Diritto di libero accesso alle cooperative o solo risarcimento del danno ingiusto
L’illegittimità dell’esclusione dalla qualità di socio della cooperativa trova fondamento nella mancata osservanza dell’obbligo di motivazione ex art.2528 c.c. Il diritto di libero accesso alle cooperative ex art.2524 c.c è garantito salvo il caso in cui il medesimo statuto della cooperativa vada a prevedere la necessità della sussistenza di determinati requisiti, ai fini dell’acquisizione dello status di socio.
Ai fini di una richiesta risarcitoria del danno ingiusto (patrimoniale e non patrimoniale) è necessario l’accertamento del rapporto causale intercorrente tra l’esclusione dalla qualità di socio e il prodursi del danno ingiusto. Dunque, ove l’acquisizione dello status di socio, stante la posizione giuridicamente rilevante e riconosciuta, sia subordinata al possesso di determinati requisiti previsti dallo statuto la sua negazione non va a costituire un violazione degli articoli richiamati.
Viola il divieto di patto leonino un accordo di investimento che consenta al socio di sottrarsi ad ogni forma di perdita
Un accordo di investimento e patto parasociale che preveda l’inserimento di una c.d. opzione put a prezzo convenzionalmente stabilito può considerarsi concluso in violazione del divieto di patto leonino ex art. 2265 c.c. solo se dall’esame dell’intero e complessivo sistema di clausole dell’accordo in cui l’opzione è inserita emerge la realizzazione di una forma di finanziamento elusivo della causa societatis, idoneo ad escludere il socio in modo assoluto e costante da ogni forma di perdita del capitale sociale. In tal senso non è meritevole di tutela ex art. 1322 c.c. per difetto o illiceità della causa concreta un accordo di investimento e patto parasociale con cui viene attribuito ad un socio un diritto di opzione put a prezzo convenzionalmente stabilito, esercitabile anche nell’ipotesi di riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale, in quanto il caso contrario gli consentirebbe di sottrarsi illegittimamente e in modo assoluto e costante da ogni forma di perdita, potendo egli sempre ottenere senza la sopportazione di alcun rischio il rimborso del proprio credito mediante la mera retrocessione della partecipazione sociale al prezzo prestabilito (nel caso di specie ciò era possibile anche nell’ipotesi di riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale).
Disciplina degli aiuti di Stato e dell’amministrazione straordinaria nella vendita dell’intera azienda. Il caso Tirrenia-Moby
A differenza degli accordi che costituiscono una violazione della disciplina eurounitaria a tutela della concorrenza (in prima battuta, cioè, degli artt. 101 e 102 del TFUE), gli accordi stipulati a valle di un c.d. aiuto di Stato incompatibile con la relativa disciplina (e cioè, in prima istanza, con l’art 107 del TFUE) non sono – in linea di principio – invalidi o inefficaci perché questa seconda disciplina mira a sanzionare solamente gli atti (direttamente o indirettamente) riferibili allo Stato e non anche gli accordi stipulati in seguito e sul presupposto di questi (c.d. efficacia verticale e non orizzontale della sanzione avverso agli aiuti di Stato).
Luogo di convocazione dell’assemblea, pertinenza con l’ordine del giorno e nullità del bilancio
La circostanza che l’assemblea venga convocata presso il padiglione di una fiera ad orario notturno (22.45) non costituisce di per sé elemento idoneo a configurare una ragione di annullabilità delle deliberazioni per contrarietà alla legge o all’atto costitutivo. [ LEGGI TUTTO ]
Brevetto per invenzione: l’ovvietà dell’attività inventiva
L’adozione di soluzioni che, seppur non obbligate, risultano ovvie e l’insufficienza delle alternative, che, seppur possibili e da taluno praticate, inducono l’esperto ad utilizzare in modo ovvio la soluzione del brevetto, non soddisfa il requisito dell’attività inventiva previsto in materia brevettuale.
[Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado, in cui si dichiara la nullità del brevetto in quanto, pur ritenendo soddisfatto il requisito della novità, si è ritenuto mancante del requisito di attività inventiva]
Contraffazione e impedimenti alla registrazione del marchio di forma
La tesi che ritiene non registrabile come marchio (il quale non è sottoposto a limite temporali di tutela) una forma di prodotto già oggetto di brevetto quale modello o quale invenzione (soggetti ad una durata limitata della protezione) si basa sull’esigenza di non concedere la registrabilità di forme funzionali dettate da ragioni di utilità tecnica, non monopolizzabile se non nei limiti e secondo le regole proprie, appunto, dei brevetti per invenzione o per modello. Le forme idonee a realizzare un concetto innovativo brevettato, se sostituibili con altre forme in grado di realizzare il medesimo concetto, nel momento della scadenza del brevetto godranno di una tutela ristretta alla forma specifica registrata con piena libertà per chiunque di adottare forme alternative, ma non confondibili e che utilizzino lo stesso concetto innovativo. La circostanza, del resto, che in forza dell’art. 9 la preclusione riguardi il segno costituito “esclusivamente” dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, comporta che le forme non riconducibili in via esclusiva ad esigenze tecniche possono assolvere anche ad altre funzioni, vale a dire quella di marchio, per cui nel caso in cui una stessa forma veda la coesistenza di una funzione utilitaristica tecnica con quella propria del marchio, se questa è prevalente nell’uso non risulta applicabile il divieto di cui all’art. 9 CPI. Una forma puo’ essere registrata come marchio quando svolge prevalentemente una funzione distintiva, tipica del marchio, piuttosto che estetica o funzionale, tipica del modello. La forma, di conseguenza, dà un valore sostanziale al prodotto solo qualora il prodotto abbia un valore estetico di tale rilievo da poter essere ritenuto influente in sé sulla motivazione d’acquisto del consumatore.
Ai sensi dell’art. 121, 2°c., CPI, chi agisce in contraffazione deve dare la prova dell’esistenza di un danno ingiusto non essendo il prodursi del danno implicito nell’accertamento della contraffazione; la parte che formula tale domanda è, inoltre, onerata anche e specificamente della prova dell’entità materiale e dell’ammontare del danno, giacchè la valutazione equitativa del danno medesimo puo’ subentrare solo nel caso di difficoltà relative alla quantificazione del danno.
Non puo’ essere accolta la domanda di ordine di esibizione ai sensi dell’art.121, 2°c., CPI, in assenza “dei seri indizi” del danno e in assenza dell’allegazione di qualsivoglia elemento costitutivo del medesimo, nonché in presenza di generiche indicazioni sui documenti di cui si chiede l’esibizione e sulle informazioni che la controparte dovrebbe fornire. Non puo’ essere accolta la domanda di interrogatorio formale dedotto in assenza di capi di prova. Dev’essere respinta la domanda di distruzione “di tutto il materiale commerciale e pubblicitario” dato che nella parte motivata dell’atto introduttivo manca qualsivoglia allegazione anche solo relativamente alla sua esistenza.
Anche modelli esteticamente molto vicini posseggono individualità se idonei a attirare l’attenzione del pubblico o costituire motivo di preferenza per l’acquisto
Possono accedere alla tutela come modello quelle forme estetiche, nuove ed idonee a conferire un’impressione generale diversa rispetto al patrimonio del noto, ed attributive di quel livello di individualità tale non solo da attirare l’attenzione del pubblico, ma altresì da costituire motivo di preferenza per l’acquisto.
In particolare, quanto ai presupposti per la sua validità, va rammentato che:
– la novità sussiste quando nessuna delle anteriorità riproduca tutte, e contemporaneamente, le stesse linee e soluzioni estetiche del design oggetto di indagine. Dunque, l’assenza di divulgazione di un modello identico anteriormente alla data della sua domanda di registrazione consente di predicarne la novità;
– il carattere individuale di cui all’art. 33 c.p.i. consiste nella capacità del disegno di suscitare un’impressione generale diversa da quella degli altri disegni o di altri modelli anteriori nell’utilizzatore informato. Tale figura va identificata nel consumatore che possiede una particolare conoscenza del settore merceologico di riferimento e, pertanto, è capace di cogliere differenze e dettagli che sfuggono al consumatore medio e che non sono visibili ad una rapida occhiata. Con la conseguente possibilità di ravvisare un’ impressione generale anche per modelli esteticamente molto vicini.
Il carattere individuale costituisce poi un presupposto assai meno pregnante rispetto a quella vera e propria potenzialità di far evolvere il gusto e di configurare una nuova estetica prescritto dalla normativa previgente (speciale ornamento).
Nullità delle delibere assembleari che impongono obbligazioni patrimoniali aggiuntive
É affetta da nullità per impossibilità dell’oggetto, ai sensi dell’art. 2379 c.c., la delibera assembleare che imponga ai soci delle obbligazioni patrimoniali aggiuntive non previste dallo statuto, in mancanza del consenso dei soci stessi. La struttura degli enti societari è caratterizzata da un rigoroso regime di tipicità, secondo cui vi è una separazione tra patrimonio sociale e patrimonio dei soci, che non può essere superata, per non vulnerare l’autonomia patrimoniale dei soci. L’unica deroga è prevista dall’art. 2345 c.c., il quale prevede che lo statuto possa essere “la sede in cui i soci promettono alla società prestazioni ulteriori”: tuttavia, anche in presenza di tale previsione, l’assemblea societaria non è titolata a determinare, secondo la propria volontà, il venir in essere di una nuova pretesa avverso i soci, ma delinea solamente la possibilità che emerga un rapporto contrattuale autonomo tra la società ed i soci, al verificarsi dei presupposti determinati dalla previsione statutaria specifica.
Divieto di elidere contabilmente le perdite in caso di perdita del capitale sociale al disotto del minimo legale
E’ nulla in quanto avente un oggetto illecito la delibera assembleare tramite cui una s.r.l., a seguito della perdita di oltre un terzo del capitale sociale al disotto del minimo legale, anziché procedere ai sensi dell’art. 2482-ter c.c., immetta valori patrimoniali in modo da elidere contabilmente le perdite (nel caso di specie, l’assemblea aveva deliberato di ripianare le perdite tramite la rinuncia di alcuni soci ad un credito per anticipazioni e imponendo ad un socio un versamento nelle casse della società). [ LEGGI TUTTO ]
La concorrenza sleale c.d. parassitaria prescinde dalla nullità dei segni distintivi dell’impresa, potendo ben risultare aliunde
Ai fini concorrenziali rileva l’attività confusoria e parassitaria in sé considerata, attività che prescinde del tutto dalla validità o meno del marchio. Un’impresa, infatti, ha tutela contro la concorrenza sleale indipendentemente dalla validità dei titoli di privativa industriale di cui fosse eventualmente titolare, come avviene nel caso di utilizzo di una ditta o insegna identica da parte di un concorrente.
In altre parole, quand’anche il marchio fosse nullo in quanto non distintivo, sarebbe in ogni caso concorrenzialmente illecita l’attività di un concorrente che si propone su internet quale rivenditore degli stessi identici prodotti, sfruttandone parassitariamente l’iniziativa commerciale mediante l’adozione dei medesimi codici ASIN, in tal modo comparendo sistematicamente quale rivenditore alternativo all’impresa in qualsivoglia ricerca eseguita da un utente.