Arbitrato irrituale: compromettibilità delle controversie societarie e motivi di impugnazione
Le disposizioni relative all’impugnazione delle determinazioni di una società non annoverano mai tra i soggetti legittimati all’impugnazione la società da cui tale deliberazione promana, ma attribuiscono la legittimazione ai soci assenti o dissenzienti in assemblea e/o agli amministratori o sindaci e/o a terzi interessati, mentre la società è legittimata passiva nel giudizio di impugnazione, proprio perché da essa promana la manifestazione di volontà che è oggetto dell’impugnazione, e sarebbe quindi inammissibile attribuirle la legittimazione ad insorgere giudizialmente contro la sua stessa volontà. La società attrice è, dunque, carente di legittimazione in ordine alla domanda che miri alla nullità di clausole del proprio stesso statuto, che la maggioranza dei soci, ove ritenga, può autonomamente modificare.
Il giudice è tenuto in ogni caso a esaminare e interpretare quale sia stata la volontà dei compromettenti circa la qualificazione giuridica della clausola compromissoria, valutando complessivamente il patto compromissorio stesso e applicando le regole di ermeneutica dettate dagli artt. 1362 ss. c.c., al fine di accertarne la natura e la validità. La clausola di arbitrato irrituale consiste in una normale clausola negoziale, con la quale le parti hanno inteso non già derogare alla giurisdizione, ma conferire un mandato negoziale ad un terzo incaricato di comporre una lite, sostituendosi alla volontà dei contraenti, mediante composizione amichevole, conciliativa o transattiva, o mediante negozio giuridico di mero accertamento.
Con l’introduzione dell’art. 808 ter c.p.c., il legislatore ha inteso formalizzare i possibili motivi di impugnazione del lodo irrituale, cristallizzandoli in un elenco tassativo. Nell’arbitrato irrituale – attesa la sua natura volta a integrare una manifestazione di volontà negoziale sostitutiva di quella delle parti in conflitto – il lodo è impugnabile soltanto per i vizi che possono vulnerare una simile manifestazione di volontà, con conseguente esclusione dell’impugnazione per nullità prevista dall’art. 828 c.p.c.; pertanto, l’errore del giudizio arbitrale deducibile in sede di impugnazione deve, per essere rilevante, integrare gli estremi della essenzialità e riconoscibilità di cui agli artt. 1429 e 1431 c.c., mentre non rileva l’errore commesso dagli arbitri con riferimento alla determinazione adottata in base al convincimento raggiunto dopo aver interpretato ed esaminato gli elementi acquisiti. Il lodo arbitrale irrituale può dunque essere impugnato solo in presenza dei presupposti che consentono l’annullamento del contratto.
L’art. 36 del d.lgs. n. 5/2003 non vieta in via generale la compromettibilità in arbitrato irrituale delle controversie in materia societaria, né la loro decisione secondo equità da parte degli arbitri, ma pone un limite alla decisione equitativa nel caso in cui gli arbitri abbiano conosciuto questioni non compromettibili in arbitrato e quelle afferenti alla validità delle delibere assembleari. Le controversie in materia societaria possono, in linea generale, formare oggetto di compromesso, con esclusione di quelle che hanno ad oggetto interessi della società che concernono la violazione di norme poste a tutela dell’interesse collettivo dei soci o dei terzi. A tal fine, peraltro, l’area della indisponibilità deve ritenersi circoscritta a quegli interessi protetti da norme inderogabili, la cui violazione determina una reazione dell’ordinamento svincolata da qualsivoglia iniziativa di parte, quali: le norme dirette a garantire la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio; l’azione di revoca per giusta causa di un amministratore di società in accomandita semplice ex art. 2259 c.c., in relazione agli artt. 2315 e 2293 c.c.; le controversie relative all’impugnazione di deliberazioni assembleari di società aventi oggetto illecito o impossibile, le quali danno luogo a nullità rilevabili anche d’ufficio dal giudice.
Sui motivi di impugnazione del lodo arbitrale irrituale
Nell’arbitrato irrituale, attesa la sua natura volta ad integrare una manifestazione di volontà negoziale sostitutiva di quella delle parti in conflitto, il lodo è impugnabile soltanto per i vizi che possono vulnerare simile manifestazione di volontà, con conseguente esclusione dell’impugnazione per nullità prevista dall’art. 828 c.p.c. Pertanto, l’errore del giudizio arbitrale, deducibile in sede di impugnazione, per essere rilevante, deve integrare gli estremi della essenzialità e riconoscibilità di cui agli artt. 1429 e 1431 c.c., mentre non rileva l’errore commesso dagli arbitri con riferimento alla determinazione adottata in base al convincimento raggiunto dopo aver interpretato ed esaminato gli elementi acquisiti.
La violazione dei limiti del mandato conferito agli arbitri rileva ai fini della impugnazione del lodo ai sensi dell’art. 1429 c.c., cioè come errore che abbia inficiato la volontà contrattuale espressa dagli arbitri.
La parte che domanda l’annullamento del contratto per errore essenziale sulle qualità del bene ha l’onere di dedurre e provare, in caso di contestazione, i fatti dai quali tale qualità risulta, nonché l’essenzialità dell’errore e la sua riconoscibilità dalla controparte con l’uso dell’ordinaria diligenza, mentre la scusabilità dell’errore che abbia viziato la volontà del contraente al momento della conclusione del contratto è irrilevante ai fini dell’azione di annullamento, poiché deve aversi riguardo alla riconoscibilità dell’errore da parte dell’altro contraente.
Sull’inammissibilità dell’impugnazione di lodo arbitrale irrituale
Nell’arbitrato irrituale la violazione da parte del collegio arbitrale delle obbligazioni derivanti dal contratto di mandato, intercorrente con le parti, costituita dall’omesso esame di una doglianza avanzata da una delle parti non determina alcuna invalidità del lodo, ma semmai il sorgere di un obbligo risarcitorio a carico del collegio arbitrale in favore della parte danneggiata.
Nell’impugnativa di lodo reso all’esito di arbitrato irrituale è rilevante solo l’errore di fatto essenziale, che abbia inficiato la volontà degli arbitri per effetto di una falsa rappresentazione e di un’alterata percezione della realtà e degli elementi di fatto sottoposti al loro esame, che si verifica allorquando gli arbitri non abbiano preso visione degli elementi della controversia o ne abbiano supposti altri inesistenti, ovvero abbiano dato come contestati fatti pacifici o viceversa. Di contro, deve escludersi ogni impugnativa per errori di diritto, ovvero per errori di giudizio anche con riferimento alla valutazione degli elementi probatori acquisiti, ovvero in ordine all’idoneità della decisione adottata a comporre la controversia, trattandosi di censure inidonee a giustificare l’annullamento del contratto, e dunque del lodo.
Sull’impugnazione del lodo irrituale
L’annullamento del lodo emanato all’esito di un arbitrato irrituale deve essere domandato in via espressa e principale, non potendo le doglianze formulate nella prospettiva di ottenere la revoca del decreto ingiuntivo su di esso fondato provocare una decisione demolitoria del lodo medesimo.
Con l’introduzione dell’art. 808 ter c.p.c., il legislatore ha inteso formalizzare i possibili motivi di impugnazione del lodo irrituale, cristallizzandoli in un elenco tassativo e sottraendoli, quindi, all’individuazione ermeneutica della dottrina e della giurisprudenza. I motivi di impugnazione del lodo debbono, quindi, intendersi tassativamente indicati nella citata disposizione. Di conseguenza, non possono essere oggetto d’impugnazione né l’eventuale violazione del termine per il deposito del lodo, né le eventuali errate valutazioni nel merito da parte dell’arbitro.
Nel giudizio arbitrale inerente all’accertamento della responsabilità dell’amministratore per il danno subito dal socio non sussiste litisconsorzio necessario della società.
Impugnazione di lodo arbitrale irrituale previsto da clausola compromissoria anteriore al 3 marzo 2006
All’impugnazione del lodo arbitrale irrituale previsto da clausola compromissoria inserita nello statuto sociale in epoca anteriore al 3 marzo 2006, data di entrata in vigore del decreto legislativo 2 febbraio 2006 n. 40, non si applica il predetto decreto legislativo e dunque tanto meno l’art. 808 ter c.p.c., ma sulla base dei principi elaborati dalla giurisprudenza prima della riforma, il lodo arbitrale irrituale è impugnabile solo per i vizi che possano vulnerare ogni manifestazione di volontà negoziale, come l’errore, la violenza, il dolo, l’incapacità delle parti che hanno conferito l’incarico o dell’arbitro stesso. (Cfr. Cass. n. 13899/2014) [ LEGGI TUTTO ]