Decadenza dal diritto di voto del socio di s.r.l. moroso e mancata convocazione all’assemblea
Una corretta lettura dell’art. 2466, co. 4, c.c. impone di rilevare che non può esercitare il diritto di voto il socio che non esegue il pagamento della quota nel termine prescritto, che è appunto il “socio in mora”, come previsto dal quarto comma della citata disposizione, indipendentemente sia da uno specifico atto di costituzione in mora (v. anche l’art. 1219, co. 2, n. 3, c.c.), sia dall’intimazione di una diffida ad eseguire il pagamento nel termine di trenta giorni, la quale va indirizzata al socio moroso al solo fine di dare inizio alla procedura di vendita in danno della intera quota sottoscritta, salva restando la decadenza dall’esercizio del diritto di voto.
In tema di società a responsabilità limitata, la deliberazione dell’assemblea assunta senza la convocazione di uno dei soci è da ritenersi nulla, poiché il disposto dell’art. 2479 ter, co. 3, c.c., nella parte in cui considera le decisioni prese “in assenza assoluta di informazioni” non si riferisce soltanto alla mancanza di informazioni sugli argomenti da trattare ma anche alla mancanza di informazioni sull’avvio del procedimento deliberativo.
Inesistenza, nullità e annullabilità della delibera assembleare
La disciplina in materia di vizi determinanti l’annullamento e la nullità delle delibere assembleari è autonoma rispetto alle norme generali che sanciscono le ipotesi di nullità e annullabilità dei contratti. In particolare, mentre nella materia negoziale l’azione di nullità ha portata generale poiché fondata sulla contrarietà dell’atto a norme imperative ed è l’azione di annullamento ad essere speciale (cioè esperibile nei soli casi previsti dalla legge), nel diritto societario, al contrario, la regola generale è quella dell’annullabilità.
In materia societaria, la categoria della nullità ha carattere residuale ed è limitata alle ipotesi di contrasto del contenuto di una deliberazione con norme preposte a tutela di interessi generali. Viceversa, il contrasto con norme volte alla tutela di interessi dei singoli soci o gruppi di essi (ossia dirette a regolare la fase procedimentale e le modalità di formazione della volontà dell’ente societario) determina di per sé la semplice annullabilità della deliberazione.
In conformità alla ratio di tale regime, cioè garantire stabilità e certezza all’attività sociale a beneficio della società stessa nonché dei terzi, non sono configurabili ipotesi di invalidità atipiche, come l’inesistenza delle deliberazioni assembleari. Pertanto, si può parlare di inesistenza della deliberazione assembleare solo in relazione a pronunce aventi ad oggetto esclusivamente fattispecie nelle quali l’atto impugnato non sia definibile come deliberazione, non trattandosi di atto nemmeno astrattamente imputabile alla società o, pur sussistendo un atto qualificabile come tale, esso registri uno scostamento dal modello legale così marcato da non permetterne la riconduzione alla categoria stessa di deliberazione assembleare.
Non si versa in ipotesi di inesistenza in caso di delibera proveniente da assemblea partecipata anche da uno solo dei soci o di delibera adottata con voto determinante di soggetti non legittimati al voto e cioè quando la decisione sia esteriormente riconducibile all’organo decisionale societario ed ascrivibile al genus della delibera assembleare, per la presenza di almeno uno degli elementi essenziali alla identificazione della fattispecie.
Allo stesso modo, vizi quali il mancato raggiungimento del quorum costitutivo, la simulazione dell’incontro assembleare e l’inosservanza degli obblighi di preventiva informazione sono riconducibili alle ordinarie ipotesi di invalidità (i.e. nullità o annullabilità) e, pertanto, devono essere fatti valere entro i termini previsti dalla legge.
L’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio di s.r.l., visto il richiamo espresso realizzato dall’art. 2479 ter, co. 4, c.c. all’art. 2434 bis, co. 1, c.c., non può essere proposta dopo che è avvenuta l’approvazione del bilancio successivo, per esigenze di certezza dei rapporti giuridici.
Impugnazione di una delibera assembleare in difetto del quorum (5% del capitale sociale) richiesto ex art. 2377, 3 co., c.c.
È inammissibile la domanda di impugnazione di una delibera assembleare, ove difetti – da parte attorea – il quorum del 5% del capitale sociale, di cui all’art. 2377, 3 co., c.c.. L’attore non può sempre superare il presupposto de quo sostenendo che ci si trovi dinnanzi ad un caso di nullità radicale della deliberazione ex art. 2379 c.c., non già di annullabilità. Invero, nel genus di cui all’art. 2379 c.c. la legge ha ascritto solo le ipotesi più gravi della impossibilità o illiceità dell’oggetto della decisione o dell’attività sociale, di talché ivi non è dato ricomprendere le decisioni assunte in violazione delle regole poste dallo statuto ovvero le scelte strategiche, beninteso laddove il legislatore non ponga limiti alla discrezionalità dell’ente.
Ove difetti il requisito del quorum del 5% del capitale sociale, di cui all’art. 2377, 3 co., c.c., rimane comunque la possibilità – per il socio o i soci – di avvalersi degli ordinari strumenti di tutela inerenti alla riparazione di un danno ingiusto, secondo i principi generali.
“Controllo indiretto” e presupposti dell’obbligo di nomina dell’organo di controllo per le s.r.l.
Ai fini di cui all’art. 2477, comma 3, let. b) c.c. è tenuta alla istituzione dell’organo di controllo la società a responsabilità limitata che controlla ex art. 2359 nn. 1 e 2 c.c. una società che a sua volta partecipa, ai sensi delle stesse norme, altra società tenuta alla revisione contabile, senza che lo stesso obbligo incomba sulla società in posizione intermedia, alla quale il controllo non può essere imputato. [ LEGGI TUTTO ]
Impugnazione delibera di esclusione del socio accomandante di S.a.s.
Nel giudizio di opposizione avverso l’espulsione del socio di una società di persone, la legittimazione passiva compete esclusivamente alla società, in persona del legale rappresentante, anche se è consentita, come modalità equipollente d’instaurazione del contraddittorio, la citazione di tutti i soci, notificata nel termine di decadenza previsto dall’art. 2287 cod. civ.; conseguentemente, se la citazione è notificata al liquidatore nominato dal Tribunale e tuttora in carica secondo le risultanze del Registro delle Imprese, non risulta necessaria alcuna estensione del contraddittorio ex art. 106 c.p.c. ai singoli soci. [ LEGGI TUTTO ]