Operatività dell’art. 1957 c.c. e nullità parziale della fideiussione
Qualora il fideiussore sia tenuto al pagamento a prima o a semplice richiesta, o comunque entro un tempo convenzionalmente determinato, il rispetto dell’art. 1957 c.c. da parte del creditore garantito deve ritenersi soddisfatto con la stessa richiesta rivolta al fideiussore entro il termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, con la conseguenza che, una volta tempestivamente effettuata la richiesta di pagamento al fideiussore il creditore non è più tenuto ad agire giudizialmente contro il debitore. Infatti, in una pattuizione contrattuale in cui la garanzia si stabilisce a prima richiesta e, nel contempo, si prevede l’applicazione del primo comma dell’art. 1957 c.c., il criterio di esegesi di cui all’art 1363 c.c. impone di leggere il rinvio a detta norma, tanto più se espresso, con un riferimento al termine di cui ad essa e non ad altro dei suoi contenuti, nel senso che il termine deve osservarsi con una mera richiesta stragiudiziale e non con l’inizio dell’azione giurisdizionale. Diversamente interpretando, vi sarebbe contraddizione tra le due clausole contrattuali, non potendosi considerare “a prima richiesta” l’adempimento subordinato all’esercizio di un’azione in giudizio.
Una volta che il fideiussore tenuto al pagamento a prima o a semplice richiesta sia invitato dal creditore a provvedervi per affermato inadempimento del debitore principale, per un verso è obbligato a farlo secondo il meccanismo proprio del solve et repete, in quanto solo dopo l’avvenuto pagamento può eventualmente agire in ripetizione verso il creditore facendo valere tutti i diritti che competono al debitore nel rapporto principale; e, per altro verso, è reso immediatamente edotto dell’inadempimento del debitore. Al contrario, se non paga, non solo si rende inadempiente, ma si pone anche volontariamente nella condizione di non potersi immediatamente surrogare ex art. 1949 c.c., dopo aver pagato, nei diritti che il creditore aveva contro il debitore, così dando luogo ad una situazione nella quale risulta fortemente incisa la ragione della tutela assicurata al fideiussore dall’art. 1957 c.c.
I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, co. 2, lett. a), l. n. 287 del 1990 e 101 TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, co. 3, della legge citata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata – perché restrittive, in concreto, della libera concorrenza – salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti provata, una diversa volontà delle parti.
Validità della fideiussione omnibus non contenente le clausole prese in considerazione dal provvedimento di Banca d’Italia n. 55 del 2005
Nullità delle clausole contenute nella fideiussione uniforme allo schema predisposto dall’ABI in violazione della Legge Antitrust
Il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 della Banca d’Italia – in funzione di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi ex artt. 14 e 20 L. n. 287 del 1990, vigenti fino al trasferimento dei poteri all’AGCM, con la l. n. 262 del 2005, a far tempo dal 12/01/2016, avente ad oggetto il denunziato contrasto tra lo schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI e l’art. 2 della l. n. 287 del 1990 (“Legge Antitrust”) – ha statuito, applicando tale norma, la violazione del divieto di intese restrittive della concorrenza, con riferimento agli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale uniforme predisposto dall’associazione bancaria italiana ABI e da alcune associazioni di consumatori avente ad oggetto uno schema di fideiussione omnibus a garanzia delle operazioni bancarie.
I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con la l. n. 287 del 1990, art. 2, co. 2, lett. a), e art. 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi dell’art. 2, co. 3, della legge succitata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa dichiarata vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.
Il provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia costituisce prova privilegiata solo in relazione alla sussistenza del comportamento accertato o della posizione rivestita sul mercato e del suo eventuale abuso in relazione al periodo rispetto all’arco temporale interessato dall’indagine svolta dall’autorità di vigilanza, compreso tra il mese di ottobre 2002 e il maggio 2005. Inoltre, gli accertamenti della Banca d’Italia non comportano alcun automatismo che conduca alla nullità delle clausole contenute nella singola fideiussione. Pertanto, l’attore che voglia far valere la nullità della singola fideiussione stipulata potrà avvalersi di tale prova privilegiata nella misura in cui vi sia uniformità tra la fideiussione oggetto di lite e lo schema standardizzato predisposto dall’ABI, oggetto del provvedimento del 2005 di Banca d’Italia.
L’onere della prova della nullità della fideiussione grava sull’attore, secondo il principio generale ex art. 2697 c.c. e non può dirsi assolto, se il contratto di cui si controverte è stato stipulato in un periodo successivo rispetto a quello oggetto dell’accertamento effettuato dalla Banca d’Italia – in tal caso, grava sull’attore l’onere di dimostrare l’esistenza di un accordo anticoncorrenziale a monte – né qualora il medesimo contratto non presenti le tre clausole oggetto della decisione della Banca d’Italia, ovvero: (i) la clausola di reviviscenza, in base alla quale “il fideiussore s’impegna a rimborsare alla banca le somme che dalla banca fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi o per qualsiasi altro motivo” (art. 2 dello schema ABI); (ii) la clausola di sopravvivenza, a mente della quale “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate” (art. 8 dello schema ABI); (iii) la clausola di deroga, a mente della quale “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 cod. civ., che si intende derogato” (art. 6 dello schema ABI).
Irrilevanza per le fideiussioni specifiche della conformità allo schema ABI
In materia di nullità delle fideiussioni per violazione dell’art. 2, co. 2, lett. a), l. n. 287 del 1990, l’oggetto dell’accertamento dell’intesa anticoncorrenziale nel provvedimento del 2005 della Banca d’Italia è costituito dalle condizioni generali della fideiussione c.d. omnibus, ossia di quella particolare garanzia personale di natura obbligatoria, in uso nei rapporti bancari, che per effetto della c.d. clausola estensiva impone al fideiussore il pagamento di tutti i debiti, presenti e futuri, che il debitore principale ha assunto entro un limite massimo predeterminato ex art. 1938 c.c.
Diversamente, essendo le fideiussioni specifiche prestate con riferimento ad un unico e specifico rapporto di finanziamento, non vi sono dubbi sul fatto che non si tratta di fideiussioni a garanzia di una serie indeterminata di operazioni bancarie tra il debitore principale e l’istituto di credito, con indicazione dell’esposizione massima garantita. In merito a queste ultime, pertanto, non si può pervenire ad una censura di invalidità, valendosi della prova privilegiata costituita dalla delibera della Banca d’Italia del 2005.
Fideiussioni omnibus: la nullità delle clausole anticoncorrenziali non si estende all’intero contratto
In tema di accertamento dell’esistenza di intese restrittive della concorrenza vietate dall’art. 2 della Legge 287/90, e con particolare riguardo alle clausole relative a contratti di fideiussione da parte delle banche, il provvedimento della Banca d’Italia di accertamento dell’infrazione, adottato prima delle modifiche apportate dall’art. 19, comma 11, della L. n. 262 del 2005, possiede, al pari di quelli emessi dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, un’elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale, indipendentemente dalle misure sanzionatorie che siano in esso pronunciate.
Con riferimento alle fideiussioni omnibus, laddove sia accertato che le clausole del contratto siano il frutto di un’intesa illecita ex art. 2 L. n. 287/1990, può configurarsi il rimedio civilistico della nullità speciale.
Tali clausole, conformi a quelle di cui allo Schema ABI giudicato illecito dalla Banca d’Italia, devono essere dichiarate nulle in virtù del principio di conservazione degli atti negoziali.
L’intero contratto di fideiussione contenente tali clausole, tuttavia, è solo parzialmente nullo, ovvero in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.
Per l’accoglimento della domanda di nullità assoluta della fideiussione, quindi, è necessario provare che il fideiussore non avrebbe in ogni caso prestato la garanzia senza le sopramenzionate clausole.
Onere probatorio e prova privilegiata nell’azione di nullità di fideiussione omnibus
Con riferimento alla situazione antecedente all’entrata in vigore dell’art. 7 d.lgs. n. 3 del 2017, nei giudizi promossi ai sensi dell’art. 33 della legge n. 287 del 1990 le conclusioni assunte dall’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, nonché le decisioni del giudice amministrativo che eventualmente abbiano confermato o riformato quelle decisioni, costituiscono una prova privilegiata, in relazione alla sussistenza del comportamento accertato o della posizione rivestita sul mercato e del suo eventuale abuso, anche se ciò non esclude la possibilità che le parti offrano prove a sostegno di tale accertamento o ad esso contrarie. Si tratta infatti di documentazione che, raccogliendo gli esiti di un’esaustiva istruttoria avente carattere definitivo, assume valore intrinseco di fonte probatoria privilegiata dell’illecito antitrust.
Al fine di valutare la validità ed efficacia delle clausole impugnate contenute in un contratto di fideiussione, il punto dirimente non attiene tanto alla diffusione di un modulo ABI da cui non fossero state espunte le nominate clausole, quanto alla coincidenza delle condizioni contrattuali col testo di uno schema contrattuale che potesse ritenersi espressivo della vietata intesa restrittiva. L’illiceità derivata dalle intese anticoncorrenziali a monte deve essere affermata se il contenuto delle stesse sia effettivamente trasposto nelle singole clausole dei contratti a valle, dovendosi pur sempre evitare il sillogismo secondo cui l’accertamento dell’intesa illecita comporterebbe in via automatica la nullità dei negozi conclusi tra le imprese aderenti al cartello e i singoli soggetti ad esso estranei.
Con il provvedimento n. 55 del 2005 la Banca d’Italia ha appurato che gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l’art. 2, co. 2, lett. a), l. 287/90, evidenziando in particolare come le verifiche compiute nel corso dell’istruttoria avessero mostrato, con riferimento alle clausole esaminate, la sostanziale uniformità dei contratti utilizzati dalle banche rispetto allo schema standard dell’ABI e come tale uniformità discendesse da una consolidata prassi bancaria preesistente rispetto allo schema dell’ABI (non ancora diffuso presso le associate), che potrebbe però essere perpetuata dall’effettiva introduzione di quest’ultimo.
In caso di controversia con caratteristiche stand alone – e cioè non direttamente fondata su fatti accertati in sede amministrativa di accertamento della violazione antitrust – l’onere probatorio volto a dare fondamento alla contestazione di intesa in relazione al disposto dell’art. 2 l. 287/90 ricade sulla parte che ha formulato la contestazione.
Nullità parziale di fideiussione omnibus per violazione di normativa antitrust: onere della prova
L’accesso alla tutela antitrust non è riservato alla sola categoria dei consumatori. Lo scopo della normativa antitrust di cui alla l. 287/1990 è quello di preservare e proteggere il funzionamento del mercato in senso oggettivo, in particolare dei valori della trasparenza e dalla correttezza, obiettivo che va ben oltre la tutela del singolo interesse individuale del soggetto che ha patito una lesione. Chiunque (consumatori, imprenditori, singoli utenti) può ritenersi vittima di illecito anticoncorrenziale e agire al fine di ottenere tutela reale (nullità), ricorrendone i presupposti.
In caso di accertamento dell’intesa anticoncorrenziale a monte dei contratti di fideiussioni omnibus per violazione all’art. 2, co. 2, lett. a), l. 287/90, nei contratti a valle si concretizza un regime di nullità parziale, in conformità al principio generale di conservazione del negozio giuridico. L’ipotesi di una nullità totale, quale possibile estensione della nullità di cui le clausole sono affette, rimane uno scenario eccezionale e di difficile verifica, rimesso completamente all’onere di allegazione, a carico della parte che ne ha interesse, di un quadro probatorio che dimostri l’essenzialità della componente viziata del negozio.
La mera produzione dello schema ABI e/o del provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia può avere un’esaustiva efficacia probatoria solo quando l’oggetto della controversia sia una fideiussione sottoscritta nel periodo sostanzialmente coincidente con l’istruttoria compiuta o comunque immediatamente successivo a tale accertamento. Al di fuori del perimetro temporale coincidente con l’arco di tempo in cui si è svolta l’istruttoria – o comunque esteso al periodo successivo immediatamente coincidente, in ipotesi ancora verosimilmente connesso all’attuazione di tali intese – e, dunque, nel caso di fideiussioni sottoscritte in un periodo marcatamente precedente o successivo al periodo ricompreso tra il 2002 e il maggio 2005, parte attrice è onerata dall’allegazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di illecito anticoncorrenziale di cui all’art. 2 l. 287/90, sia pure nei limiti in cui essa potrebbe dare conto della permanenza di tale intesa.
Nullità della fideiussione per contrasto con la normativa antitrust e competenza della Sezione Specializzata
Risulta competente il Tribunale delle Imprese con riferimento alla domanda di nullità della fideiussione, totale e parziale.
Non è necessario esperire il procedimento di mediazione per i contenziosi aventi ad oggetto fideiussioni stipulate dalla banca
La fideiussione non costituisce un contratto bancario strictu sensu, essendo invece un contratto di garanzia previsto e disciplinato dal codice civile, con la conseguenza che le controversie che alla medesima afferiscono sono escluse dall’ambito di obbligatorietà della mediazione ex art. 5, co. 1 bis, d.lgs. 28/2010, stante l’autonomia e l’estraneità del contratto di garanzia rispetto quello principale, garantito, cui inerisce. Inoltre, l’accertamento cui è chiamato il tribunale nelle controversie in materia antitrust, ossia la verifica dell’intesa illecita “a monte” da cui deriverebbe la nullità dei contratti “a valle”, per il sol fatto che contingentemente quello a valle sia un contratto bancario, finanziario o assicurativo, non determina la connotazione della controversia come relativa ad un contratto bancario, finanziario o assicurativo, rivolgendosi l’accertamento richiesto al contratto “a valle” non in sé considerato, ma in quanto strumento di ricezione dei contenuti dell’intesa illecita.
In punto di domanda risarcitoria, formulata ex art. 2043 c.c., per violazione della normativa antitrust, oltre che dei principi di correttezza, trasparenza, buona fede e solidarietà, trattandosi di ordinaria azione aquiliana, spetta all’attore allegare e provare, in ossequio ai principi generali in materia di riparto dell’onere della prova, il danno causalmente riconducile all’illecito lamentato ex artt. 1223, 1226 e 1227 c.c.
Le fideiussioni specifiche riproducenti lo schema ABI relativo alla fideiussione omnibus non sono nulle.
Nullità della fideiussione omnibus e competenza
In tema di accertamento dell’esistenza di intese restrittive della concorrenza vietate dall’art. 2 della l. 287/1990, e con particolare riguardo alle clausole relative a contratti di fideiussione da parte delle banche, il noto provvedimento n. 55 del 2005 della Banca d’Italia di accertamento dell’infrazione, adottato prima delle modifiche apportate dall’art. 19, co. 11, della l. 262/2005, possiede, al pari di quelli emessi dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, un’elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale, indipendentemente dalle misure sanzionatorie che siano in esso pronunciate. Il giudice del merito è, quindi, tenuto, per un verso, ad apprezzarne il contenuto complessivo, senza poter limitare il suo esame a parti isolate di esso, e, per altro verso, a valutare se le disposizioni convenute contrattualmente coincidano con le condizioni oggetto dell’intesa restrittiva, non potendo attribuire rilievo decisivo all’attuazione o meno della prescrizione contenuta nel menzionato provvedimento, con cui è stato imposto dall’ABI di estromettere le clausole vietate dallo schema contrattuale diffuso presso il sistema bancario.
Quel che assume rilievo, ai fini della nullità delle clausole del contratto di fideiussione di cui agli artt. 2, 6 e 8 dello schema ABI è il fatto che costituiscono lo sbocco dell’intesa vietata e cioè che attraverso dette disposizioni si siano attuati gli effetti di quella condotta illecita nei confronti di tutti gli operatori del mercato. Ciò che va accertato, pertanto, è la coincidenza delle convenute condizioni contrattuali col testo di uno schema contrattuale che possa ritenersi espressivo della vietata intesa restrittiva. Il giudice deve dunque valutare se le disposizioni convenute contrattualmente coincidano con le condizioni oggetto dell’intesa restrittiva.
Con riferimento alla fideiussione omnibus, laddove sia accertato che le clausole del contratto siano il frutto o, meglio, l’estrinsecazione di un’intesa illecita ex art. 2 l. 287/1990, può configurarsi, oltre al rimedio del risarcimento del danno, anche quello civilistico della nullità speciale, posta – attraverso le disposizioni di cui agli artt. 101 del TFUE e dell’art. 2 l. 287/1990 – a presidio di un interesse pubblico e, in specie, dell’ordine pubblico economico: dunque, nullità ulteriore a quella che il sistema già conosceva. In tal senso depone la considerazione che siffatta forma di nullità ha una portata più ampia sia della nullità codicistica di cui all’art. 1418 c.c. sia delle altre nullità conosciute dall’ordinamento, in quanto colpisce anche atti o combinazione di atti avvinti da un nesso funzionale, non tutti riconducibili alle suindicate fattispecie di natura contrattuale.
In caso di proposizione di una domanda finalizzata all’accertamento e alla dichiarazione di nullità di una fideiussione riproducente lo schema contrattuale censurato dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55 del 2005, la relativa cognizione è rimessa alla competenza esclusiva della sezione specializzata per le imprese. Tale principio non deve però essere travisato giungendo conseguentemente a ritenere che la competenza spetti inderogabilmente alla sezione specializzata per le imprese ogniqualvolta venga dedotta o allegata la nullità della fideiussione perché conforme allo schema ABI del 2003, censurato dalla Banca d’Italia. Invero, la riserva di competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa riguarda, per espressa disposizione della lettera dell’articolo 33 l. 287 del 1990, le sole azioni, non anche le eccezioni. Così, nel risolvere la questione del coordinamento tra la competenza funzionale a conoscere dell’opposizione del decreto ingiuntivo e la competenza del tribunale delle imprese in materia di nullità dei contratti per violazione delle norme antitrust, occorre riconoscere che soltanto se l’opponente formula una vera e propria domanda riconvenzionale di accertamento della nullità della fideiussione omnibus, indicata quale modalità di attuazione dell’intesa anticoncorrenziale, sussiste la competenza sul punto delle sezioni specializzate in materia di impresa.