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30 Novembre 2022

Non compromettibilità in arbitri delle controversie sulla violazione dei principi di redazione di bilancio

Non è compromettibile in arbitri la controversia avente ad oggetto l’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio di società per difetto dei requisiti di verità, chiarezza e precisione, in quanto le norme dirette a garantire tali principi non solo sono imperative, ma essendo dettate, oltre che a tutela dell’interesse di ciascun socio ad essere informato dell’andamento della gestione al termine di ogni esercizio, anche dell’affidamento di tutti i soggetti con cui la società entra in contatto, trascendono l’interesse del singolo ed attengono a diritti indisponibili, sicché devono essere decise dal giudice.

Nel caso di impugnazione del bilancio ad opera del socio per nullità derivante dalla violazione del precetto di cui all’art. 2423, co. 2, c.c. è sempre necessario che lo stesso indichi quale sia il suo interesse ad agire ovvero quale diritto si assume leso, posto che detta condizione dell’azione non può essere integrata dal generico interesse alla legalità della delibera.

6 Settembre 2022

Danno da omessa, falsa o inesatta informazione al mercato e responsabilità del revisore

L’azione di risarcimento del danno da omessa, falsa o inesatta informazione al mercato costituisce un’azione indipendente dalla qualità di socio e perciò è esperibile non solo da titolari di azioni, ma anche da altri soggetti, titolari di valori mobiliari diversi che non attribuiscono diritti sociali, o da chi, come spesso accade, socio non è più al momento dell’esercizio dell’azione. Il sistema di certificazione rinvenibile nel T.U.F. e nelle norme secondarie ha la sola funzione di garantire, con immediatezza e fuori dal processo, la certezza delle posizioni giuridiche quando siano in gioco diritti propriamente corporativi e inerenti ai rapporti fra il socio e la società. Ne deriva che l’azione in questione non costituisce esercizio di un diritto sociale e, come tale, resta esclusa dall’ambito applicativo dell’articolo 83 quinquies, co. 3, T.U.F. Nel conflitto tra l’investitore preteso danneggiato, il quale ha un preciso interesse a non vedere appesantito eccessivamente il proprio onere di provare la titolarità del diritti soggettivi azionati, e la società emittente, la quale ha l’interesse a poter acclarare con certezza che l’attore sia (o sia stato) effettivamente titolare delle proprie azioni acquistate sul mercato secondario, il punto di equilibrio va individuato nella prova, libera ma rigorosamente ancorata, ove non si tratti di prova diretta, ai criteri di sufficiente grado di gravità, precisione, concordanza prescritti dall’art. 2729 c.c.

L’attività di revisione di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 39/2010 comporta verso i singoli risparmiatori e investitori una responsabilità di natura extracontrattuale, essendo ricompresa nell’alveo della responsabilità da informazione non corretta sul mercato, rispondendo ad una necessità di controllo avvertita dall’intera società attraverso la tutela dell’ordinata conduzione del mercato.

Il soggetto che si ritiene danneggiato dalla condotta del revisore deve allegare di essersi determinato ad effettuare l’investimento nella società a ciò indotto dalla relazione del revisore che ha espresso parere favorevole a bilanci non veritieri e da altre informazioni fuorvianti veicolate prima della conclusione dell’operazione; il presunto danneggiato è tenuto a provare la specificità di tali circostanze, nonché l’idoneità di esse a trarlo in inganno. In particolare, il riferimento all’incidenza diretta del danno sul patrimonio del terzo danneggiato, quale tratto distintivo della responsabilità ex art 2395 c.c., importa un esame rigoroso del nesso causale, secondo un principio di causalità ancorato al criterio del “più probabile che non”. Conseguentemente, chi si duole dei dati contabili e di bilancio in quanto confortati dal revisore è tenuto ad allegare e, poi, a dimostrare anche l’idoneità dei medesimi a trarre in inganno la sua fiducia: onde deve fornire la dimostrazione del nesso causale fra l’illecito contabile degli amministratori ed il danno patito in modo diretto e in conseguenza dell’illecito commesso.

18 Luglio 2022

Azione di impugnazione della delibera del consiglio di amministrazione di s.r.l.

L’art. 2388 c.c., applicabile anche alle delibere assunte dal consiglio di amministrazione delle s.r.l., contiene un principio generale di sindacabilità – ad iniziativa degli amministratori assenti o dissenzienti ovvero dei soci i cui diritti siano stati direttamente incisi – che si realizza mediante applicazione delle regole contenute nell’art. 2377 c.c., a sua volta espressivo di un principio generale di sindacabilità delle deliberazioni di tutti gli organi sociali per contrarietà alla legge o all’atto costitutivo, in conformità ad un orientamento giurisprudenziale che, nonostante la letterale limitazione dell’impugnabilità delle delibere del consiglio di amministrazione, sia della s.p.a. sia della s.r.l., viziate dal voto determinante di amministratori versanti in conflitto di interesse, ne ha fatto applicazione superando la predetta limitazione.

Tale impugnabilità va circoscritta negli stessi limiti previsti dalla disposizione in materia di s.p.a., limiti che sono preordinati ad accentuare il regime di stabilità delle deliberazioni dell’organo gestorio rispetto a quello proprio delle deliberazioni dell’organo assembleare, in particolare la disciplina ex art. 2388 c.c. sotto il titolo di “validità delle deliberazioni del consiglio”, non operando per le prime (a differenza di quanto previsto per le seconde dagli artt. 2377 e 2378 c.c.) alcuna distinzione tra ipotesi di c.d. “annullabilità” e “nullità”, consente l’impugnabilità delle delibere del consiglio di amministrazione in ogni caso solo ai soggetti specificatamente indicati ed entro il termine di decadenza previsto, e ciò a prescindere dalla “gravità” del vizio denunciato, salva l’ipotesi estrema di delibera inesistente, vale a dire di delibera non riconducibile in alcun modo a una manifestazione di volontà – sia pure irrituale – di organo gestorio.

L’art. 2388 c.c. attribuisce la legittimazione ad agire all’azione di impugnazione della delibera del consiglio di amministrazione all’amministratore assente o dissenziente, ponendo la qualifica di amministratore quale condizione dell’azione. La legittimazione ad agire e l’interesse ad agire costituiscono condizioni dell’azione che devono sussistere fino al momento della decisione e la cui carenza è rilevabile anche d’ufficio. L’amministratore cessato difetta di interesse ad agire, che è collegato alla funzione di amministratore.

25 Maggio 2022

Inadempimento nella cessione di quote e restituzione del corrispettivo: versamento senza titolo nel rapporto di valuta

In virtù dello strumento della delegazione di pagamento, un soggetto (delegante) può delegare un proprio debitore (delegato) – in virtù del c.d. rapporto di provvista – ad eseguire il pagamento di un proprio debito nei confronti del creditore (delegatario) -nell’ambito del c.d. rapporto di valuta. In tale ambito, il versamento eseguito dal delegato, qualora venga meno il titolo negoziale che sorregge il rapporto di provvista tra delegante e delegato, va ritenuto dunque – limitatamente a tale rapporto – un indebito oggettivo: in tale caso il solvens – sul cui patrimonio vengono a ricadere le conseguenze del pagamento senza titolo – è legittimato ad agire nei confronti del solo delegante. Invero il delegato, pagando al delegatario, estingue contestualmente il suo debito nei confronti del delegante ed è dunque nei confronti di quest’ultimo che deve indirizzare la propria pretesa allorché provvede al pagamento a favore del delegatario nell’erronea convinzione della sussistenza di un valido rapporto di provvista, successivamente caducato. Va invece esclusa la legittimazione passiva del soggetto delegatario. Dunque, ove il delegatario abbia diritto a ricevere la prestazione in virtù di un autonomo rapporto causale ed il delegato si limiti ad allegare il vizio del rapporto intercorso tra delegante e delegato, nulla può essere richiesto al delegatario, che ha ricevuto quello che era a lui dovuto.
14 Febbraio 2022

Legittimazione attiva all’accertamento della violazione della postergazione legale dei finanziamenti dei soci

Il liquidatore non è legittimato a dolersi della presunta violazione della postergazione legale dei finanziamenti dei soci, essendo un fatto neutro, per la società, la destinazione di risorse al pagamento di un debito sociale, piuttosto che di un altro. In relazione a tale domanda, dunque, difetta la legittimazione attiva del liquidatore, che agisce esclusivamente nell’interesse della società, trattandosi di tutela apprestata in favore dei creditori sociali. Soltanto al Curatore fallimentare, infatti, è riconosciuta la peculiare legittimazione ad agire nell’interesse della società ed anche dei creditori sociali, in quanto rappresentante della massa dei creditori, giacchè, com’è noto, l’azione di responsabilità prevista ex art. 146 l. fall. cumula le due azioni previste ex art. 2476 c.c., commi 3 e 6, per le s.r.l., nonché dagli artt. 2393 e 2394 c.c. per le s.p.a., come pure espressamente previsto ex art. 2394-bis c.c.

Legittimazione a impugnare la delibera del CdA e interesse ad agire per l’accertamento della nullità di un contratto

L’affermazione dell’obiettivo di ottenere la rimozione dall’ordinamento di una delibera contraria a norma imperativa equivale all’affermazione di un generico interesse all’attuazione della legge; di contro, l’interesse ad impugnare (nell’accezione di cui agli artt. 1421 c.c. e 100 c.p.c.) richiede la prospettazione dell’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, per evitare una lesione attuale del proprio diritto e il conseguente danno alla propria sfera giuridica. Non è coerente con il sistema ammettere all’impugnativa chi abbia contribuito direttamente a determinare la causa di nullità (art. 157 c.p.c.), né potrebbe mai riconoscersi un valido interesse ad agire nell’obiettivo di ottenere, con la pronuncia di annullamento, l’eliminazione dal mondo giuridico degli effetti di una condotta già definitivamente accertata, in sede giudiziale erariale, come produttiva di danno, stante la prevalenza dell’interesse pubblicistico al perseguimento della pretesa recuperatoria dell’indebito erariale. Ove il deliberato consiliare, di contenuto autorizzativo, costituisca un atto prodromico alla stipulazione di un successivo contratto – fonte, a sua volta, dell’effettivo spostamento patrimoniale indebito – non può ammettersi l’impugnativa sine die della stessa delibera che ha esaurito i suoi propri effetti con la stipulazione del successivo contratto.

18 Novembre 2021

Legittimazione dell’amministratore a impugnare la delibera consiliare invalida e delegabilità del potere gestorio nel CdA

L’art. 2388 cc, che disciplina per le spa i casi di invalidità delle delibere del consiglio di amministrazione, deve ritenersi applicabile in via analogica anche alle srl, in applicazione di un principio generale di sindacabilità -a iniziativa degli amministratori assenti o dissenzienti ovvero dei soci i cui interessi siano stati direttamente incisi- delle decisioni dell’organo amministrativo di società di capitali contrarie alla legge o allo statuto.

E’ sussistente l’interesse all’impugnazione in capo all’amministratore assente o dissenziente per far valere l’invalidità di una delibera del CdA contraria alla legge o allo statuto anche solo per evitare che l’eventuale delibera, in difetto di suo annullamento, risulti comunque idonea a produrre effetti nell’ambito endo-societario quale precedente organizzativo passibile, ove non rimosso, di rappresentare un modello per future deliberazioni, con conseguente interesse del componente del Cda a richiederne l’accertamento di invalidità con forza di giudicato e il conseguente annullamento, onde evitare il riprodursi di vicende gestorie a suo dire in contrasto con le regole statutarie.

Nel quadro normativo di riferimento, la delegabilità dei poteri del CdA non è affatto la regola ma solo una delle possibili scelte statutarie o assembleari: secondo il disposto dell’art.2381 cc secondo comma, infatti, il CdA “può” delegare le proprie attribuzioni a un suo componente “se lo statuto o l’assemblea lo consentono”,
con la conseguenza che il funzionamento interamente collegiale dell’organo gestorio, lungi dall’essere di per sé assurdo e prodromico a una sicura paralisi dell’ente, rappresenta normativamente una modalità di organizzazione del tutto fisiologica la cui scelta è rimessa allo statuto o all’assemblea, in definitiva dunque ai soci. [Nel caso di specie il Tribunale di Milano ha annullato la delibera del CdA che conferiva poteri ad un consigliere senza la previa autorizzazione assembleare prevista statutariamente per tale delega].

5 Novembre 2021

L’azione di responsabilità nelle s.r.l.: legittimazione attiva e rilevanza dell’ulteriore qualità di amministratore giudiziario

La legittimazione attiva alla proposizione dell’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori della s.r.l. non è una competenza esclusiva del socio ma è aggiuntiva rispetto a quella della società, della quale il socio assume la veste di “sostituto processuale”. Anche quando l’iniziativa è di un singolo socio, la pronuncia risarcitoria sarà sempre in favore della società (e infatti l’art. 2476, co. 6 c.c. chiarisce che, accanto all’azione in esame, il socio potrà anche esperire l’azione di responsabilità per danni diretti).

Nell’azione di responsabilità avente ad oggetto l’attività svolta in qualità di amministratore della società, deve tenersi conto altresì della qualità ricoperta di amministratore giudiziario del capitale e del patrimonio aziendale con riferimento alla necessità dell’ottenimento di eventuali autorizzazioni della competente autorità giudiziaria, per il compimento di una serie di atti. Ai fini dell’individuazione dei poteri dell’amministratore, dei limiti al relativo esercizio e, quindi, dell’eventuale negligenza nello svolgimento dell’attività, è rilevante la qualità di ausiliario del giudice rivestita dal professionista preposto all’amministrazione.

19 Ottobre 2021

Sentenza ex art. 2932 c.c. e retrocessione della quota acquistata

Al diritto del cedente di riacquistare dal cessionario la quota ceduta della S.r.l., pattuito dalle parti nella scrittura privata di cessione di quota, corrisponde l’obbligazione del cessionario di ritrasferire la quota societaria ove richiesto nel termine. Se il cedente comunica entro il termine la volontà di esercitare il diritto di riacquisto, invita il cessionario a comparire in giorno e ora fissati avanti a notaio per l’atto di trasferimento e provvede altresì a corrispondere l’importo pattuito nel contratto originario, il cessionario che non accetta di porre in essere l’atto di retrocessione della quota acquistata è inadempiente e sussiste perciò il diritto del cedente di chiedere ed ottenere dal Tribunale la pronuncia di una sentenza ex art. 2932 c.c. che tenga luogo dell’atto di retrocessione.

20 Settembre 2021

Nullità e annullabilità delle delibere assembleari e relativa legittimazione ad agire

La nullità delle delibere assembleari in conformità all’art. 2379 c.c. è ravvisabile nell’ipotesi di mancata convocazione dell’assemblea, mancanza del relativo verbale, impossibilità/illiceità dell’oggetto, modifica dell’oggetto sociale per attività illecite o impossibili e il relativo vizio è deducibile da chiunque vi abbia interesse indipendentemente dalla percentuale di partecipazione al capitale sociale in capo a chi agisce. Nel caso di annullabilità della delibera assembleare per non conformità della delibera a legge o statuto, la legittimazione ad agire spetta solo al socio che, individualmente o insieme ad altri attori, detiene almeno il 5% del capitale sociale.

Il principio in base al quale i vizi comportanti la radicale nullità della delibera di sodalizi assoggettati alla disciplina dettata per società per azioni, rappresenta l’eccezione, tassativamente prevista dall’Articolo 2379 del Codice Civile, alla regola generale della mera annullabilità. Pertanto, i vizi afferenti la regolarità della convocazione assembleare, della sua regolamentazione e discussione, dell’omessa allegazione al verbale dei presenti/votanti con le relative schede di votazione, nonché genericamente asseriti abuso/eccesso di maggioranza, conflitto di interessi e difetto di unanimità deliberativa, sono riconducibili alla generale categoria dei motivi di annullabilità della delibera assembleare.