Fideiussione omnibus: nullità, onere probatorio e prova privilegiata
Nei giudizi aventi a oggetto controversie antitrust, l’organo giudicante è chiamato a verificare l’esistenza di un’intesa illecita “a monte” che ha come conseguenza la nullità dei contratti “a valle”. Tale accertamento si riflette nei giudizi aventi a oggetto la declaratoria di nullità di una fideiussione in una verifica, in primo luogo, del rapporto personale di garanzia dedotto e, in secondo luogo, del periodo temporale in cui detto rapporto personale di garanzia è stato dedotto con una conseguente gradazione dell’onus probandi.
L’organo giudicante, quanto al rapporto personale di garanzia dedotto, è chiamato a verificare la sussumibilità della fideiussione nello schema delle fideiussioni omnibus, avendo quest’ultima la finalità, specifica e diversa dalla fideiussione civile, di garantire specificatamente il credito bancario in ragione dell’attività di concessione di finanziamenti in via professionale e sistematica agli operatori economici. È, infatti, questa specifica fattispecie contrattuale oggetto di valutazione da parte della Banca d’Italia con il provvedimento n. 55 del 2005; quanto al periodo temporale di assunzione del rapporto di garanzia, la data di assunzione dell’impegno di garanzia. E invero, il provvedimento n. 55 del 2005 di Banca d’Italia costituisce prova privilegiata dell’intesa restrittiva della concorrenza solo per gli impegni di garanzia assunti tra il 2002 e il 2005. Ne consegue che, per gli impegni di garanzia assunti successivamente a tale arco temporale, l’attore sarà onerato dell’allegazione e della dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di illecito concorrenziale ex art. 2, co. 2, lett. a), l. 287/1990. Tale onere sarà ancora più stringente laddove la declaratoria di nullità venga invocata per fideiussioni che, in ragione del relativo contenuto, non essendo sussumibili alla figura della fideiussione omnibus, rientrino nella fideiussione civile specifica; in tale ipotesi, l’attore sarà onerato di allegare e dimostrare con autonomi e specifici fatti l’esistenza di una fattispecie di comportamento anticoncorrenziale censurabile.
Nullità della delibera per difetto di convocazione e onere probatorio
Incombe sulla società convenuta l’onere probatorio relativo all’effettività e legittimità della convocazione assembleare nei confronti del socio che deduce di non averla ricevuta e quindi l’inadempimento della società. Ne discende, in difetto della relativa prova da parte della società convenuta, la declaratoria di nullità della relativa delibera.
Azione ex art. 146 l. fall.: natura ed onere probatorio
L’azione ex art. 146 l. fall. presenta natura inscindibile ed unitaria, in quanto cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c., a favore, rispettivamente, della società e dei creditori sociali, onde il curatore può formulare istanze risarcitorie tanto con riferimento ai presupposti della loro responsabilità contrattuale verso la società, quanto a quelli della responsabilità extracontrattuale nei confronti dei creditori; ma, una volta effettuata la scelta nell’ambito di ogni singola questione, egli soggiace anche agli aspetti eventualmente sfavorevoli dell’azione individuata, riguardando le divergenze non solo la decorrenza del termine di prescrizione, ma anche l’onere della prova e l’ammontare dei danni risarcibili.
La responsabilità dell’amministratore sussiste solo in presenza (i) della violazione degli obblighi posti a suo carico dalla legge o dallo statuto, (ii) della causazione di un danno al patrimonio sociale e (iii) della presenza di un nesso causale tra la violazione dei doveri e la produzione del danno. Invero, l’inadempimento rilevante nell’ambito delle azioni di responsabilità da risarcimento del danno nelle obbligazioni cosiddette di comportamento non è qualunque inadempimento, ma solo quello che costituisca causa (o concausa) efficiente del danno, sicché il creditore deve allegare un inadempimento qualificato, e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno. Sull’attore grava l’onere di allegare, e poi di provare, gli altri elementi indispensabili per aversi responsabilità civile, che sono perciò al tempo stesso elementi costitutivi della domanda risarcitoria: danno e nesso di causalità.
Onere della prova nell’azione di risoluzione del contratto di cessione d’azienda
In forza della disciplina della ripartizione degli oneri probatori, il creditore che agisce per la risoluzione o per l’adempimento del contratto può limitarsi a fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto e, se previsto, del termine di scadenza, e ad allegare l’inadempimento della controparte, spettando al debitore convenuto provare il fatto estintivo, modificativo o impeditivo del diritto.
Elementi costitutivi del dolo contrattuale e onere della prova
L’inadempimento della società etero-diretta non dimostra la diminuzione patrimoniale della controllata e la condotta abusiva della controllante
Il creditore sociale che intenda far volere la responsabilità risarcitoria ex art.2497 c.c. di un ente che esercita attività di direzione e coordinamento sulla società debitrice è gravato dall’onere di provare tutti i seguenti fatti costitutivi della pretesa: l’esercizio da parte della società convenuta di attività di direzione e coordinamento rispetto alla società debitrice; l’essere stato tale esercizio connotato da violazione dei principi di corretta gestione societaria; l’avere siffatto esercizio prodotto una lesione alla integrità del patrimonio della società etero-diretta tale da impedire il soddisfacimento del creditore attore sul patrimonio della etero-diretta.
L’inadempimento della società debitrice etero-diretta di per sé è un fatto dal quale non è possibile inferire in via univoca una diminuzione patrimoniale della controllata posta in diretto nesso causale con la condotta della controllante e che è insufficiente a dimostrare che, in concreto, la pretesa condotta abusiva della controllante abbia prodotto la lesione della integrità del patrimonio sociale della eterodiretta rilevante ai fini dell’affermazione della responsabilità prevista dall’art.2497 cc.
L’inadempimento rilevante nell’ambito delle azioni di responsabilità
L’azione ex art. 146 l.f. presenta natura inscindibile ed unitaria, in quanto cumula le due possibili forme di tutela previste per la società e per i creditori le quali si trasferiscono, con l’apertura del fallimento, in capo al curatore. Essa non rappresenta quindi un tertium genus, potendo fondarsi su presupposti sia dell’una che dell’altra azione, fermo il rispetto delle regole e degli oneri probatori inerenti a ciascuna. Dunque, una volta effettuata la scelta nell’ambito di ogni singola questione, egli soggiace anche agli aspetti eventualmente sfavorevoli dell’azione individuata, riguardando le divergenze non solo la decorrenza del termine di prescrizione, ma anche l’onere della prova e l’ammontare dei danni risarcibili.
La responsabilità dell’amministratore sussiste solo in presenza (i) della violazione degli obblighi posti a suo carico dalla legge o dallo statuto, (ii) della causazione di un danno al patrimonio sociale e (iii) della presenza di un nesso causale tra la violazione dei doveri e la produzione del danno, come da sempre rilevato dalla dottrina e dalla giurisprudenza per ogni forma di responsabilità civile.
L’inadempimento rilevante nell’ambito delle azioni di responsabilità da risarcimento del danno nelle obbligazioni cosiddette “di comportamento” non è qualunque inadempimento, ma solo quello che costituisca causa (o concausa) efficiente del danno sicché l’allegazione del creditore non può attenere ad un inadempimento, qualunque esso sia, ma ad un inadempimento per così dire qualificato, e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno.
Onere probatorio nel giudizio di opposizione contro la deliberazione di esclusione del socio di società cooperativa
Nel giudizio di opposizione contro la deliberazione di esclusione del socio di una società cooperativa, incombe sulla società – che, pur se formalmente convenuta, ha sostanziale veste di attore – l’onere di provare i fatti posti a fondamento dell’atto impugnato.
Estensione dell’onere probatorio dell’attore in merito ai presunti atti di concorrenza sleale del socio di s.r.l. che eserciti il proprio diritto/potere di controllo ai sensi dell’art. 2476 c.c.
Le azioni di un socio di s.r.l. consistenti nel richiedere copie della documentazione sociale, tra cui il bilancio, le scritture contabili e i contratti commerciali, o domandare delega operativa sui conti correnti della società, non permettono di configurare il medesimo come amministratore di fatto, rientrando tali richieste nei diritti/poteri attribuitigli ex art. 2476, comma 2 c.c., ai sensi del quale i soci che non partecipano all’amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione. Secondo l’orientamento della giurisprudenza prevalente, meritevole di essere condiviso, infatti, la corretta individuazione della figura dell’amministratore di fatto richiede l’accertamento dell’avvenuto inserimento nella gestione dell’impresa, desumibile dalle direttive impartite e dal condizionamento delle scelte operative della società, che si verifica quando le funzioni gestorie, svolte appunto in via di fatto, non si siano esaurite nel compimento di atti di natura eterogenea e occasionale, essendo la sistematicità sintomatica dell’assunzione di quelle funzioni. Gli elementi di cui tenere conto, in sintesi, sono i seguenti: 1) assenza di una efficace investitura assembleare; 2) attività esercitata (non occasionalmente ma) continuativamente; 3) funzioni riservate alla competenza degli amministratori di diritto; 4) autonomia decisionale (non necessariamente surrogatoria, ma almeno cooperativa non subordinata) rispetto agli amministratori di diritto.
Per provare che il socio che esercita i compiti connessi a tali diritti in realtà acquisisce informazioni strategiche sull’impresa al fine di compiere attività concorrenziale sleale a danno della propria società, l’attore deve assolvere al proprio onere probatorio ai sensi dell’art. 2697 c.c. Tale onere non può considerarsi soddisfatto qualora le circostanze su cui è stata richiesta l’ammissione di prova testimoniale siano valutative, generiche, irrilevanti o da provarsi documentalmente; le prove a fondamento dei fatti costitutivi della propria pretesa siano incomplete o i fatti stessi irrilevanti; non vi sia specifica e tempestiva contestazione di quanto affermato dal convenuto.
Giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e riparto dell’onere probatorio
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si determina una particolare inversione dei ruoli e degli oneri delle parti, con la conseguenza che la parte opposta, ma attrice in senso sostanziale, deve provare la fonte del proprio diritto, mentre spetta all’opponente, attore in senso processuale ma convenuto in senso sostanziale, dimostrare di avere
adempiuto ovvero dimostrare la non imputabilità dell’inadempimento.