Diritto all’equo premio del costitutore di nuova varietà vegetale
A parte l’ammissibilità, in via di principio, di forme o comunque di voci o componenti retributive legate al risultato, sia l’invenzione di servizio che l’invenzione di azienda – rispettivamente previste nel primo e nel secondo comma dell’art. 23 del r.d. n. 1127 del 1939 (oggi art. 64 commi 1 e 2 c.p.i.) – presuppongono lo svolgimento, da parte del dipendente, di un’attività lavorativa di ricerca volta all’invenzione, mentre l’elemento distintivo tra le due ipotesi risiede principalmente nella presenza o meno di un’esplicita previsione contrattuale di una speciale retribuzione costituente corrispettivo dell’attività inventiva, in difetto della quale (ed il relativo onere probatorio incombe sul datore di lavoro) compete al dipendente autore dell’invenzione l’attribuzione dell’equo premio previsto dal suddetto articolo. Spetta al giudice del merito – con accertamento “ex ante” e non “ex post”, senza che assuma rilievo la maggiore o minore probabilità che dall’attività lavorativa possa scaturire l’invenzione – valutare se le parti abbiano voluto pattuire una retribuzione quale corrispettivo dell’obbligo del dipendente di svolgere una attività inventiva. In tema di invenzioni in azienda previste dall’art. 24 del r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 (cosiddette occasionali), trasfuso con modifiche nell’art. 64, comma 3, del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 (codice della proprietà industriale), il diritto del lavoratore ad un corrispettivo per l’invenzione sorge solo qualora il datore di lavoro manifesti, nel termine ivi indicato, la propria volontà di volerne profittare mediante una dichiarazione negoziale recettizia, che deve indicare l’oggetto ed il corrispettivo offerto, cui segua l’accettazione del lavoratore, non potendosi considerare sufficiente l’eventuale uso di fatto dell’invenzione da parte del primo.