Azione di responsabilità contro gli amministratori e violazione dei doveri di lealtà e diligenza
In tema di azione di responsabilità promossa contro gli amministratori di un società, l’attore che agisce in giudizio per far valere ex art. 2476 c.c. la responsabilità di costoro, non può limitarsi ad invocare genericamente il compimento da parte degli stessi di atti di mala gestio, ma è tenuto ad allegare le condotte presupposto della responsabilità e a provare la violazione da parte degli amministratori dei doveri ad essi imposti dalla legge e/o dell’atto costitutivo della società, nonché la sussistenza di un nesso di causalità tra la violazione e il danno verificatosi. Qualora i comportamenti degli amministratori non siano in sé vietati dalla legge o dallo statuto ma siano violativi dei doveri generali di lealtà e diligenza, l’attore ha altresì l’onere di fornire la prova di quegli elementi di contesto che dimostrino che la condotta dell’amministratore ne costituisca l’inadempimento.
Responsabilità dell’amministratore di S.r.l. ex art. 2476: l’inadempimento ingiustificato non è necessariamente sinonimo di dolosa preordinazione del debitore
Nell’ipotesi di inadempimento non giustificato da parte di una società a responsabilità limitata, ai fini dell’applicazione dell’art. 2476 comma 7 c.c. – quale specificazione dell’art. 2043 c.c. – è necessario allegare la prova della dolosa preordinazione da parte dell’amministratore della società inadempiente perché si configurino gli estremi dell’insolvenza fraudolenta: tale fattispecie richiede che il soggetto agente abbia contratto un’obbligazione con il proposito di non adempierla, dissimulando il proprio stato di insolvenza. A tal scopo, nel caso di specie non è stato sufficiente, per il creditore, allegare le perdite accumulate ed il conseguente fallimento della società debitrice, perché non si può ritenere che l’amministratore intendesse impedire l’operatività dell’azienda sin dalla stipula del contratto oggetto di contestazione. Non è possibile affermare, in termini generali, che dietro ad ogni inadempimento ingiustificato debba necessariamente diagnosticarsi la presenza di una dolosa preordinazione da parte del debitore.
In caso di azione di responsabilità ex art. 2476 comma 6 c.c., va dimostrato il nesso causale tra il danno lamentato da parte attrice e le condotte tenute da parte dell’amministratore della società debitrice, allegando la prova dell’azzeramento del patrimonio, quale elemento rilevante ai fini della responsabilità. Nel caso in esame, è stato ritenuto non sufficiente allegare le violazioni degli artt. 2482-ter, 2484, 2485 e 2486 c.c., oltre che del mancato deposito dei bilanci e delle relazioni previste per legge, successive alla stipulazione del contratto fonte dell’inadempimento, in quanto non vi è alcuna prova del fatto che, in caso di tempestiva liquidazione della società, il credito sarebbe stato soddisfatto. L’aggravamento delle perdite non è stato sufficiente a dimostrare il nesso causale con il danno lamentato da parte attrice, posto che tale condotta non ha reso il patrimonio insufficiente al soddisfacimento del credito, essendo questo già insufficiente prima che si consumassero le violazioni allegate.
Questioni in materia di contratto di edizione musicale
Contratti preliminari di compravendita di quote funzionalmente collegati e responsabilità del promittente venditore
Nell’ipotesi di pluralità di contratti preliminari di cessione di quote stipulati in vista della realizzazione di un’operazione unitaria, l’inadempimento ingiustificato di uno dei promittenti venditori, qualora determini la caducazione degli altri contratti collegati per scioglimento del vincolo negoziale da parte del promissario acquirente, è fonte di responsabilità contrattuale non solo verso quest’ultimo, ma anche verso gli altri promittenti venditori, in virtù di un accordo tacito sussistente tra i medesimi volto alla vendita congiunta delle rispettive quote.
Eccezione di inadempimento, buona fede oggettiva e compenso dell’amministratore
L’eccezione di inadempimento ai sensi dell’art. 1460 c.c., che consente a chi sia tenuto ad una prestazione di rifiutare l’adempimento deducendo l’inadempimento altrui, è soggetta al presupposto che il rifiuto di adempiere dell’eccipiente non sia contrario a buona fede “avuto riguardo alle circostanze”. La buona fede di cui all’art. 1460 comma 2 c.c. è intesa in senso oggettivo, cioè una condotta qualificabile come corretta alla stregua dell’idem sentire comune; la reazione della parte eccipiente all’inadempimento altrui deve essere proporzionata e la sua prestazione di cui si vuole liberare con l’eccezione deve porsi in rapporto di sinallagmaticità con la prestazione dedotta come inadempiuta dalla controparte contrattuale (nella specie viene rigettata l’opposizione della società che si rifiutava di saldare il compenso dell’amministratore sollevando eccezioni di inadempimento per fatti di pretesa responsabilità risalenti nel tempo).
Il curatore che agisce in giudizio per l’adempimento di un contratto stipulato prima del fallimento non è un terzo
Il curatore fallimentare, allorchè agisca in giudizio per ottenere l’adempimento di un contratto stipulato dall’imprenditore prima del fallimento, rappresenta il fallito, nella cui posizione egli subentra, e non la massa dei creditori. Di conseguenza, il curatore non è un terzo e non può far valere l’inopponibilità ad esso delle pattuizioni intervenute tra le parti prima del fallimento invocando la mancanza di data certa sul documento ai sensi dell’art. 2704 c.c.
Il mancato pagamento delle royalties integra giusta causa di recesso dal contratto di licenza per l’uso del nome e del relativo marchio
Nell’ambito di un contratto di licenza per l’uso del nome del licenziante e del relativo marchio, si deve considerare giusta causa di recesso il mancato pagamento delle royalties maturate (e non contestate) secondo quanto previsto dalle parti. Integrano giusta causa di recesso anche l’inadempimento degli obblighi di rendicontazione delle royalties maturate e degli obblighi di trasmissione della documentazione fiscale.
Somme sottratte dal socio-amministratore unico
Le somme delle quali il socio-amministratore unico priva la società (mediante versamento sul proprio conto corrente) sono da considerarsi quali finanziamenti verso soci se risultano contabilizzate a tale titolo mentre costituiscono comportamento distrattivo qualora siano del tutto prive di una giustificazione contabile. Pertanto, il socio-amministratore unico, nel primo caso è tenuto a rimborsare tali somme a titolo di adempimento del contratto di finanziamento; viceversa, nel secondo caso – ferme restando ulteriori possibili conseguenze di natura penale – dovrà corrispondere le somme sottratte a titolo di risarcimento da inadempimento. [Nel caso di specie, il Fallimento di una S.r.l. aveva agito nei confronti del socio-amministratore unico, chiedendone la condanna al pagamento della somma sottratta a titolo di restituzione del finanziamento erogato e, in subordine, a titolo di risarcimento del danno].
Preteso inadempimento di contratto di distribuzione cinematografica
La tolleranza delle parti rispetto a un inadempimento porta a qualificarlo come non grave e, quindi, non idoneo a determinare la risoluzione del contratto.
Responsabilità precontrattuale, obblighi di correttezza e buona fede in pendenza di trattative finalizzate alla stipulazione di un contratto di cessione di un ramo d’azienda
La pacifica applicazione dell’art. 1223 c.c. anche all’ipotesi di responsabilità da contatto qualificato determina il diritto del danneggiato al ristoro del pregiudizio subito sia nella forma del danno emergente che del lucro cessante. Tuttavia, la peculiarità dell’illecito e le caratteristiche della responsabilità precontrattuale, la quale, nel caso di ingiustificato recesso dalla trattativa, postula il coordinamento tra il principio secondo cui il vincolo negoziale sorge solo con la stipulazione del contratto e il principio secondo cui le negoziazioni devono svolgersi correttamente, comportano alcune particolarità in tema di determinazione del danno. Infatti, non essendo stato stipulato il contratto e non essendovi stata lesione dei diritti che dallo stesso sarebbero nati, non può essere dovuto un risarcimento equivalente a quello conseguente all’inadempimento contrattuale, mentre essendosi verificata la lesione dell’interesse al corretto svolgimento delle trattative, il danno risarcibile è unicamente quello consistente nelle perdite che sono derivate dall’affidamento nella conclusione del contratto e nei mancati guadagni verificatisi in conseguenza delle altre occasioni contrattuali perdute (c.d. ‘interesse negativo’). L’ammontare del danno va parametrato non già alla conclusione del contratto bensì al c.d. interesse contrattuale negativo che copre sia il danno emergente, ovvero le spese sostenute, che il lucro cessante, da intendersi, però, non come mancato guadagno rispetto al contratto non eseguito ma in riferimento ad altre occasioni di contratto che la parte allega di avere perso.