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8 Aprile 2024

Nullità della delibera assembleare di s.r.l. per omessa convocazione del socio

L’omessa convocazione del socio costituisce causa di nullità della delibera assembleare in quanto assunta in totale carenza di informazione del socio pretermesso. Infatti, il disposto dell’art. 2479 ter, co. 3, c.c., nella parte in cui considera le decisioni prese in assoluta assenza di informazioni non si riferisce soltanto alla mancanza di informazioni sugli argomenti da trattare, ma anche alla mancanza di informazioni sull’avvio del procedimento deliberativo.

Ove il socio agisca in giudizio per far valere l’invalidità di una delibera assembleare, incombe sulla società convenuta l’onere di provare che tutti i soci siano stati tempestivamente avvisati della convocazione intesa quale presupposto per la regolare costituzione dell’assemblea, mentre resta a carico dell’istante la dimostrazione degli eventuali vizi inerenti alla formazione della volontà della medesima. In particolare, non può essere addossata al socio che deduca l’invalidità dell’assemblea, la prova negativa dell’inosservanza dell’obbligo di convocazione, anche se la prova gravante sulla società può essere fornita altresì mediante presunzioni. L’onere di provare l’avvenuto recapito all’indirizzo del destinatario è a carico del mittente, salva la prova da parte del destinatario medesimo dell’impossibilità di conoscere l’atto per fatti a lui non imputabili.

Recesso nelle s.r.l.: rapporti con lo scioglimento della società ed efficacia del recesso ad nutum

Ai sensi dell’art. 2473, co. 5, c.c. il recesso del socio dalla s.r.l. non può essere esercitato e, se già esercitato, è privo di efficacia, se la società revoca la delibera che lo legittima ovvero se è deliberato lo scioglimento della società. A seguito dello scioglimento della società, dunque, se non si è ancora proceduto alla liquidazione della quota del socio receduto, il recesso viene meno, e ciò anche nel caso in cui lo scioglimento non rappresenti una diretta conseguenza del recesso e si verifichi per riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale per perdite preesistenti al recesso e non connesse alla domanda di liquidazione dei soci receduti. La formulazione letterale dell’art. 2473, co. 5, c.c., infatti, non consente di distinguere fra le ipotesi di c.d. recesso “qualificato” e le altre ipotesi di recesso. Successivamente allo scioglimento, il socio receduto non avrà diritto a vedersi rimborsato il valore della quota di partecipazione, ma sarà coinvolto nella procedura di liquidazione della società al pari degli altri soci.

A differenza di quanto previsto all’art. 2437 bis c.c. (in tema di s.p.a.), l’art. 2473, co. 5, c.c. non fissa alcun termine per l’adozione della deliberazione di revoca o di scioglimento della società. Tale lacuna normativa deve essere colmata mediante un’applicazione analogica della disciplina delle s.p.a. e, pertanto, gli effetti del recesso possono essere pregiudicati dalla revoca della delibera e dall’adozione della deliberazione di scioglimento della società solo laddove tali delibere intervengano entro il termine di 90 giorni dalla dichiarazione di recesso.

L’esercizio del diritto di recesso è un atto unilaterale recettizio, i cui effetti si producono nella sfera giuridica della società sin dal momento in cui questa riceve la relativa dichiarazione ex art. 1334 c.c., con la conseguente immediata perdita della qualità di socio e dunque anche della legittimazione all’esercizio dei diritti sociali. Tuttavia, in ipotesi di recesso esercitato ad nutum nel caso di società contratta a tempo indeterminato, il termine di preavviso imposto dalla legge determina uno slittamento in avanti degli effetti del recesso, i quali non si produrranno fino allo spirare dello stesso. Pertanto, in pendenza del termine di preavviso, non essendosi ancora prodotti gli effetti del recesso, il socio che ha manifestato la volontà di uscire dalla società non cessa di correre il rischio d’impresa dal momento in cui ha esercitato il diritto, ma partecipa pienamente alla vita sociale e a tutte le sue conseguenze fino al momento in cui la sua dichiarazione produce gli effetti desiderati, quindi dal momento della completa decorrenza del preavviso.

In tema di impugnazione di delibere di s.r.l., la deliberazione dell’assemblea assunta senza la convocazione di uno dei soci è da ritenersi nulla, poiché il disposto dell’art. 2479 ter, co. 3, c.c., nella parte in cui considera le decisioni prese in assenza assoluta di informazioni, non si riferisce soltanto alla mancanza di informazioni sugli argomenti da trattare ma anche alla mancanza di informazioni sull’avvio del procedimento deliberativo. Più nello specifico, la mancata convocazione del socio di una s.r.l. per l’assemblea è qualificabile come vizio di nullità della deliberazione e, pertanto, la comprovata ignoranza da parte del socio della convocazione determina la nullità della deliberazione adottata.

L’invalidità di una delibera non incide sulla validità delle successive delibere adottate dalla società, a meno che la prima delibera non sia stata sospesa ai sensi dell’art. 2378 c.c. La mancanza di un provvedimento di sospensione comporta la legittimità degli atti esecutivi, ancorché relativi a una delibera annullabile. E tale legittimità resiste al sopravvenire dell’annullamento: in caso contrario, l’istituto della sospensione non avrebbe alcun senso, visto che gli effetti giuridici sarebbero i medesimi sia che l’impugnante abbia ottenuto la sospensione della delibera, sia che non l’abbia ottenuta. Ciò, del resto, è del tutto coerente con le esigenze di certezza e stabilità sottese alla disciplina delle società commerciali, la gestione delle quali rischierebbe di essere paralizzata dal propagarsi degli effetti della illegittimità delle delibere assembleari oltre un certo segno.

5 Settembre 2018

Impugnazione di delibera assembleare di S.r.l.: decadenza e interesse a impugnare.

L’impugnazione della delibera assembleare di S.r.l. è senz’altro tardiva rispetto alla denuncia di vizi di annullabilità, quali sono pacificamente considerati i vizi di abuso e di eccesso di potere, se detti vizi non sono fatti valere ex art. 2479 ter, co.1, c.c. entro il termine di novanta giorni dalla trascrizione della delibera nel libro delle decisioni dei soci. [ LEGGI TUTTO ]