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Esame comparativo di identità tra marchi ai fini dell’accertamento della contraffazione

L’esame comparativo tra segni distintivi asseritamente identici o similari deve essere condotto non già mediante l’analisi parcellizzata dei singoli elementi di valutazione, ma in via unitaria e sintetica, con un apprezzamento complessivo che tenga conto degli elementi dotati di capacità evocativa.

Il concetto di identità è oggetto di interpretazione restrittiva, e implica che il segno ritenuto in contraffazione riproduca, senza modifiche o aggiunte, tutti gli elementi del segno contraffatto, ovvero lo riproduca con differenze insignificanti e minimali. In particolare, al fine di verificare se effettivamente sussistono le riscontrate differenze occorre preliminarmente indagare se il marchio azionato possa essere qualificato come “forte” oppure come “debole”, ciò in quanto in relazione al marchio forte vanno considerate illegittime tutte le modificazioni, pur rilevanti ed originali, che ne lascino comunque sussistere l’identità sostanziale ovvero il nucleo ideologico espressivo costituente l’idea fondamentale in cui si riassume, caratterizzandola, la sua attitudine individualizzante, mentre per il marchio debole sono sufficienti ad escluderne la confondibilità anche lievi modificazioni od aggiunte.

14 Febbraio 2023

Non decettività e forza di un marchio che contraddistingue un profumo

Non può ritenersi decettivo ex art. 14 comma 2 lett. b) e 26 lett. b) c.p.i. l’uso di un marchio, il cui nome coincide con un vitigno, per un profumo, per i richiami all’uva e alla vite, poiché è comune che i profumi in commercio portino nomi di pura fantasia, eventualmente solo evocativi di luoghi, sentimenti, sostanze, ma sui quali il pubblico non fa riposare alcuna aspettativa relativamente all’intrinseco del prodotto, non risultando quindi idonei ad ingannare ma solo ad attrarre e creare una suggestione.

Al fine di ritenere nulla, per assenza di novità ex art. 12 lett. b) c.p.i., la registrazione di un marchio simile e/o identico a un nome a dominio altrui, è richiesto che il nome a dominio pregiudicante la registrazione sia usato con quale effettiva visibilità anteriormente alla registrazione, non bastando che esso sia stato registrato secondo la disciplina, contrattuale e privatistica, che regola la creazione di siti internet.

Il nome di un’uva usato per contraddistinguere un profumo costituisce marchio forte, in quanto estraneo all’area concettuale del prodotto “profumo”.

9 Agosto 2022

La rigorosa tutela del marchio “forte”

Il marchio “forte” è tutelato nel suo nucleo ideologico e pertanto sono illegittime tutte quelle variazioni, anche rilevanti e originali, che lasciano comunque sussistere l’identità sostanziale del segno. Conseguentemente, in tal caso, per evitare la confondibilità tra i segni non è sufficiente una minima modifica della parte denominativa o figurativa del marchio in contraffazione. Il marchio “forte” è assistito dalla più rigorosa tutela, connotata da una maggiore incisività che rende illegittime le variazioni anche originali che, comunque, lasciano intatto il nucleo ideologico che riassume l’attitudine individualizzante del segno, giacché anche lievi modificazioni, che il marchio debole deve invece tollerare, condurrebbero al risultato di pregiudicare il risultato conseguibile con l’uso del marchio. Ciò posto, per il marchio forte, devono ritenersi illegittime tutte le variazioni e le modificazioni, anche se rilevanti ed originali, che lascino sussistere l’identità sostanziale del “cuore” del marchio, ovvero il nucleo ideologico espressivo costituente l’idea fondamentale in cui si riassume cauterizzando la sua spiccata attitudine individualizzante.

L’attività illecita, consistente nell’appropriazione o nella contraffazione di un marchio, mediante l’uso di segni distintivi identici o simili a quelli legittimamente usati dall’imprenditore concorrente, può essere da quest’ultimo dedotta a fondamento non soltanto di un’azione reale, a tutela dei propri diritti di esclusiva sul marchio, ma anche, e congiuntamente, di un’azione personale per concorrenza sleale, ove quel comportamento abbia creato confondibilità fra i rispettivi prodotti.

14 Luglio 2022

Giudizio di confondibilità quando il marchio anteriore è debole ai fini dell’accertamento della contraffazione e della concorrenza sleale confusoria

Il giudizio di confondibilità con riferimento ai marchi deboli va condotto con criteri meno rigorosi rispetto a quelli relativi alla confondibilità dei marchi forti, nel senso che anche lievi modificazioni o aggiunte grafiche e fonetiche possono essere idonee ad escludere la confondibilità. Uguali considerazioni valgono con riferimento all’accertamento della concorrenza sleale confusoria, dovendosi escludere che in virtù delle differenziazioni tra i segni distintivi in confronto, tenuto conto del carattere di marchio debole del segno anteriore, i consumatori possano essere indotti in errore.

Quando la commercializzazione avvenga via internet, la parte denominativa del marchio diviene recessiva, essendo rilevante, al contrario, l’impressione grafica e visiva generale. Il consumatore non potrà essere indotto in confusione laddove i colori, la rappresentazione grafica e la struttura delle pagine internet siano completamente diverse.

17 Maggio 2022

Strutture turistiche: rischio di confusione e/o di associazione tra marchi figurativi

Le norme di cui all’art. 20 c.p.i. richiedono, ai fini del giudizio di confondibilità, una doppia verifica: quella sull’identità o affinità tra i prodotti o servizi e quella sull’identità o somiglianza tra i segni a confronto. Infatti, la sussistenza di un rischio di confusione va apprezzata attraverso una valutazione globale, tenendo conto dell’impressione d’insieme che suscita il raffronto tra i due segni mediante un esame unitario e sintetico che tenga in considerazione i diversi fattori pertinenti del caso di specie tra di loro interdipendenti, quali la identità/somiglianza dei segni, la identità/somiglianza dei prodotti e servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni concorrenti, in relazione al normale grado di percezione dei potenziali acquirenti del prodotto del presunto contraffattore. La confondibilità dei marchi a confronto non deve essere accertata esclusivamente in via analitica, effettuando un esame particolareggiato e una valutazione separata di ogni singolo elemento di dettaglio, neppure può essere valutata avendo riguardo non tanto delle differenze, quanto delle concordanze tra i segni messi a confronto. La dialettica tra esame analitico ed esame sintetico non va risolta in termini di alternatività, quanto piuttosto in termini di complementarità, trattandosi dei due momenti necessari del giudizio di confondibilità. Nel senso che, qualora siano implicati molteplici elementi formali, ad una prima fase di comparazione delle singole caratteristiche essenziali, deve seguire una fase di sintesi dei risultati acquisiti, al fine di relativizzare il risultato dei vari dati formali in quello che è l’aspetto globale del segno. In tal modo, l’esame sintetico assume il ruolo di elemento di chiusura della ricognizione concreta, condotta caso per caso, degli elementi costitutivi dei segni a confronto.

Marchio complesso e valutazione di capacità distintiva

Un marchio è qualificabile come “complesso” qualora tutti gli elementi del segno (figurativi o denominativi) godano di autonoma capacità distintiva rispetto agli altri; è, invece, “d’insieme” quello i cui elementi costitutivi, isolatamente considerati, non godano di tale capacità distintiva. In tale caso il carattere “forte” o “debole” del marchio non va predicato solo in ragione dei singoli elementi che ne fanno parte, ma dell’effetto che suscita l’accostamento di questi ultimi.

In particolare, secondo costante insegnamento giurisprudenziale, «il marchio complesso, che consiste nella combinazione di più elementi, ciascuno dotato di capacità caratterizzante e suscettibile di essere autonomamente tutelabile, non necessariamente è un marchio forte, ma lo è solo se lo sono i singoli segni che lo compongono, o quanto meno uno di essi, ovvero se la loro combinazione rivesta un particolare carattere distintivo in ragione dell’originalità e della fantasia nel relativo accostamento. Quando, invece, i singoli segni siano dotati di capacità distintiva, ma quest’ultima (ovvero la loro combinazione) sia priva di una particolare forza individualizzante, il marchio deve essere qualificato debole, tale seconda fattispecie differenziandosi, peraltro, dal marchio di insieme in ragione del fatto che i segni costitutivi di quest’ultimo sono privi di un’autonoma capacità distintiva, essendolo solo la loro combinazione».

Le nozioni di marchio ‘forte’ e ‘debole’ non sono codificate ma sono frutto di elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale giunta a qualificare come “forte” il marchio privo di qualsiasi collegamento concettuale con il prodotto o servizio cui accede, e come “debole” il marchio che, pur non risolvendosi in un’indicazione del genere merceologico pura e semplice (che non è ammessa, ex art. 13 co. 1°, lett. b) c.p.i.), presenta un collegamento concettuale immediato con la stessa

10 Giugno 2021

Rischio di confusione e uso illecito del marchio simile a quello di un altro concorrente nel settore dell’abbigliamento

Ai fini della valutazione della confondibilità tra marchi, per cui bisogna verificare se vi è stata appropriazione del nucleo centrale del messaggio individualizzante del marchio anteriore, si deve inizialmente identificare se il marchio è qualificabile come “forte” o “debole”.  Nel caso in cui il segno sia privo di aderenza concettuale o semantica con i prodotti e/o servizi designati, esso potrà essere connotato come marchio “forte”.

La valutazione del rischio di confusione tra marchi deve essere effettuata in modo globale e sintetico, considerando, in primo luogo, l’interdipendenza tra gli elementi costitutivi del marchio, quali quelli denominativi, grafici, simbolici, figurativi, fonetici. In secondo luogo, la capacità distintiva del segno incide sul rischio di confusione, il quale è tanto più elevato quanto più elevato è il carattere distintivo del segno anteriore.

7 Gennaio 2021

La violazione del diritto di marchio derivante dal rischio di confusione tra i segni utilizzati in settori merceologici differenti

Le lettere dell’alfabeto possono costituire valido marchio a prescindere dall’eventuale caratterizzazione grafica che sia stata loro conferita, purché esse siano idonee a distinguere, nella percezione del pubblico di riferimento, i prodotti o i servizi di un’impresa rispetto a quelli offerti da altre imprese. Soltanto in mancanza di capacità distintiva si configura l’impedimento assoluto alla registrazione del marchio di cui all’ art. 7, comma 1, lett. b) del Regolamento europeo n. 1001 del 2017 e l’assenza del requisito richiesto dagli artt. 13 e 25, comma 1, lett. b) c.p.i. È evidente che in questo contesto la lettera dell’alfabeto non viene in rilievo in quanto tale – sarebbe evidentemente insuscettibile di appropriazione – ma nella sua valenza meramente figurativa e grafica, di simbolo astratto. Essa così per la totale arbitrarietà del nesso che si viene a stabilire fra il simbolo ed il prodotto si connota come marchio “forte”.

7 Agosto 2020

Lesione del diritto di esclusiva del marchio registrato “I Cugini di Campagna”, rischio di confusione e tutela del marchio forte

Il rischio di confusione si fonda sulla valutazione di due elementi: il cd. giudizio di confondibilità dei segni identici o simili e la valutazione di identità/affinità dei prodotti o servizi a cui i segni si riferiscono. Inoltre, poiché l’intensità della tutela del marchio varia in funzione del maggiore o minore grado di capacità distintiva di cui esso è dotato, risulta di fondamentale importanza, ai fini della valutazione della somiglianza, stabilire se il marchio in questione abbia le caratteristiche di un marchio “debole” o di un marchio “forte”. In estrema sintesi, si definiscono “deboli” quei marchi che, pure essendo validi, sono espressivi, ovvero descrittivi del prodotto o del sevizio contraddistinto, delle sue qualità o delle sue funzioni; si definiscono, invece, “forti” quei marchi privi di qualsiasi nesso significativo con i prodotti o i servizi contraddistinti, in cui è maggiore la capacità distintiva o che abbiano comunque acquistato tale forza distintiva attraverso l’uso prolungato e continuato, l’ampia diffusione tra il pubblico e l’intensa pubblicizzazione. [ Nel caso di specie non è possibile affermare che le espressioni “già”, “ex voce di”, “ex”, riportate sui manifesti pubblicitari prodotti in giudizio siano confondibili con il marchio registrato e dunque idonee ad ingenerare confusione nel pubblico dei possibili fruitori degli spettacoli musicali, ai quali, osservando i predetti manifesti, risulta ben chiaro di trovarsi di fronte ad una performance del solo convenuto e non (anche) del gruppo musicale “I Cugini di Campagna”.]

Contraffazione di marchio forte

In presenza di un marchio forte sono illegittime tutte le variazioni e modificazioni, anche se rilevanti ed originali, che lascino sussistere l’identità sostanziale del ‘cuore’ del marchio, ovvero il nucleo ideologico espressivo costituente l’idea fondamentale in cui si riassume caratterizzando la sua spiccata attitudine individualizzante.

Si definisce “marchio forte” il segno privo di attinenza e concettualmente distante dal prodotto da esso contraddistinto.

La percezione da parte del pubblico di un segno come ornamento non può rappresentare un ostacolo alla protezione conferita dall’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva allorché, nonostante il suo carattere decorativo, il detto segno presenta una somiglianza con il marchio registrato tale che il pubblico interessato può credere che i prodotti provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese collegate economicamente.

L’apprezzamento della somiglianza tra il marchio registrato e il segno asseritamente contraffattorio deve compiersi “non in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata considerazione di ogni singolo elemento, ma in via globale e sintetica” (Cass. civ. 15840/2015; Cass. civ. 3118/2015; Cass. civ. 1906/2010) e “con riguardo all’insieme degli elementi salienti grafici visivi, mediante una valutazione di impressione che prescinde dalla possibilità di un attento esame comparativo e che va condotta in riferimento alla normale diligenza e avvedutezza del pubblico dei consumatori di quel genere di prodotti, dovendo il raffronto essere eseguito tra il marchio che il consumatore guarda ed il mero ricordo mnemonico dell’altro” (Cass. civ. 4405/2006).

In relazione al marchio forte, il giudizio di confondibilità deve avvenire valutando l’attinenza del segno asseritamente contraffattorio al c.d. “nucleo ideologico caratterizzante il messaggio” del marchio registrato.

La differenza qualitativa dei prodotti e la differenza di prezzo, anche se notevole, non elimina il rischio di confusione essendo possibile, anzi probabile, che il consumatore meno avveduto sia indotto a ritenere che la stessa impresa produca a prezzi diversi prodotti di diversa qualità.