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16 Dicembre 2020

Azione di responsabilità ex art. 146 l. fall. In caso di omesso adempimento degli oneri fiscali da parte dell’amministratore

L’azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146 l. fall. cumula i presupposti e gli scopi dell’azione sociale di responsabilità ex artt. 2392-2393 c.c. e dell’azione spettante ai creditori sociali ex art. 2934 c.c.

È onere probatorio incombente sulla curatela (attrice ex art. 146 l. fall) quello di dimostrare: (i) il mancato o negligente adempimento agli obblighi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo a tutela della compagine sociale e dei creditori sociali; (ii) l’esistenza di un danno causalmente imputabile al comportamento negligente dell’organo gestorio. La contumacia dell’amministratore convenuto è qualificabile come rinuncia alla prova della sussistenza di fatti impeditivi ed ostativi all’assolvimento del proprio onere probatorio.

Ai fini dell’imputabilità all’amministratore dei danni patiti dalla fallita, tra gli obblighi di diligente gestione e di conservazione del patrimonio sociale è compreso quello di gestire le risorse finanziarie in modo da provvedere agli obblighi fiscali, evitando così l’aggravio delle relative sanzioni e interessi di mora. Nel caso di omesso pagamento di oneri fiscali e contributivi da parte dell’amministratore della fallita, il danno è pari all’aggravamento del passivo provocato – da detta omissione – a causa dei maturati oneri per interessi e sanzioni, giacché non è sulla debenza o meno dell’imposta che incide il comportamento dell’amministratore stesso.

Attività da direzione e coordinamento – presunzione e onere probatorio

Ai fini della configurabilità dell’esercizio di attività da direzione e coordinamento ex art. 2497 c.c. il ricorso alla presunzione ex art. 2497 sexies c.c. non soddisfa pienamente l’onere probatorio, essendo necessario, per colui che agisce ex art. 2497 c.c., allegare gli elementi costitutivi dell’abuso dell’attività da direzione e coordinamento dovendo provare l’esercizio in fatto dell’eterodirezione con riguardo alle operazioni gestorie contestate.

Irregolare tenuta delle scritture contabili e azione di responsabilità

Eventuali irregolarità nella tenuta delle scritture contabili e nella redazione dei bilanci possono certamente rappresentare lo strumento per occultare pregresse operazioni illecite ovvero per celare la causa di scioglimento prevista dall’art. 2484, n. 4 c.c. e così consentire l’indebita prosecuzione dell’ordinaria attività gestoria in epoca successiva alla perdita dei requisiti di capitale previsti dalla legge, ma in tali ipotesi il danno risarcibile è rappresentato, all’evidenza, non già dalla misura del “falso”, ma dagli effetti patrimoniali delle condotte che con quei falsi di sono occultate o che grazie a quei falsi sono state consentite. Tali condotte, dunque, devono essere specificamente contestate da chi agisce per il risarcimento del danno, non potendo il giudice individuarle e verificarle d’ufficio.

In caso di azione di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare, il danno non deve essere automaticamente identificato nella differenza tra attivo e passivo fallimentare. Può essere individuato in via presuntiva (art. 1226 c.c.) nella differenza fra attivo e passivo solo in caso di radicale impossibilità di ricostruire le vicende societarie per mancanza o assoluta inattendibilità delle scritture contabili e a condizione che sia allegato e dimostrato uno specifico inadempimento, imputabile all’amministratore, tale da determinare specifici effetti pregiudizievoli – c.d. “inadempimento qualificato” – ma che non può consistere nell’omessa tenuta delle scritture contabili, in quanto la contabilità registra gli accadimenti economici che interessano l’attività dell’impresa, non li determina.

Responsabilità degli amministratori verso la società: diligenza e ripartizione dell’onere della prova

La diligenza cui l’art. 2392 c.c. si riferisce non attiene necessariamente a competenze tecniche economiche e/o finanziarie, bensì alla diligenza gestionale; il che comporta che le scelte degli amministratori devono essere informate, meditate, ragionevoli e basate sulle conoscenze tecniche richieste di volta in volta e non determinate da irresponsabile o negligente improvvisazione. La norma distingue anche il tipo di responsabilità tra gli amministratori per il caso che alcune funzioni siano attribuite in concreto soltanto ad alcuni di essi: in questo caso gli amministratori deleganti rispondono per non aver correttamente vigilato sull’operato dei primi e per non aver impedito la commissione del fatto. Essa, quindi, permette di “graduare” la responsabilità, disancorandola dal mero coefficiente oggettivo di produzione del danno e prediligendo l’aspetto (quanto meno) della colpa.

L’onere probatorio posto a carico dell’attore che si dolga della negligenza dell’amministratore ha ad oggetto l’inadempimento da parte di questi dei doveri ad esso imposti dalla legge o dallo statuto, il rapporto di causalità tra la condotta e il danno; incombe, invece, sul convenuto l’onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla propria condotta, fornendo la prova positiva dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi imposti. Non è, dunque, sufficiente elencare chi fossero gli amministratori in carica nel periodo del fatto contestato ed allegare un pregiudizio pari al valore commerciale dell’operazione, incombendo sull’attore l’onere di dimostrare il comportamento negligente posto in essere da ciascuno degli amministratori convenuti e le conseguenze dannose che una tale condotta (dolosa o colposa) avrebbe provocato.

Va ricordato che il giudizio del tribunale sulla diligenza degli amministratori non può investire nel merito le scelte di gestione. In base alla c.d. business judgment rule o giudizio prognostico postumo, infatti, è escluso che possa essere effettuato ex post un vaglio del merito e della bontà dell’affare, salva ovviamente la verifica che l’operazione non risulti del tutto irrazionale ed aleatoria, ma l’indagine dovrà essere volta esclusivamente a verificare ed accertare la correttezza procedurale della decisione. Per sindacare la ragionevolezza o meno dell’operazione con il criterio della prognosi postuma, il giudice deve collocarsi nella medesima posizione del convenuto all’inizio dell’attività dannosa e valutare, in base alla diligenza tecnica e/o professionale richiesta all’amministratore di una società in relazione all’atto concretamente posto in essere, se questo potesse considerarsi ragionevole o viceversa dannoso per la società con certezza o alta probabilità.

Per l’esercizio dell’azione di responsabilità da parte dei creditori sociali la legge prevede un termine di prescrizione quinquennale (art. 2949, co. 2, c.c.), che inizia a decorrere da quando il diritto può essere fatto valere. Tale momento è individuabile non nella data di commissione dei fatti gestori lesivi, bensì nel momento della percepibilità del danno ad essi conseguente: in particolare, per i creditori sociali, dalla data in cui risulta l’insufficienza del patrimonio sociale a soddisfare i loro crediti, momento molto vicino – se non coincidente – con la dichiarazione di fallimento.

Nella fattispecie prevista dall’art. 2391 c.c. il conflitto di interessi deve manifestarsi al momento dell’esercizio deliberativo: ciò a differenza della situazione regolata dall’art. 1394 c.c., ove invece rileva il conflitto di interessi che si sia manifestato in sede di esercizio del potere rappresentativo.

Presupposto applicativo della norma di cui all’art. 1304 c.c. è che la transazione riguardi l’intero debito solidale e non la quota interna del singolo debitore; in quest’ultimo caso (c.d. “transazione parziale”, estranea al perimetro applicativo dell’art. 1304 c.c.), gli altri condebitori non possono avvalersi della transazione come causa di estinzione dell’obbligazione, pur verificandosi la riduzione dell’intero debito solidale per un importo corrispondente alla quota transatta e, conseguentemente, rimanendo in capo agli altri condebitori un’obbligazione non maggiore di quella loro complessivamente attribuibile. Da ciò consegue che, in ipotesi di accertata responsabilità dei convenuti non paciscenti, essi saranno sì condannati al risarcimento dell’obbligazione residua, ma con la precisazione che se le somme oggetto di transazione risultino inferiori rispetto alla quota ideale dei debitori che vi hanno aderito, allora la somma cui siano stati complessivamente condannati i condebitori in solido andrebbe ridotta di un importo pari alla suddetta quota ideale e non alla minor somma oggetto di transazione; viceversa, laddove gli importi oggetto di accordo transattivo dovessero risultare maggiori rispetto alle quote ideali, il complessivo debito dei responsabili in solido verrebbe ridotto per tale somma, dal momento che il creditore non può ottenere un risarcimento maggiore del danno patito.

25 Febbraio 2020

Non costituisce storno di collaboratori l’assunzione “passiva” delle occasioni lavorative offerte spontaneamente dal mercato

Considerato che all’ex dipendente che abbia intrapreso un’autonoma attività imprenditoriale non può essere addebitato un obbligo generico di astensione – a tutela dell’ex datore di lavoro – esteso al punto di rifiutare occasioni lavorative offerte spontaneamente dal mercato, in assenza di prova di una condotta attiva diretta allo sviamento, si deve concludere che non siano riscontrabili i presupposti per accedere ai rimedi interdittivi e risarcitori di cui all’art. 2598 c.c..

25 Settembre 2019

Le dichiarazioni rese dagli ex amministratori al curatore fallimentare e al PM fanno piena prova nel giudizio di responsabilità

Nel giudizio di responsabilità introdotto dal curatore fallimentare nei confronti degli ex amministratori, rimasti contumaci, fanno piena prova ex art. 2700 c.c. le dichiarazioni rese dai medesimi ex amministratori al curatore fallimentare e al PM a motivo della qualifica di pubblico ufficiale di questi ultimi soggetti.

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22 Novembre 2018

Cancellazione di società e diritto al pagamento del corrispettivo di cessione di azienda tramite accollo di debiti

Se l’esistenza dell’ente collettivo e l’autonomia patrimoniale che lo contraddistingue impediscono, pendente societate, di riferire ai soci la titolarità dei beni e dei diritti unificati dalla destinazione impressa loro dal vincolo societario, è ragionevole ipotizzare che, venuto meno tale vincolo, la titolarità dei beni e dei diritti residui o sopravvenuti torni ad essere direttamente imputabile a coloro che della società costituivano il sostrato personale. Il fatto che sia mancata la liquidazione di quei beni o di quei diritti, [ LEGGI TUTTO ]

20 Aprile 2018

Soggettività giuridica delle società di persone e business judgement rule in ambito di s.n.c.

La società di persone, anche se sprovvista di personalità giuridica, costituisce comunque un distinto centro di interessi e di imputazione di situazioni sostanziali e processuali, dotato di una propria autonoma capacità processuale, sicché [ LEGGI TUTTO ]

8 Febbraio 2018

Onere della prova nell’azione di responsabilità per violazioni ex art. 2485 c.c. Valore probatorio della relazione ex art. 33 L. Fall. Revoca della delibera di “versamento in conto capitale”

Il curatore fallimentare che intenda far valere una responsabilità per omesso accertamento doloso o colposo della totale erosione del capitale sociale per perdite e della conseguente omissione degli adempimenti di cui all’art. 2485 c.c. deve allegare (e provare) che, successivamente alla perdita del capitale, sono state intraprese iniziative imprenditoriali connotate dall’assunzione di nuovo rischio economico-commerciale e compiute al di fuori di una logica meramente conservativa, individuare siffatte iniziative ed indicare quali conseguenze negative sul piano del depauperamento del patrimonio sociale ne sarebbero derivate, al netto dei ricavi (vedi Cass., n. 22911/2010; n. 17033/2008; n. 3694/2007). [ LEGGI TUTTO ]

3 Novembre 2017

Liquidazione del danno da mancato guadagno relativo all’esercizio dell’attività commerciale

Risulta incoglibile la domanda di liquidazione del danno da mancato guadagno relativo all’esercizio dell’attività commerciale allorquando l’istante non abbia fornito alcun elemento idoneo a rendere possibile un giudizio anche solo probabilistico in ordine alle utilità economiche che egli avrebbe conseguito se l’obbligazione fosse stata ex adverso adempiuta quale, a titolo di esempio, la redditività [ LEGGI TUTTO ]