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21 Marzo 2024

Recesso dal contratto preliminare di cessione di partecipazioni

Ai sensi di cui all’art. 1385 c.c., alla dazione a titolo di caparra confirmatoria di una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili consegue l’attribuzione, alla parte non inadempiente, del diritto potestativo di sciogliersi dal contratto a fronte dell’inadempimento di non scarsa importanza e colpevole della controparte, nonché del diritto di ritenere la caparra qualora la parte non inadempiente l’abbia ricevuta, ovvero del diritto di ottenere il pagamento del doppio qualora la parte non inadempiente l’abbia corrisposta. Il diritto di recesso è una forma di risoluzione stragiudiziale del contratto, che presuppone pur sempre l’inadempimento della controparte avente i medesimi caratteri dell’inadempimento che giustifica la risoluzione giudiziale: esso costituisce null’altro che uno speciale strumento di risoluzione negoziale per giusta causa, alla quale lo accomunano tanto i presupposti (l’inadempimento della controparte) quanto le conseguenze (la caducazione ex tunc degli effetti del contratto). Il recesso dal contratto e la ritenzione della caparra possono essere proposte anche nel caso in cui si sia già verificata la risoluzione del contratto per una delle cause previste dalla legge (artt. 1454, 1455 e 1457 c.c.), dato che rientra nell’autonomia privata la facoltà di rinunciare agli effetti della risoluzione del contratto per inadempimento.

In tema di contratto preliminare di compravendita, il termine stabilito per la stipulazione del contratto definitivo non costituisce normalmente un termine essenziale, il cui mancato rispetto legittimi la dichiarazione di scioglimento del contratto, potendo il termine di adempimento reputarsi essenziale, ai sensi dell’art. 1457 c.c., solo quando, alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere che, decorso inutilmente il termine, l’utilità che essi intendevano conseguire dal contratto sia ormai perduta. L’essenzialità del termine per l’adempimento non può essere desunta solo dall’uso dell’espressione “entro e non oltre”, riferita al tempo di esecuzione della prestazione, ma implica un accertamento da cui emerga chiaramente, alla stregua dell’oggetto del negozio o di specifiche indicazioni delle parti, che queste abbiano inteso considerare appunto perduta, decorso quel lasso di tempo, l’utilità prefissatasi.

Nel sistema delineato dagli artt. 52 e 93 e ss. l. fall. qualsiasi ragione di credito nei confronti della procedura fallimentare deve essere dedotta, nel rispetto della regola del concorso, con le forme dell’insinuazione al passivo, con la conseguenza che la domanda diretta all’accertamento di un proprio credito nei confronti del fallimento deve essere dichiarata inammissibile (o improcedibile se era stata formulata prima della dichiarazione di fallimento e riassunta nei confronti del curatore) nel giudizio di cognizione ordinaria e può eventualmente essere proposta con domanda di ammissione al passivo su iniziativa del presunto creditore.

20 Luglio 2023

I limiti alla conversione del rito sommario in rito ordinario

Non è condivisibile l’orientamento secondo cui è possibile convertire il giudizio promosso con ricorso sommario ex art. 702 bis c.p.c. in rito ordinario, in virtù del principio di uguaglianza e di ragionevolezza ex art. 3 Cost. e, in particolare, del principio di strumentalità e di effettività della tutela giurisdizionale delle situazioni sostanziali che devono essere volte a favorire decisioni sul merito anziché in rito. Tale interpretazione è contraddetta dal tenore testuale del disposto di cui all’art. 702 bis c.p.c. nel quale è prevista l’inammissibilità del ricorso ogni qualvolta la domanda non rientri tra quelle indicate dalla medesima disposizione. Non è possibile ravvisare nemmeno una lesione dei principi costituzionali sopra richiamati attesa la ragionevolezza della disciplina che esclude, in toto e senza possibilità di convertire il rito, l’applicabilità del giudizio sommario di cognizione per le cause devolute al tribunale in composizione collegiale attesa la struttura complessa del procedimento devoluto al collegio.

Contestuale proposizione della domanda di risoluzione e di adempimento del contratto di cessione quote

La domanda di risoluzione del contratto di cessione quote e quella di adempimento sono due domande tra loro incompatibili, in quanto legate da un rapporto di pregiudizialità-dipendenza negativa, in conseguenza del quale l’accoglimento dell’una preclude l’accoglimento dell’altra. Rispetto ad esse, dunque, non è in alcun modo configurabile un nesso di accessorietà. Di conseguenza, qualora il creditore proponga contestualmente alla domanda di risoluzione, quella di adempimento (del medesimo contratto), formulando tale ultima domanda in via accessoria rispetto alla prima, le domande devono essere rigettate in quanto inammissibili (non potendo peraltro il giudice effettuare una scelta che ex lege compete esclusivamente al creditore).

15 Marzo 2021

Requisiti dell’azione surrogatoria ex art. 2900 c.c.

Differentemente dall’azione revocatoria disciplinata dall’art. 2901 c.c., l’azione surrogatoria prevista all’art. 2900 c.c. costituisce un rimedio eccezionale, derogatorio della regola di cui all’art. 81 c.p.c. secondo cui nessuno può far valere nel processo, in nome proprio, un diritto altrui ed è pertanto applicabile nei soli casi e alle condizioni previste dalla legge, senza possibilità di applicazione estensiva. Conseguentemente, poiché l’art. 2900 c.c. prevede quale presupposto essenziale dell’azione in parola la sussistenza, in capo a chi agisce, della qualità di creditore, e dunque la sussistenza di un credito certo, non può ritenersi legittimato ad agire in surrogatoria chi vanta un credito non certo nella sua esistenza perché contestato nell’an e oggetto di accertamento giudiziale, il quale costituisce una mera aspettativa di fatto (e non di diritto) che si risolve nella speranza dell’accoglimento dell’azione proposta e perciò non consente di ritenere sussistente in capo a chi la vanta la attualità della qualità di creditore necessaria per agire in via surrogatoria.

Inoltre, il presupposto che legittima l’azione ex art. 2900 c.c. consiste nell’inerzia del debitore nell’esercizio dei diritti e delle azioni che gli spettano verso i terzi. Ne deriva che l’esperibilità dell’azione in surrogazione deve ritenersi esclusa in presenza di un qualsivoglia comportamento positivo posto in essere dal debitore che, ancorché lesivo delle aspettative del creditore, costituisca una manifestazione di volontà di gestione e non, invece, un indice di trascuratezza del proprio diritto. Conseguentemente, in assenza di allegazioni a supporto della lamentata inerzia, la mera intestazione fiduciaria di quote sociali non consente di fondare un giudizio di trascuranza in capo al fiduciario e, per l’effetto, non è di per sé idonea ad integrare il requisito dell’inerzia richiesto per l’ammissibilità dell’azione di surrogazione nei suoi confronti.

15 Novembre 2018

Inammissibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c. per ottenere la revoca di un amministratore di S.r.l.; “inconcepibilità” giuridica della revoca di un amministratore di fatto.

Quando è prevista, in relazione a una determinata fattispecie (“gravi irregolarità nella gestione della società”), una tutela cautelare tipica – qual è il ricorso per la revoca di amministratore di S.r.l. di cui all’art. 2476, comma 3°, c.c. – non è ammissibile una tutela cautelare atipica che tenda a ottenere un provvedimento cautelare che, adottando la cautela tipica, non sarebbe ammesso (cfr., in proposito, Trib. Milano, 20 settembre 2017; Trib. Milano 3 febbraio 2015; Trib. Ravenna, 25 novembre 2005). A ragionare altrimenti, infatti, si consentirebbe l’elusione di norme imperative: così è nel caso di specie considerando che parte ricorrente mira a conseguire con strumento atipico un risultato cautelare che, adottando lo strumento tipico, non sarebbe certamente ottenibile, cioè la nomina di un amministratore giudiziale alla società.

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3 Febbraio 2017

L’inammissibilità della domanda proposta ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c. per le controversie in materia di diritto d’autore

Posto che, ai sensi dell’art. 2 d. lgs 168/2003, le controversie in materia di diritto d’autore sono devolute alle sezioni specializzate e, pertanto, rientrano tra le cause nelle quali il tribunale giudica in composizione collegiale ex art. 50 bis primo comma c.p.c., la domanda proposta nelle forme di cui all’art. 702 bis c.p.c. [ LEGGI TUTTO ]