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16 Dicembre 2022

Sostituzione della delibera impugnata e annullabilità della delibera assunta con il voto determinante del falsus procurator

L’art. 2384 c.c. – ove prevede che le limitazioni del generale potere di rappresentanza degli amministratori sono irrilevanti verso l’esterno, anche se pubblicate, salvo che i terzi abbiano intenzionalmente agito a danno della società – si applica anche alla c.d. rappresentanza processuale.

In tema di annullabilità delle deliberazioni assembleari, la fattispecie di cui all’art. 2377, co. 8, c.c. presuppone, affinché l’annullamento della delibera impugnata non abbia luogo, la sostituzione della delibera impugnata con altra presa in conformità della legge e dello statuto; la sostituzione preclude, cioè, la pronuncia di invalidità della delibera sostituita solo nel caso in cui la delibera sostitutiva sia valida. Pertanto, la sostituzione della delibera impugnata con una successiva delibera, a sua volta oggetto di impugnazione, impedisce l’applicazione dell’art. 2377, co. 8, c.c., essendo impedita, in pendenza di impugnazione, la valutazione di legittimità della delibera sostitutiva da parte del tribunale.

La deliberazione assembleare, assunta con il voto di una società partecipante rappresentata da un falsus procurator, è viziata da annullabilità. Il voto così espresso, invalido per vizio di rappresentanza, è peraltro suscettibile di ratifica, proveniente dalla medesima società legittimamente rappresentata, ai sensi dell’art. 1399 c.c.

Le delibere modificative non iscritte nel registro delle imprese ex art. 2436 c.c. – espressamente richiamato, in tema di s.r.l., dall’art. 2480 – costituiscono un’ipotesi tipica di delibera inefficace; l’inefficacia può, come tale, essere fatta valere anche oltre il termine di decadenza posto dall’art. 2377 c.c. da chiunque vi abbia interesse.

13 Giugno 2022

Impugnazione e sostituzione di delibere assembleari

La disposizione dell’art 2377, co. 8, c.c. si risolve in una ricognizione dell’effetto sostitutivo di delibere successive a quella impugnata dal socio, effetto di per sé comportante il venir meno della utilità della impugnazione per l’attore,  essendo la delibera impugnata già stata privata di effetti dalla sua sostituzione endo-societaria. Tale effetto sostitutivo può dirsi realizzato solo laddove la seconda delibera sia “stata presa in conformità della legge e dello statuto”, vale a dire sia stata presa validamente: ma anche questa precisazione contenuta nella norma va coordinata con il sistema di efficacia degli atti endo-societari e in particolare delle delibere assembleari, le quali, secondo il principio di cui all’art. 2377, co. 1, cc, se prese “in conformità della legge e dello statuto”, “vincolano tutti i soci, ancorché non intervenuti o dissenzienti”, essendo poi accertabile la loro eventuale invalidità in sede giudiziale solo a mezzo di impugnazione soggetta ai limiti temporali e di legittimazione previsti ancora dall’art. 2377 cc e dagli artt. 2379, 2379-ter e 2434-bis c.c. (nonché, per le S.r.l., dall’art. 2479-ter c.c.), con la conseguenza che le delibere assembleari la cui invalidità non sia stata azionata attraverso specifica impugnazione rimangono di per sé efficaci nell’ambito endo-societario. Da tale ricostruzione del sistema discende dunque che, se il socio impugnante la prima delibera non ha impugnato anche la delibera sostitutiva, questa è di per sé destinata a rimanere efficace nell’ambito endo-societario nonostante l’impugnante ne abbia eccepito la invalidità in sede processuale, con il che viene meno (non già la materia del contendere ma) lo stesso interesse ad agire rispetto alla prima impugnazione, al cui accoglimento non potrebbe conseguire alcun effetto utile per l’attore, data la già avvenuta sostituzione in ambito endo-societario del deliberato censurato con altro comunque efficace. Seguendo tale ricostruzione sistematica deve quindi concludersi che nel giudizio relativo alla impugnazione della prima delibera non possa trovar luogo alcuna valutazione delle eccezioni dell’attore relative alla invalidità della delibera sostitutiva che non sia stata a sua volta impugnata, tale valutazione essendo assorbita dalla constatazione del venir meno dell’interesse ad agire dell’attore: la valutazione ex art. 2377, co. 8, c.c. del giudice della prima impugnazione deve invece limitarsi alla verifica dell’effettiva portata sostitutiva della seconda delibera, vale a dire della effettiva rimozione del contenuto della prima da parte della seconda disponente sul medesimo oggetto. A riprova di tale conclusione sistematica può del resto richiamarsi anche la disciplina dell’art.2377, co. 7, c.c., per la quale “L’annullamento delle deliberazioni ha effetto rispetto a tutti i soci ed obbliga gli amministratori … a prendere i conseguenti provvedimenti sotto la propria responsabilità”: l’obbligo di adeguamento endo-societario consegue infatti, secondo tale norma, propriamente solo all’annullamento della delibera impugnata, sicché, nel caso si seguisse l’orientamento qui disatteso, la delibera sostitutiva rimarrebbe comunque efficace pur essendo stata valutata incidentalmente invalida nel giudizio di impugnazione relativo a quella sostituita, con la conseguenza che, ancora una volta, si perverrebbe alla conclusione della inutilità per l’impugnante dell’annullamento della prima delibera.

Sui poteri dell’amministratore di sostegno dell’amministratore di s.r.l.

Il potere dell’amministratore di sostegno dell’amministratore di s.r.l. investito – ai sensi del relativo provvedimento di nomina del Giudice tutelare – di tutti gli adempimenti connessi all’attività societaria e alla sua gestione ordinaria e straordinaria quale rappresentante del beneficiario (che per l’effetto è da intendersi privato di ogni conseguente potere connesso e derivante dal ruolo e dalle cariche ricoperte nella indicata società), comprende tutti gli atti e le decisioni che beneficiario poteva assumere nell’ambito della società sia come socio, sia come amministratore.

11 Maggio 2022

I criteri per la determinazione della competenza tra il Collegio arbitrale e il Tribunale per la risoluzione di controversie societarie

Per quanto attiene l’arbitrabilità delle controversie societarie, il discrimen tra diritto disponibile e diritto indisponibile guarda alla protezione accordata dall’ordinamento mediante la predisposizione di una norma dispositiva o imperativa: nel primo caso, prevale l’interesse del singolo ad affermare il suo diritto di autodeterminazione ex art. 2 Cost., potendo così derogare la norma dispositiva, posta a tutela di un interesse anche superindividuale, ma non indisponibile e, quindi, non prevalente; nel secondo caso, l’interesse del singolo soccombe dinanzi all’interesse di ordine pubblico, protetto dalla norma imperativa che rende indisponibile il diritto da essa tutelato. Alla luce di tale distinzione, per determinare l’arbitrabilità delle controversie insorte tra soci e società, occorre esaminare se gli interessi coinvolti riguardano i soci come singoli oppure si riferiscono unicamente alla società, tutelata dalla legge in quanto tale: nella prima ipotesi, la controversia è liberamente arbitrabile, sulla base del presupposto che ogni socio può disporre liberamente dei diritti oggetto della disputa, in quanto il ricorrente agisce uti singulus; nella seconda ipotesi, l’arbitrabilità è fermamente negata a causa dell’indisponibilità del diritto coinvolto. L’azione, in questo caso, è proposta dal socio uti socius, nell’interesse sociale che corrisponde non alla sommatoria, ma alla sintesi di tutti individuali connessi dal vincolo sociale identificabile nell’unicità dello scopo dal quale trae origine la compagine stessa.

Gli artt. 34, co. 1, e 35, co. 5, D.Lgs. n. 5/2003, affermano, in materia di validità di delibere assembleari, la competenza degli arbitri a pronunciare provvedimenti cautelari interlocutori di sospensione delle delibere aventi ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale nelle controversie tra i soci e la società. Ad ogni modo, la sospensione cautelare del provvedimento impugnato può essere richiesta al Tribunale secondo le norme ordinarie con ruolo vicario e suppletivo, tutte le volte in cui, in concreto, gli arbitri non abbiano la possibilità di intervenire efficacemente con l’esercizio del potere cautelare (ad es., per la mancata instaurazione del procedimento arbitrale o a causa dei tempi tecnici di costituzione dell’organo), al fine di garantire agli interessati la piena e concreta fruizione del diritto di agire in giudizio ex art. 24 Cost. (norma di cui l’effettività della tutela cautelare costituisce componente essenziale ed immanente al fine di evitare che la durata del processo si risolva in un danno della parte che ha ragione).

In tema di sospensione dell’esecuzione delle delibere assunte dall’assemblea di una società consortile a responsabilità limitata trova applicazione il disposto, di cui all’art. 2479-ter, co. 4, c.c. e 2378, co. 3, c.c. che prevede, quale rimedio tipico destinato ad ottenere un provvedimento cautelare, che l’istanza di sospensione di una deliberazione assembleare deve essere necessariamente proposta “in corso di causa” o, quanto meno, contestualmente alla proposizione della domanda di merito con la quale si chiede di dichiarare la nullità o annullare la deliberazione assunta. In questa prospettiva, l’esistenza di un rimedio tipico, previsto dall’art. 2378, co. 3 c.c., esclude in radice l’esperibilità del rimedio dell’art. 700 c.p.c.

3 Dicembre 2021

Nomina del curatore speciale ex art. 78 c.p.c.

Non sussiste conflitto di interessi rilevante allorché il socio che sia anche amministratore abbia espresso il proprio voto determinante a favore della deliberazione relativa al suo compenso, atteso che egli legittimamente può avvalersi del proprio diritto di voto per realizzare (anche) un proprio fine personale, salvo non si accerti che attraverso il voto egli abbia sacrificato a proprio favore l’interesse sociale.

Pertanto, va esclusa la sussistenza di un conflitto rilevante sia nel momento genetico-negoziale dell’adozione della delibera sia in sede processuale, costituendo la valutazione del pregiudizio sociale un posterius di fatto indifferente rispetto alle valutazioni da svolgere sul piano processuale del conflitto di interessi a tal fine rilevante.

8 Novembre 2021

Impugnazione di delibere assembleari e consiliari di s.r.l.

E’ legittimato ad impugnare la delibera assembleare in relazione all’attribuzione delle deleghe agli amministratori di s.r.l. il socio amministratore che, avendo votato in assemblea a favore della proposta alternativa a quella in seguito approvata, non ha espresso voto favorevole alla deliberazione impugnata ed è quindi socio dissenziente giusto il disposto dell’art. 2479-ter, co. 1 c.c.

Stante l’incompatibilità ex art. 18 lett. c), l. n. 247/2012, se un avvocato viene nominato amministratore unico o amministratore delegato di società di capitali e accetta l’incarico si potrebbe porre, qualora dovessero ricorrere tutti i presupposti stabiliti dalla Corte di legittimità, in contrasto con la legge professionale. Tuttavia, la delibera della società di conferimento dell’incarico sociale non viola la legge e non è illegittima, salvo diversa disposizione della statuto della società. Si tratta, pertanto, di incompatibilità all’esercizio della professione forense da parte di chi sia stato nominato amministratore con deleghe in una società commerciale e non di incompatibilità endosocietaria a svolgere la carica di amministratore a chi sia anche avvocato. Infatti, ciò che comporta la violazione di quella legge non è la delibera assembleare di nomina quale amministratore con deleghe di chi sia avvocato, ma eventualmente la condotta dell’avvocato che, accettando l’incarico a determinate condizioni, cumula l’esercizio della professione legale con il mandato di amministratore in violazione della legge sull’ordinamento professionale forense.

L’art. 2389, ultimo comma c.c. va interpretato nel senso che, se lo statuto della società prevede che l’incarico di amministratore sia a titolo oneroso, è l’assemblea dei soci che determina l’importo complessivo della remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche.

Ai fini della dichiarazione di invalidità per conflitto di interessi e abuso della maggioranza in danno del socio minoritario, nel loro effetto combinato, delle delibere assembleari su attribuzione delle deleghe e determinazione complessiva dei compensi degli amministratori e consiliari sulla ripartizione di quei compensi, il socio amministratore deve dimostrare la sussistenza di elementi concludenti circa la natura abusiva delle delibere nei loro effetti combinati, provando: (i) l’irragionevolezza della distribuzione delle deleghe all’interno del CdA, (ii) la abnormità del compenso attribuito dalla assemblea all’organo amministrativo, e (iii) l’incongruità della ripartizione del compenso tra gli amministratori.

10 Agosto 2021

Sulla decorrenza del termine per l’impugnazione della delibera di S.p.A. in caso di azioni sequestrate e sul termine per la tutela risarcitoria

I termini ristretti per impugnare le delibere societarie (rispettivamente 180 giorni nei casi nullità ex art. 2379 c.c. e 90 giorni nei casi di annullabilità ex art. 2377) sono disposti a tutela della stabilità delle decisioni societarie e, pertanto, con riferimento al termine di 90 giorni con cui far valere il vizio di annullabilità della delibera per la violazione del diritto di opzione ex art. 2441, va rilevato che esso decorre, a pena di decadenza, anche in pendenza di sequestro e poi confisca di prevenzione delle azioni della S.p.A., durante i quali, peraltro, l’esercizio dei diritti sociali non è sospeso ma è affidato all’amministratore giudiziario. Le ipotesi di sospensione e interruzione di tale termine sono tassative ai sensi dell’art. 2941 c.c. e, per questo, non suscettibili di interpretazione analogica, ferma restando la tutela risarcitoria esperibile nel termine quinquennale ai sensi dell’art. 2949 c.c., risultando le norme dell’art. 2377 comma 8, dell’art. 2378 comma II, in tema di delibere annullabili, e dell’art. 2379 ter, ultimo comma c.c., in tema di delibere nulle, l’espressione del generale diritto alla tutela risarcitoria, che assicura il ristoro del pregiudizio subito dall’altrui condotta quando non sia prevista (o non sia più esperibile) una tutela in forma specifica; il il breve termine di novanta giorni per la delibera annullabile deve ritenersi previsto a pena di decadenza soltanto per l’impugnazione della delibera, mentre l’eventuale tutela risarcitoria va azionata negli ordinari termini che, in materia societaria, sono soggetti alla prescrizione quinquennale ex art. 2949 c.c.

19 Luglio 2021

Curatore speciale: non è necessaria la nomina se la delibera impugnata è stata sostituita da un’altra

Nella fase di merito di un giudizio di impugnazione di una delibera assembleare non è necessaria la nomina di un curatore speciale della società, sebbene già nominato nella precedente fase cautelare, qualora sia intervenuta l’adozione di una nuova delibera sostitutiva di quella impugnata che non sia oggetto di sospensione o impugnazione. L’adozione di una delibera sostitutiva ai sensi dell’art. 2377, c. 8, c.c. – a differenza della fase cautelare in cui tale delibera non era intervenuta – legittima il Presidente del C.d.A. a rappresentare la società, dovendosi escludere in concreto la ricorrenza del conflitto di interessi.

28 Maggio 2021

La mancata approvazione da parte dell’assemblea speciale di una delibera pregiudizievole per una categoria di soci

Il fatto che una delibera dell’assemblea ordinaria pregiudichi i diritti di una categoria di soci, può condizionarne la validità al rispetto della disciplina di cui all’art. 2376 c.c., ma non la trasforma in ciò che non è e non pretende di essere. Secondo la giurisprudenza, la mancata approvazione della delibera pregiudizievole per una categoria di soci da parte dell’assemblea speciale può dar luogo ad annullabilità, ma non a nullità della delibera. L’annullabilità degli atti negoziali, a differenza della nullità, non è questione che possa essere introdotta in ogni fase del processo o che possa essere rilevata d’ufficio.