Principi in tema di intermediazione finanziaria ed offerta fuori sede
La violazione degli obblighi informativi relativi all’intermediazione di strumenti finanziari, integrando responsabilità precontrattuale o contrattuale, non può determinare – a meno che non sia espressamente previsto – l’invalidità dei contratti conclusi, essendo invece riconosciute soltanto conseguenze risarcitorie.
Nel caso di contratti d’investimento stipulati fuori della sede dell’intermediario, ai sensi dell’art. 30 t.u.f., la circostanza che la sola sottoscrizione del contratto sia avvenuta presso l’abitazione dell’investitore non è sufficiente per qualificare l’offerta come avvenuta “fuori sede”, occorrendo a tal fine che l’investimento sia stato sollecitato presso il domicilio dell’investitore da un promotore finanziario o da un dipendente della banca intermediaria, tale da sorprendere l’investitore ed indurlo ad aderire ad una proposta non meditata adeguatamente e così far ritenere che la decisione di investimento sia stata assunta fuori sede.
Il diritto di recesso, previsto in favore del risparmiatore dall’art. 30, comma 7, t.u.f., nell’ipotesi di contratti stipulati fuori sede, si applica sia nel caso di vendita di strumenti finanziari per i quali l’intermediario ha assunto un obbligo di collocamento nei confronti dell’emittente, sia nel caso di mera negoziazione di titoli.
Per escludere l’applicabilità della disciplina relativa all’offerta fuori sede di cui all’art. 30 t.u.f. non è sufficiente che l’avviso sul diritto di recesso spettante all’investitore sia inserito nel contratto quadro di investimento, neppure ove si assuma l’esistenza di un collegamento negoziale tra tale contratto e le schede di prenotazione dei successivi ordini di investimento, essendo invece necessario che l’avviso sia inserito nei singoli ordini che danno luogo al collocamento degli strumenti finanziari.
Accertata la nullità di un contratto d’investimento, il venir meno della causa giustificativa delle attribuzioni patrimoniali comporta l’applicazione della disciplina dell’indebito oggettivo, di cui agli artt. 2033 ss. c.c., con il conseguente sorgere dell’obbligo restitutorio reciproco, subordinato alla domanda di parte ed all’assolvimento degli oneri di allegazione e di prova, avente ad oggetto, da un lato, le somme versate dal cliente alla banca per eseguire l’operazione e, dall’altro lato, i titoli consegnati dalla banca al cliente e gli altri importi ricevuti a titolo di frutti civili o di corrispettivo per la rivendita a terzi, a norma dell’art. 2038 c.c., con conseguente applicazione della compensazione fra i reciproci debiti sino alla loro concorrenza.
La responsabilità del revisore per acquisti disinformati di strumenti finanziari da parte di investitori è di natura extracontrattuale, essendo evidente non solo la mancanza di contratto, ma anche la mancanza di contatto sociale qualificato tra revisore ed investitori, addirittura nemmeno identificabili al momento del deposito della relazione di revisione. Ne consegue che chi agisce in responsabilità deve allegare e provare: (i) quale sia stata la condotta del revisore; (ii) quali siano stati, in questa condotta, gli aspetti di violazione attiva od omissiva di norme di legge e/o dei principi di revisione; (iii) il danno subito; (iv) il nesso causale tra il comportamento negligente del revisore ed il danno.