Criteri di calcolo dell’equo premio in favore del dipendente-inventore: la formula tedesca
L’equo premio in favore del dipendente-inventore si caratterizza per il suo carattere straordinario in una controprestazione avente natura indennitaria che si fonda sul presupposto che il datore di lavoro si sia giovato di un effetto competitivo rispetto ai propri concorrenti sul medesimo mercato, rispetto al quale il dipendente inventore può derivare una forma di partecipazione in relazione alla redditività apportata dall’invenzione stessa in favore dell’azienda. A tal riguardo deve confermarsi l’utilità del ricorso alla cd. formula tedesca, in base alla quale appare possibile giungere alla determinazione di un valore di tale indennità che rimane comunque caratterizzata dalla sua natura intrinsecamente equitativa.
Il primo fattore rilevante della formula tedesca è il valore dei brevetti di cui è causa, individuato nella somma dei margini di utile maturati e maturandi fino alla scadenza di essi.
Tale valore è desumibile dai ricavi conseguiti dai singoli brevetti (e cioè dai relativi prodotti), posto che seppure la liquidazione dell’equo premio debba svolgersi in via sostanzialmente equitativa, tuttavia non potrebbe prescindersi dall’identificare una base di partenza di valori per quanto possibile aderente alla reale estensione della commercializzazione svolta e di quella verosimilmente attendibile per il tempo di sfruttamento residuo per quei brevetti ancora in vigore. Per ciò che attiene al margine di utile conseguito (e conseguibile) su detti ricavi, in caso di mancanza di documentazione certa è possibile applicare la cd. 25% rule – regola empirica, dedotta dall’esperienza dei professionisti nel campo del licensing, che rileva che i tassi di royalty tenderebbero statisticamente a concentrarsi su valori collocati attorno al 25% dell’utile riferibile ai prodotti brevettati.
Il valore ottenuto deve essere corretto e ridotto applicando il cd. Fattore C (abbattimento a scaglione del valore più elevato) e il fattore R (dalla somma innanzi ottenuta deve essere corrisposta al dipendente inventore una percentuale compresa fra il 12,5% e il 33%, con la precisazione che un tasso del 20% viene considerato il valore normale).
Deve poi applicarsi il fattore P della formula tedesca, teso a ridurre la quota di valore dell’invenzione riconoscibile al dipendente sulla base dell’analisi delle tre componenti di cui il fattore stesso è formato e cioè: posizione del problema, cui viene attribuito un valore da 1 a 6, soluzione del problema, cui viene attribuito un valore da 1 a 6; mansioni svolte e posizione occupata nell’impresa dal dipendente inventore, cui viene attribuito un valore da 1 a 8.
Laddove non sia possibile calcolare gli utili (anche in maniera ipotetica) derivanti dallo sfruttamento di un brevetto non troverà applicazione la c.d. formula tedesca, bensì una valutazione equitativa che valorizzi gli effetti positivi in favore dell’azienda derivanti dallo sfruttamento di un’area di esclusiva nei confronti dei terzi garantita dalla mera titolarità del brevetto.
Nullità brevettuale e invenzione del dipendente
Il brevetto è nullo ex art.52, 2°c., cpi, quando l’invenzione non è descritta in modo sufficientemente chiaro e completo da consentire alla persona esperta del ramo di attuarla.
Ai sensi dell’art.64, 6°c., cpi, si considera fatta nell’esecuzione del rapporto di lavoro – o in via analogica dal socio nella permanenza del rapporto sociale – l’invenzione industriale per la quale sia chiesto il brevetto entro un anno da quando l’inventore ha lasciato l’azienda nel cui campo di attività l’invenzione rientra.
Sul socio inventore grava l’onere di provare che l’invenzione è stata realizzata anteriormente all’acquisizione della qualità di socio.
Invenzione di servizio e invenzioni d’azienda
L’invenzione di servizio sussiste ove l’attività inventiva venga compiuta in adempimento di un rapporto di lavoro che preveda l’invenzione quale oggetto e a tale scopo statuisca una specifica retribuzione. In questo caso i diritti derivanti dal trovato appartengono al datore di lavoro, salvo il diritto spettante al dipendente di esserne riconosciuto autore. Si ha, invece, l’invenzione d’azienda ove il contratto stipulato tra le parti non disponga un compenso a fronte dell’eventuale attività creativa. Nell’invenzione di azienda l’attività inventiva è realizzata nell’esecuzione delle obbligazioni derivanti da un contratto di lavoro e in assenza di qualsivoglia retribuzione quale corrispettivo causalmente connesso. Nella anzidetta ipotesi, fatti salvi i diritti morali, spetta un equo premio. Entrambe le invenzioni presuppongono lo svolgimento da parte del dipendente di una attività lavorativa di ricerca volta all’invenzione, ma si distinguono a seconda della presenza o meno di un’esplicita previsione contrattuale concernente una speciale retribuzione costituente corrispettivo dell’attività inventiva (in termini, Tribunale di Milano, 10429/2015).
Nel distinguere tra invenzione di servizio e invenzione d’azienda occorre innanzitutto verificare, in un’ottica ex ante (cfr. Cass. 6367/2011), se la prestazione richiesta al dipendente consista o meno nel perseguimento di un risultato inventivo, vale a dire se l’attività inventiva sia prevista come oggetto del rapporto. Ciò nel solco di consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo il cui insegnamento il discrimine concreto tra le due fattispecie “sta proprio nel fatto che oggetto del contratto sia l’attività inventiva, cioè il particolare impegno per raggiungere un risultato prefigurato dalle parti, dotato dei requisiti della brevettabilità stabiliti dalla legge, e che, a tale scopo sia prevista una retribuzione” (Cass. 6367/2011, con richiamo espresso di precedenti conformi).
In caso di contestazione del computo dell’equo premio dovuto al dipendente l’asserita riconducibilità dell’invenzione ad un team postula l’assolvimento da parte della convenuta ad un rigoroso onere di allegazione e prova delle modalità operative e dei compiti del gruppo di ricerca e della realizzazione da parte di soggetti diversi dall’attore di una attività qualitativamente idonea a consentire di qualificarli come coautori dell’invenzione.
In difetto di un’intesa tra le parti la determinazione del premio è rimessa ad un collegio di arbitratori, in conformità al disposto dell’art. 64 IV e V comma c.p.i.
Rapporto di parasubordinazione e disciplina dell’invenzione dei dipendenti
La categoria dei rapporti di parasubordinazione di cui all’art. 409 n. 3 c.p.c. ha rilievo ai soli fini processuali, il che comporta che non sono estesi a essi tutti gli istituti sostanziali propri del rapporto di lavoro subordinato, salvo i casi di diversa previsione espressa di legge, con la conseguenza che, non essendoci una previsione normativa che disponga l’applicazione dell’art. 64 c.p.i. ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per l’attività prestata come “co.co.co.” l’equo premio non può essere riconosciuto.
L’attività posta in essere come amministratore non può essere ricondotta al rapporto di parasubordinazione e non è assoggettabile alle disposizioni dell’art. 64 c.p.i..
La corresponsione al lavoratore di una retribuzione accresciuta rispetto alla categoria di appartenenza è uno dei possibili indici della riferibilità della retribuzione all’attività inventiva, che può essere desunta anche altrimenti, per esempio dalla centralità della prestazione di inventore nel testo contrattuale e dalla posizione del lavoratore di socio della società, che per tale via beneficia ulteriormente della redditività dell’invenzione.
Le invenzioni dei dipendenti e la tutela dei segreti industriali
Le invenzioni rielaborate in costanza di rapporto di lavoro dal dipendente sono tendenzialmente attribuite, quanto al diritto patrimoniale, al datore di lavoro, che ha messo a disposizione le risorse, umane e tecniche, necessarie per svolgere l’attività inventiva.
Diritto all’equo premio ed effettiva utilizzazione dell’invenzione oggetto di brevetto.
Ai fini dell’accertamento del diritto all’equo premio non rileva stabilire se in concreto l’attività inventiva sia stata utilizzata dal datore di lavoro, dopo che ha ottenuto il rilascio dei brevetti, poiché il detto conseguimento è condizione sufficiente per [ LEGGI TUTTO ]
Sul procedimento di quantificazione dell’equo premio per il dipendente inventore.
In materia di “equo premio” in caso di invenzione d’azienda, l’art. 64, quarto e quinto comma, c.p.i. prevede una fattispecie complessa composta da: (1) condanna generica emessa dal tribunale relativa all’an debeatur; (2) arbitraggio devoluto a un collegio di esperti, con [ LEGGI TUTTO ]
Criteri per determinare il regime applicabile all’invenzione del dipendente
Al fine di qualificare l’invenzione del dipendente quale “invenzione di servizio” (ai sensi dell’art. 64, primo co., c.p.i.) oppure quale “invenzione d’azienda” (ai sensi dell’art. 64, secondo co., c.p.i.) è necessario accertare quali [ LEGGI TUTTO ]
Contraffazione di brevetto: invenzione del dipendente, giudizio di interferenza, nullità e decadenza
L’art. 64.3 c.p.i. riconosce un diritto di opzione in capo al datore di lavoro qualora l’invenzione sia stata realizzata al di fuori delle prestazioni effettuate in dipendenza del rapporto di lavoro, ma rientri nel campo di attività del datore di lavoro. Ciò nell’evidente ratio di [ LEGGI TUTTO ]
Differenze tra invenzione di servizio e invenzione di azienda
L’”invenzione di servizio” sussiste ove l’attività inventiva venga compiuta in adempimento di un rapporto di lavoro che preveda l’invenzione quale oggetto e a tale scopo sia stata pattuita una specifica retribuzione. In questo caso [ LEGGI TUTTO ]