Rapporti tra azione revocatoria ordinaria di una cessione di partecipazioni e azione di petizione ereditaria
L’azione revocatoria ordinaria può essere esperita anche quando non ci sia certezza che il credito sia liquido ed esigibile. È sufficiente, infatti, una semplice aspettativa che non si riveli prima face infrondata, ma che sia quindi probabile.
Nel caso in cui sia richiesta la prova della partecipazione di terzi agli atti di cui si chiede l’azione revocatoria, la prova della participatio fraudis del terzo, necessaria ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l’atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, può essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore e il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente.
Non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità dipendenza fra l’azione revocatoria e l’azione di petizione ereditaria ex art. 533 c.p.c. Pertanto, nel caso in cui sussistano i presupposti per l’applicazione di entrambe, nulla osta al titolare dell’aspettativa di credito di esperire ambedue le azioni. Infatti, la definizione del giudizio sull’accertamento del credito non costituisce l’indispensabile antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria, essendo d’altra parte da escludere l’eventualità di un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell’allegato credito litigioso, dichiari inefficace l’atto di disposizione e la sentenza negativa sull’esistenza del credito, con l’unico limite che l’eventuale sentenza dichiarativa dell’atto revocato non può essere portata ad esecuzione finché l’esistenza di quel credito non sia accertata con efficacia di giudicato.