicazione a tutte le imprese i cui prodotti e servizi concernano la stessa categoria di consumatori e che operano quindi in una qualsiasi delle fasi della produzione o del commercio destinata a sfociare nella collocazione sul mercato di tali beni. Quale che sia l’anello della catena che porta il prodotto alla stessa categoria di consumatori in cui si collochi un imprenditore, questi viene a trovarsi in conflitto potenziale con gli imprenditori posti anche su anelli diversi, proprio perché è la clientela finale quella che determina il successo o meno della sua attività, onde ognuno di sé è interessato che gli altri rispettino le regole di cui all’art. 2598 c.c. [ LEGGI TUTTO ]
Modello comunitario e concorrenza sleale
In caso di modello comunitario registrato, una volta accertata la commercializzazione di identici prodotti in data anteriore alla registrazione del modello della ricorrente, incombe sul titolare della registrazione l’onere di provare l’allegata predivulgazione e se essa si sia verificata nel [ LEGGI TUTTO ]
Requisiti di validità del brevetto e facoltà di riformulazione delle rivendicazioni
Nell’ambito della valutazione del requisito della adeguata descrizione dell’invenzione, richiesta dall’art. 76, comma 1°, lett. b), c.p.i., a pena di nullità del brevetto, il requisito della sufficiente descrizione va valutato con riferimento all’indicazione del problema tecnico rispetto al quale il trovato si pone come soluzione, del gradiente di attività inventiva o comunque dell’utilità che il trovato medesimo persegue rispetto alla tecnica nota, la cui mancanza non può essere colmata ex post, dalla parte o dal consulente tecnico, a seguito della contestazione sulla validità del brevetto. Il problema della sufficienza o meno della descrizione del brevetto si pone nel senso che deve ritenersi sufficiente quella descrizione che sia tale da consentire l’attuazione del trovato senza chiedere, da parte dell’utilizzatore, alcuna opera integrativa di sperimentazione; si verifica pertanto nullità per difetto di descrizione quando essa non consenta ad un esperto del settore dotato di tecnica media di attuare l’invenzione senza ulteriori ricerche e sperimentazioni. Il requisito della sufficiente descrizione richiede che il tecnico del ramo sia in grado di attuare l’invenzione senza ricorrere ad ulteriori ricerche, ben potendo anche utilizzare la sua competenza professionale per integrare le indicazioni fornite dal brevetto, a condizione che tali elementi di integrazione possano essere agevolmente ricavabili in base ad una comune esperienza tecnica.
La descrizione deve evidenziare lo scopo dell’invenzione o il problema tecnico che l’invenzione si prefigge di risolvere, definisce il contenuto dell’invenzione dal quale trarre tutte le indicazioni per attuare l’invenzione stessa.
Secondo le linee guida dell’UIBM “Un’invenzione è reputata sufficientemente descritta quando, attraverso l’esame del testo della domanda e dei documenti allegati, un tecnico esperto del settore è in grado di riprodurre il prodotto o il procedimento oggetto dell’invenzione senza dover ricorrere ad alcun ulteriore sforzo inventivo”.
Ai sensi dell’art. 21 del Regolamento attuativo del CPI, il contenuto della descrizione deve “esporre l’invenzione in modo tale che il problema tecnico e la soluzione proposta possano essere compresi”.
Ai sensi dell’art. 46 c.p.i. l’invenzione è nuova se non è compresa nello stato della tecnica. In materia di brevetti, per la sussistenza del requisito della novità intrinseca dell’invenzione non è richiesto un grado di novità ed originalità assoluto rispetto a qualsiasi precedente cognizione, ma è sufficiente che essa riguardi nuove implicazioni e nuovi usi di elementi già noti, associati o coordinati in modo da ottenere un risultato industriale nuovo, economicamente utile.
Escludono la novità le anteriorità e le pre-divulgazioni, elementi da valutare al momento del deposito della domanda di brevetto (principio del c.d. twhole day). Si ha assenza di novità solo in caso di coincidenza totale tra l’invenzione ed una delle anteriorità: per la valutazione del requisito di novità non possono essere combinate tra loro differenti anteriorità.
Ai sensi dell’art. 48 c.p.i. “Un’invenzione è considerata implicante attività inventiva se, per una persona esperta del ramo, essa non risulta in modo evidente dallo stato della tecnica”. L’originalità, da valutare anch’essa al momento del deposito della domanda, riflette il principio fondamentale per il quale il monopolio brevettuale si giustifica alla luce del contributo al progresso tecnico fornito dall’inventore e divulgato tramite la brevettazione:
L’originalità si specifica con riferimento ad un’idea nuova che incida su un meccanismo od una forma già noti, conferendogli nuova utilità mediante soluzioni ed accorgimenti che vadano oltre la mera applicazione di regole ovvie ed elementari e attribuiscano a macchine, strumenti, utensili ed oggetti, un incremento di efficienza 0 di comodità d’impiego.
Il giudizio di evidenza dell’invenzione implica che, a differenza del giudizio di novità, le anteriorità non vengano considerate isolatamente, per essere comparate con l’invenzione, ma si compongano “in un mosaico”. Il tecnico medio deve valutare a tale fine se l’invenzione discende in modo evidente dall’insieme delle anteriorità costituenti lo stato della tecnica, retrodatando il giudizio alla data del deposito del brevetto o della priorità rivendicata. Il tecnico del ramo deve limitarsi ai collegamenti ovvi tra la anteriorità rilevanti, senza porre in essere attività creativa .
Ai sensi dell’art. 79 c.p.i. il titolare di un brevetto ha il diritto di limitare le rivendicazioni, anche modificando la documentazione o la descrizione, purchè le richieste ausiliarie avanzate rientrino nell’ambito di protezione conferita dal brevetto. Secondo la ricostruzione dell’istituto più accreditata in dottrina, la limitazione di un brevetto (già concesso) è nella sostanza una rinuncia parziale al diritto di brevetto (ius poenitendi) e costituisce diritto potestativo del titolare del brevetto.
Ai sensi dell’art. 79, 3° comma, CPI “In un giudizio di nullità, il titolare del brevetto ha facoltà di sottoporre al giudice, in ogni stato e grado del giudizio, una riformulazione delle rivendicazioni che rimanga entro i limiti del contenuto della domanda di brevetto quale inizialmente depositata e non estenda la protezione conferita dal brevetto concesso”.
Sulle concrete modalità di esercizio di tale diritto nel corso del giudizio di nullità, recentemente la giurisprudenza di merito ha specificato che la facoltà di riformulazione “non può essere esercitata in modo abusivo e reiterato, ma deve esserlo sempre secondo i canoni del giusto processo, anche al fine di evitare e scongiurare il più possibile un’eccessiva durata dello stesso, rendendo necessari continui ed iterativi accertamenti peritali sulle riformulazioni via via avanzate” (cfr. Tribunale di Milano, Sezione Specializzata In Materia D’impresa – A -, 17/1/2017, n. 490). Si è anche precisato che la facoltà di riformulazione, che va quindi esercitata secondo buona fede, deve tradursi in una riformulazione delle rivendicazioni precisa in ogni suo punto, non potendosi risolvere in una proposta di alternative diverse volte a rimettere al giudice o al CTU la scelta della formulazione corretta.
Con riferimento alla data di efficacia delle riformulazioni, onde contemperare le opposte esigenze di tutela dell’esclusività del titolo brevettuale con il principio della certezza giuridica, è stato evidenziato che, “se dal terzo può pretendersi una diligente lettura tutte le potenziali riscritture del brevetto che il titolare potrebbe effettuare sulla base di dettagli contenuti nella descrizione e nei disegni … Pertanto, ove il brevetto formi oggetto di numerose riformulazioni in corso di causa, non potrà essergli accordata tutela pleno iure ab origine. Con la conseguenza che la contraffazione del brevetto (come riformulato) e il risarcimento del danno dovranno circoscriversi temporalmente al periodo successivo alla riformulazione delle rivendicazioni” (cfr. Tribunale di Milano, Sezione Specializzata In Materia D’impresa – A, 24/1/2017, n. 887).
Va poi osservato che la limitazione ex art. 79, comma 3, c.p.c. va intesa quale precisa scelta del titolare del brevetto, espressione del potere di disposizione del diritto sostanziale sulla privativa industriale che comporta la rinuncia ad altre domande, siano esse svolte in via principale o subordinata, circa la validità del medesimo brevetto: in altri termini, come acutamente e recentemente osservato “tale ius poenitendi, di ordine sostanziale e non meramente processuale, non può prescindere dall’ ottenere una successiva conferma giudiziale mediante una pronuncia di ordine determinativo del diverso contenuto brevettuale che tenga conto delle ambiguità di suddette “limitazioni” (cfr. Tribunale di Milano, Sezione Specializzata In Materia D’impresa – A -, 24/1/2017, n. 887).
Non può essere registrata come marchio la forma che dà valore sostanziale al prodotto
Impedisce la valida registrazione come marchio, oltre alla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, anche la forma che dia valore sostanziale al prodotto. Il grado di apprezzamento dell’estetica di una forma che impedisce la registrazione della medesima come marchio richiede che la forma appaia idonea [ LEGGI TUTTO ]
Segreto industriale, marchi di colore e di forma e concorrenza sleale per imitazione servile
Non possono essere considerate segrete o riservate, ai fini della tutela del segreto industriale ex artt. 98 e 99 c.p.i. previgenti al D.Lgs. 63/2018, le informazioni note o quelle facilmente accessibili a questi ultimi in tempi e con costi ragionevoli. Non sono quindi tutelabili come segrete le informazioni che possono trarsi dai manuali tecnici diffusi, ovvero cui è possibile pervenire attraverso la semplice osservazione, o l’analisi chimica o ancora [ LEGGI TUTTO ]