Fideiussione omnibus e fideiussione specifica: violazione della normativa antitrust
Il contratto costituente un’ipotesi di fideiussione specifica non rientra nell’ambito di applicazione del provvedimento n. 55 del 2005 della Banca d’Italia, che ha dichiarato la contrarietà alla L. n. 287/90 degli artt. 2, 6, 8 dello schema ABI del 2002, riferito esclusivamente alle fideiussioni omnibus perfezionate sulla scorta di tale modello contrattuale.
In particolare, il provvedimento della Banca d’Italia evidenzia che la fideiussione omnibus presenta una funzione specifica e diversa da quella della fideiussione civile, volta a garantire una particolare tutela alle specificità del credito bancario, in considerazione della rilevanza dell’attività di concessione di finanziamenti in via professionale e sistematica agli operatori economici. È con riguardo a tale fattispecie contrattuale che la Banca d’Italia ha valutato come le clausole dello schema ABI (riguardante la fideiussione omnibus), di per sé lecite se inserite in fideiussioni specifiche, possono determinare effetti anticoncorrenziali, in senso ingiustificatamente sfavorevole alla clientela. La nullità non può colpire anche le fideiussioni specifiche, riproducenti lo schema ABI relativo alla fideiussione omnibus.
Con riguardo alle fideiussioni specifiche, non è sufficiente nemmeno l’allegazione di moduli contenenti le clausole censurate, predisposte da vari istituti di credito al fine della prova dell’illiceità dell’intesa “a monte”, in quanto la standardizzazione contrattuale non produce necessariamente effetti anticoncorrenziali, né costituisce elemento dirimente per accertare l’accordo illecito tra gli istituti di credito.
La prova semplificata derivante dalla conformità allo schema ABI riguarda solo le fideiussioni omnibus
L’oggetto dell’accertamento dell’intesa anticoncorrenziale nel provvedimento di Banca d’Italia del 2005 è costituito dalle condizioni generali della fideiussione c.d. omnibus, ossia di quella particolare garanzia personale di natura obbligatoria, in uso nei rapporti bancari, che per effetto della c.d. clausola estensiva impone al fideiussore il pagamento di tutti i debiti, presenti e futuri, assunti dal debitore principale entro un limite massimo predeterminato, ai sensi dell’art. 1938 c.c. Ciò significa che, qualora taluno si sia obbligato rispetto ad una fideiussione avente i caratteri su esposti, e così qualificata, potrà invocare la natura di prova privilegiata della decisione della Banca d’Italia del 2 maggio 2005 e porla a fondamento della sua invalidità, unitamente alla prova dell’applicazione uniforme. Lo stesso non vale, però, per le fideiussioni specifiche conformi allo schema ABI.
In assenza di alcun provvedimento di natura sanzionatoria emesso dall’Autorità di vigilanza competente (ora l’AGCM) che abbia accertato l’esistenza di un’intesa anticoncorrenziale in violazione dell’art. 2, comma 2, lettera a), della L. n. 287/90 relativa alla formulazione uniforme dei contratti di fideiussione a valere come prova c.d. privilegiata, l’onere probatorio relativo all’esistenza di un’intesa illecita all’epoca della stipula dei contratti di fideiussione grava interamente sulla parte attrice, che ne eccepisce la nullità per asserita violazione della normativa antitrust.
Nullità delle fideiussioni omnibus e non rilevanza dell’applicazione dello schema ABI alle fideiussioni specifiche
In materia di fideiussioni bancarie, il provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia (ratione temporis Autorità competente) assurge alla funzione di prova privilegiata della incompatibilità con le norme a tutela della concorrenza e del mercato della uniforme applicazione, da parte degli istituti bancari, di modelli contrattuali standardizzati contenti l’obbligo per il fideiussore di rimborsare la banca per le somme incassate in adempimento di obbligazioni garantite, se restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi (clausola c.d. di “reviviscenza”), la rinuncia ai termini dell’art. 1957 c.c. e l’estensione della fideiussione a garanzia dell’obbligo di restituzione delle somme comunque erogate nell’ipotesi in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide (clausola c.d. di “sopravvivenza”). Poiché tali clausole sono da considerarsi quale sbocco “a valle” e manifestazione sintomatica dell’intesa vietata “a monte”, producendo l’effetto di limitare la possibilità di scelta tra i prodotti concorrenti sul mercato, la parte che intenda invocare la tutela reale assolverebbe all’onere probatorio su di sé incombente allegando e producendo il contratto di fideiussione ed il provvedimento dell’Autorità, mentre il Collegio sarebbe chiamato a verificare la conformità delle clausole impugnate rispetto a quelle censurate dal decreto 55/2005, ritenendone accertata l’anticoncorrenzialità. Tali premesse e conseguenze sono tuttavia applicabili limitatamente alle fideiussioni omnibus ed entro i limiti temporali oggetto dell’istruttoria compiuta dalla Banca d’Italia (2002/2005).
L’accertamento condotto dall’Autorità Garante ha avuto ad oggetto le condizioni generali della fideiussione omnibus, con ciò intendendosi quella particolare garanzia di natura obbligatoria, in uso nei rapporti bancari, che per effetto della c.d. clausola estensiva impone al fideiussore il pagamento di tutti i debiti presenti e futuri che il debitore ha assunto entro un limite massimo predeterminato, ai sensi dell’art. 1398 c.c. La nullità non può colpire anche le fideiussioni specifiche, riproducenti lo schema ABI relativo alla fideiussione omnibus.
Onere probatorio e prova privilegiata nell’azione di nullità di fideiussione omnibus
Con riferimento alla situazione antecedente all’entrata in vigore dell’art. 7 d.lgs. n. 3 del 2017, nei giudizi promossi ai sensi dell’art. 33 della legge n. 287 del 1990 le conclusioni assunte dall’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, nonché le decisioni del giudice amministrativo che eventualmente abbiano confermato o riformato quelle decisioni, costituiscono una prova privilegiata, in relazione alla sussistenza del comportamento accertato o della posizione rivestita sul mercato e del suo eventuale abuso, anche se ciò non esclude la possibilità che le parti offrano prove a sostegno di tale accertamento o ad esso contrarie. Si tratta infatti di documentazione che, raccogliendo gli esiti di un’esaustiva istruttoria avente carattere definitivo, assume valore intrinseco di fonte probatoria privilegiata dell’illecito antitrust.
Al fine di valutare la validità ed efficacia delle clausole impugnate contenute in un contratto di fideiussione, il punto dirimente non attiene tanto alla diffusione di un modulo ABI da cui non fossero state espunte le nominate clausole, quanto alla coincidenza delle condizioni contrattuali col testo di uno schema contrattuale che potesse ritenersi espressivo della vietata intesa restrittiva. L’illiceità derivata dalle intese anticoncorrenziali a monte deve essere affermata se il contenuto delle stesse sia effettivamente trasposto nelle singole clausole dei contratti a valle, dovendosi pur sempre evitare il sillogismo secondo cui l’accertamento dell’intesa illecita comporterebbe in via automatica la nullità dei negozi conclusi tra le imprese aderenti al cartello e i singoli soggetti ad esso estranei.
Con il provvedimento n. 55 del 2005 la Banca d’Italia ha appurato che gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l’art. 2, co. 2, lett. a), l. 287/90, evidenziando in particolare come le verifiche compiute nel corso dell’istruttoria avessero mostrato, con riferimento alle clausole esaminate, la sostanziale uniformità dei contratti utilizzati dalle banche rispetto allo schema standard dell’ABI e come tale uniformità discendesse da una consolidata prassi bancaria preesistente rispetto allo schema dell’ABI (non ancora diffuso presso le associate), che potrebbe però essere perpetuata dall’effettiva introduzione di quest’ultimo.
In caso di controversia con caratteristiche stand alone – e cioè non direttamente fondata su fatti accertati in sede amministrativa di accertamento della violazione antitrust – l’onere probatorio volto a dare fondamento alla contestazione di intesa in relazione al disposto dell’art. 2 l. 287/90 ricade sulla parte che ha formulato la contestazione.
Nullità parziale di fideiussione omnibus per violazione di normativa antitrust: onere della prova
L’accesso alla tutela antitrust non è riservato alla sola categoria dei consumatori. Lo scopo della normativa antitrust di cui alla l. 287/1990 è quello di preservare e proteggere il funzionamento del mercato in senso oggettivo, in particolare dei valori della trasparenza e dalla correttezza, obiettivo che va ben oltre la tutela del singolo interesse individuale del soggetto che ha patito una lesione. Chiunque (consumatori, imprenditori, singoli utenti) può ritenersi vittima di illecito anticoncorrenziale e agire al fine di ottenere tutela reale (nullità), ricorrendone i presupposti.
In caso di accertamento dell’intesa anticoncorrenziale a monte dei contratti di fideiussioni omnibus per violazione all’art. 2, co. 2, lett. a), l. 287/90, nei contratti a valle si concretizza un regime di nullità parziale, in conformità al principio generale di conservazione del negozio giuridico. L’ipotesi di una nullità totale, quale possibile estensione della nullità di cui le clausole sono affette, rimane uno scenario eccezionale e di difficile verifica, rimesso completamente all’onere di allegazione, a carico della parte che ne ha interesse, di un quadro probatorio che dimostri l’essenzialità della componente viziata del negozio.
La mera produzione dello schema ABI e/o del provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia può avere un’esaustiva efficacia probatoria solo quando l’oggetto della controversia sia una fideiussione sottoscritta nel periodo sostanzialmente coincidente con l’istruttoria compiuta o comunque immediatamente successivo a tale accertamento. Al di fuori del perimetro temporale coincidente con l’arco di tempo in cui si è svolta l’istruttoria – o comunque esteso al periodo successivo immediatamente coincidente, in ipotesi ancora verosimilmente connesso all’attuazione di tali intese – e, dunque, nel caso di fideiussioni sottoscritte in un periodo marcatamente precedente o successivo al periodo ricompreso tra il 2002 e il maggio 2005, parte attrice è onerata dall’allegazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di illecito anticoncorrenziale di cui all’art. 2 l. 287/90, sia pure nei limiti in cui essa potrebbe dare conto della permanenza di tale intesa.
Onere della prova degli effetti anticoncorrenziali di clausole standardizzate inserite in fideiussioni specifiche
E’ infondata la domanda attorea richiedente la declaratoria della nullità dell’intero contratto di fideiussione specifica, e dunque non omnibus, per violazione dell’art. 2, co. 2, lett. a) e co. 3, l. n. 287/90 deducendo quale prova privilegiata a sostegno della natura anticoncorrenziale delle clausole il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 della Banca d’Italia, in quanto il detto provvedimento si riferisce al contrasto con la suddetta disposizione delle condizioni generali di contratto predisposte dall’ABI nel 2002 e applicate in modo uniforme per le fideiussioni omnibus a garanzia di operazioni bancarie.
Diversamente ai fini della prova degli effetti anticoncorrenziali di clausole standardizzate inserite in contratti di fideiussione specifica non è sufficiente l’allegazione dei moduli contenenti le clausole censurate ma la parte è gravata dall’onere della prova dell’esistenza di un’intesa anticoncorrenziale e del relativo effetto distorsivo sul mercato, quali indefettibili presupposti della richiesta di nullità della fideiussione.
La fideiussione omnibus e la violazione della normativa antitrust
La natura dell’accertamento cui è chiamato il tribunale nelle controversie antitrust, che è volto a verificare l’esistenza di un’intesa illecita a monte da cui discende la nullità dei contratti a valle, determina la competenza inderogabile della sezione specializzata in materia di impresa. L’effetto anticoncorrenziale di un’intesa restrittiva a monte si ripercuote su un contratto posto a valle stipulato anche tra due imprenditori, quali soggetti del mercato al pari dei consumatori.
Con il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 la Banca d’Italia ha concluso l’istruttoria circa la conformità all’art. 2, co. 2, lett. a), l. n. 287/90 delle condizioni generali di contratto, predisposte dall’ABI nel 2002, per le fideiussioni a garanzia delle operazioni bancarie affermando che gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l’articolo 2, co. 2, lett. a), l. n. 287/1990. L’oggetto dell’accertamento dell’intesa anticoncorrenziale nel provvedimento del 2005 è costituito dalle condizioni generali della sola fideiussione c.d. omnibus, ossia di quella particolare garanzia personale di natura obbligatoria, in uso nei rapporti bancari, che per effetto della c.d. clausola estensiva impone al fideiussore il pagamento di tutti i debiti, presenti e futuri, che il debitore principale ha assunto entro un limite massimo predeterminato, ai sensi dell’art. 1938 c.c. Ciò significa che, qualora taluno si sia obbligato rispetto ad una fideiussione avente i caratteri su esposti e così qualificata potrà invocare la natura di prova privilegiata della decisione della Banca d’Italia del 2 maggio 2005 e porla a fondamento della tutela richiesta, unitamente alla prova dell’applicazione uniforme.
Fideiussione ordinaria e onere probatorio in materia di illeciti antitrust
Ai fini dell’accertamento dell’illecito antitrust, sussiste l’onere di allegazione e dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, tra i quali rientra quello della stessa esistenza di un’intesa illecita all’epoca della sottoscrizione del contratto impugnato.
L’onere probatorio non è assolto qualora manchi la dimostrazione di un’intesa avente come oggetto o per effetto quello di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale attraverso la fissazione di specifiche condizioni contrattuali in materia di garanzie fideiussorie per operazioni specifiche.
La semplice presenza nei contratti di pattuizioni che derogano alle norme civilistiche menzionate in materia di fideiussione non possono di per se, in quanto norme pacificamente derogabili, determinare alcun illecito antitrust, posto che la condizione per ritenere integrata tale violazione delle regole del mercato è che la loro applicazione tendenzialmente uniforme e coordinata da parte degli operatori del settore determini come sua conseguenza una restrizione delle possibilità di scelta del consumatore.
Intese vietate dalla normativa antitrust: estensione della nullità delle singole clausole all’intero negozio fideiussorio
L’estensione all’intero contratto di fideiussione della nullità che colpisce la singola parte o la singola clausola ha portata eccezionale ed è a carico di chi ha interesse a far cadere del tutto l’assetto di interessi programmato fornire la prova dell’interdipendenza del resto del contratto dalla clausola o dalla parte nulla, restando precluso al giudice di rilevare d’ufficio l’effetto estensivo della nullità parziale all’intero contratto. Tale prova consiste nella dimostrazione che la porzione colpita da invalidità non ha un’esistenza autonoma, né persegue un risultato distinto, ma è in correlazione inscindibile con il resto, nel senso che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità.
Il provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia, che ha accertato la presenza di clausole idonee a restringere la concorrenza in seno allo schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana), vale quale prova privilegiata dell’illecito antitrust soltanto con riferimento alle fideiussioni prestate nel periodo di tempo oggetto di esame della Banca medesima. Al fine di accertare l’esistenza a monte di un’intesa vietata, grava sulla parte attrice l’onere dell’allegazione e della dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie d’illecito concorrenziale di cui all’art. 2 della legge n.287/90.
Nullità del contratto di fideiussione per violazione della disciplina in tema di intese anticoncorrenziali
L’estensione, per via interpretativa, alle fideiussioni “non omnibus” della nullità delle clausole oggetto del provvedimento n.55/2005 della Banca d’Italia – relativo alle sole fideiussioni omnibus e che, come noto, ha giudicato anticoncorrenziali alcune clausole presenti nello schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana) con la circolare serie tecnica n. 20 del 17 giugno 1987 – potrebbe, in ipotesi, cagionare la sola nullità parziale – limitata, appunto, a tali clausole – ma non anche la totale invalidità del negozio fideiussorio.
Il rimedio di cui al primo comma dell’art.1419 c.c. trova applicazione solo laddove l’assetto degli interessi negoziali venga pregiudicato dall’eliminazione di singole clausole nulle, al punto che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità.