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22 Luglio 2024

Domande di revoca cautelare dell’amministratore e sequestro conservativo e mancata prova del danno

L’azione sostitutiva del socio di s.r.l. ex art. 2476, co. 3, c.c. ha la stessa natura dell’azione sociale, e dunque carattere contrattuale, onde il socio deve allegare, con sufficiente determinatezza, l’addebito e fornire prova del danno e del nesso causale fra illecito e danno; spettando invece agli amministratori fornire la prova di assenza di colpa o di buon operato.

24 Luglio 2023

Revoca cautelare dell’amministratore di s.r.l. su istanza del singolo socio e rapporto con la denuncia per gravi irregolarità

L’azione di responsabilità contro gli amministratori di s.r.l. è promossa da ciascun socio, il quale può altresì chiedere, in caso di gravi irregolarità nella gestione della società, che sia adottato provvedimento cautelare di revoca degli amministratori medesimi. Si tratta di un’ipotesi di legittimazione straordinaria con la quale il socio in nome proprio fa valere il diritto della persona giuridica alla reintegrazione per equivalente pecuniario del pregiudizio al proprio patrimonio, con conseguente partecipazione necessaria (art. 102 c.p.c.) del soggetto titolare del diritto (la società), che deve stare in giudizio quale litisconsorte necessario con un curatore. Nel merito, presupposti per l’adozione del provvedimento cautelare tipico in discussione sono: (i) il permanere del rapporto gestorio fra la società e la persona fisica di cui è chiesta la revoca dall’incarico per gravi irregolarità nella gestione della società al momento della decisione sull’istanza; (ii) la prognosi giudiziale di probabile fondatezza dell’azione sociale esercitata dal socio (accertamento, in base a cognizione non piena, della violazione da parte dell’amministratore degli obblighi ad esso incombenti per legge e per statuto in dipendenza del rapporto gestorio con la società e del concreto pregiudizio al patrimonio della società derivato, in base a rapporto di causalità diretta, dall’inadempimento in questione); (iii) la qualificazione dei fatti imputati all’amministratore con tale azione in termini di gravi irregolarità nella gestione della società, da cui può derivare aggravamento del danno già cagionato al patrimonio sociale ovvero che siano suscettibili di determinare ulteriori danni. Le gravi irregolarità non rilevano in sé ma in quanto produttive di danno.

I presupposti dell’azione della denuncia al tribunale ex art. 2409 c.c. con la quale il socio può chiedere l’ispezione o la revoca dell’amministratore e la nomina di un amministratore giudiziario sono “gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società”, invece la domanda cautelare di revoca dell’amministratore ex art. 2476 c.c., essendo strumentale ad una azione risarcitoria di responsabilità, richiede che sia allegato il danno cagionato dalla condotta violativa degli obblighi di diligente e professionale gestione del liquidatore/amministratore.

L’azione intrapresa dal singolo socio di s.r.l. di cui all’art. 2476, co. 3, c.c. è connotata dal nesso di strumentalità rispetto all’azione di responsabilità prevista dalla stessa norma, avendo la funzione di impedire l’aggravamento del danno di cui si intende richiedere il risarcimento nel giudizio di merito e non essendo ipotizzabile un nesso di strumentalità rispetto a un’azione di revoca nel merito, di cui l’azione cautelare anticiperebbe gli effetti.

Mentre l’istituto ex art. 2409 c.c. risulta funzionale alla eliminazione di gravi irregolarità gestorie potenzialmente dannose per la società anche mediante l’attività di un amministratore nominato dal tribunale per il tempo necessario alla eliminazione delle stesse, al contrario, la disposizione contenuta nel terzo comma dell’art. 2476 c.c. evidenzia il carattere sanzionatorio della revoca dell’amministratore che abbia cagionato un danno alla stessa società mediante azioni ovvero omissioni costituenti anche gravi irregolarità di gestione. Da ciò consegue che la sostituzione dell’amministratore di società a responsabilità limitata nel corso del procedimento cautelare impedisce al giudice ogni pronuncia sull’istanza di revoca e che la legge non attribuisce al giudice che revochi l’amministratore di società a responsabilità limitata nel caso previsto dall’art. 2476 c.c. alcun potere di sostituire la propria volontà a quella dei soci della società nella nomina di altro amministratore in luogo di quello revocato. Al contrario, una diversa interpretazione della norma di cui all’art. 2476 c.c. – secondo la quale, per pervenire alla revoca dell’amministratore, sarebbe sufficiente provare l’esistenza di gravi irregolarità nella gestione – implicherebbe una sostanziale sovrapposizione tra i due istituti, i quali verrebbero ad avere, nella sostanza, lo stesso oggetto e lo stesso ambito di operatività.

15 Luglio 2022

Allegazione e prova dell’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza all’interno del mercato nazionale bancario

La mancata prova dell’esistenza di un’intesa anteriore o coeva alla stipulazione del contratto personale di garanzia, avente come oggetto o effetto quello di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale bancario attraverso la fissazione di specifiche condizione contrattuali, cagiona l’ inadempimento dell’onore probatorio ex art. 1697 c.c. per cui la domanda volta all’accertamento della nullità del contratto sottoscritto non può essere accolta, e né può trovare accoglimento la domanda subordinata di declaratoria della nullità parziale. Ad ogni modo, l’allegazione generica e non meglio specificata di una negazione della libertà di iniziativa economica e della compressione della propria sfera di disponibilità patrimoniale non consentirebbe, in ogni caso, di per sé sola, di ritenere assolto l’onere probatorio della domanda risarcitoria, né sarebbe applicabile il ricorso al criterio equitativo di cui all’art. 1226 c.c., che presuppone l’impossibilità oggettiva ed assoluta di prova del danno nel suo preciso ammontare.

28 Giugno 2022

L’amministratore di fatto e il danno derivante dall’irregolare tenuta delle scritture contabili

L’azione di responsabilità contro gli amministratori esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 l. fall. compendia in sé le azioni ex artt. 2393 e 2394 c.c. – con conseguente possibilità per il curatore di cumulare i vantaggi di entrambe le azioni sul piano del riparto dell’onere della prova, del regime della prescrizione (artt. 2393, co. 4; 2941, n. 7; 2949; 2394, co. 2, c.c.) e dei limiti al risarcimento (art. 1225 c.c.) ed è diretta alla reintegrazione del patrimonio della società fallita, patrimonio visto unitariamente come garanzia sia per i soci che per i creditori sociali.

L’amministratore di fatto di una società di capitali, pur privo di un’investitura formale, esercita sotto il profilo sostanziale nell’ambito sociale un’influenza che trascende la titolarità delle funzioni, con poteri analoghi se non addirittura superiori a quelli spettanti agli amministratori di diritto, sicché può concorrere con questi ultimi a cagionare un danno alla società attraverso il compimento o l’omissione di atti di gestione.

Il danno risarcibile a causa di irregolarità nella tenuta delle scritture contabili e nella redazione del bilancio – che sia stata idonea a occultare pregresse operazioni illecite o a celare la causa di scioglimento prevista dall’art. 2484 n. 4 c.c. per la perdita dei requisiti di capitale previsti dalla legge – è rappresentato, non già dalla misura del falso, ma dagli effetti patrimoniali delle condotte che con quei falsi di sono occultate o che grazie a quei falsi sono state consentite. Tali condotte, dunque, devono essere specificamente contestate da chi agisce per il risarcimento del danno, non potendo il giudice individuarle e verificarle d’ufficio.

Quanto alle giacenze di magazzino, la natura contrattuale della responsabilità dell’amministratore sociale consente alla società che agisca per il risarcimento del danno, o al curatore in caso di sopravvenuto fallimento di quest’ultima, di allegare l’inadempimento dell’organo gestorio quanto, restando a carico del convenuto l’onere di dimostrare l’utilizzazione delle merci nell’esercizio dell’attività di impresa.

11 Febbraio 2021

Nullità del marchio registrato in malafede

L’abuso di un rapporto di fiducia o di collaborazione costituisce una delle ipotesi emblematiche di registrazione del marchio in mala fede, che ricomprende tutte le ipotesi in cui qualcuno possa vantare una legittima aspettativa di tutela di cui il registrante sarebbe consapevole al momento del deposito.

Va rigettata la domanda di pubblicazione della sentenza ex art. 126 cpi, al pari della domanda risarcitoria, qualora non vi sia prova del danno e delle modalità di uso del marchio registrato in malafede nell’attività economica.

30 Ottobre 2020

Quantificazione del danno da risoluzione di contratto di cessione di azienda con patto di riservato dominio

Considerato che il mancato pagamento allegato dall’attrice è pari a circa il 50% del prezzo di cessione, non vi è dubbio che lo stesso integri gli estremi dell’inadempimento di non scarsa importanza di cui al generale rimedio risolutorio previsto dall’art. 1455 c.c. Trattandosi, infatti, di mancata esecuzione dell’obbligo principale gravante sull’acquirente, non può negarsi che tale omesso versamento comprometta l’equilibrio contrattuale.

Quale che sia la tesi che si voglia accogliere circa la natura sospensiva o risolutiva della condizione che prevede il patto di riservato dominio in capo all’alienante, rileva che, comunque, il cessionario è tenuto a tenere una condotta idonea a conservare integre le ragioni della controparte, non certo compatibile con comportamenti che conducono alla chiusura dell’azienda.

Considerato il diritto di riservato dominio e lo scioglimento del contratto, l’alienante ha diritto al risarcimento del danno da quantificarsi nella misura pari al prezzo di cessione, considerato il valore attribuito dalle parti al bene ceduto e poi andato distrutto.

Il danno subito dal venditore in caso di inadempimento del compratore sotto il profilo del lucro cessante consiste nel pregiudizio connesso alla mancata disponibilità del bene, cioè nel reddito che l’alienante avrebbe potuto ricavare ove il bene fosse rimasto nella sua disponibilità.

14 Settembre 2020

Responsabilità dell’amministratore di società fallita per sanzioni, interessi ed aggi dovuti a mancato pagamento delle imposte

Ai fini della prova del danno provocato dall’amministratore rimasto contumace alla società fallita per sanzioni, interessi ed aggi dovuti a mancato pagamento delle imposte è sufficiente produrre l’istanza di insinuazione al passivo di Equitalia, i provvedimenti di esecutività dello stato passivo e il prospetto riepilogativo delle sanzioni e degli interessi di mora irrogati alla fallita per il mancato pagamento delle imposte.

Per l’azione sociale di responsabilità infatti è sufficiente alla società attrice (da cui la procedura, per la tutela collettiva dei creditori, riceve l’azione) allegare l’inadempimento dell’amministratore all’obbligo gestorio suo proprio di provvedere -anche predisponendo al riguardo un assetto amministrativo idoneo a programmare e rispettare le scadenze fiscali- al pagamento degli importi dovuti allo Stato e alle diverse amministrazioni pubbliche a titolo di imposte dirette e indirette e di tasse collegate all’attività d’impresa, a fronte della quale allegazione, è onere del convenuto, per esimersi da responsabilità secondo la regola generale dell’art. 1218 cod. civ., dimostrare l’impossibilità di adempiere o quantomeno che l’omissione tributaria sia stata frutto di una scelta discrezionale di utilizzazione della liquidità sociale (in ipotesi, temporaneamente insufficiente) a scopi più urgenti, per poi ricorrere a richieste di rateazione e ammissione ai possibili benefici per attutire le conseguenze del ritardo.

17 Luglio 2020

L’antigiuridicità di un comportamento anticoncorrenziale non può essere disgiunta dalla valutazione delle conseguenze prodotte dal danno che tale condotta ha cagionato

Il danno derivante dal compimento di atti concorrenziali illeciti (siano essi tali per la violazione della clausola generale di cui all’art. 2598 c.c. ovvero di uno specifico patto negoziale) non può mai ritenersi in re ipsa bensì, quale conseguenza diversa e ulteriore rispetto alla violazione, richiede di essere autonomamente provato secondo i principi generali in materia risarcitoria (cfr. Cass. n. 7306/2009 e, più recentemente, Cass. n. 25921/2015).

Da ciò consegue la necessità della prova quantomeno presuntiva sia dell’eventus damni che delle sue conseguenze pregiudizievoli (patrimoniali e non), dedotte in causa, nella sfera giuridica del preteso danneggiato.

1 Aprile 2019

Responsabilità dell’amministratore di s.r.l. fallita per il compimento di operazioni aventi finalità distrattiva e sospensione del processo per contestuale pendenza di un giudizio penale sui medesimi fatti

I principi di diligente e corretta gestione richiamati dagli artt. 2392 e 2476 c.c. impongono agli amministratori di società di capitali, tra l’altro, di astenersi dal compiere ovvero di contrastare la realizzazione di qualsiasi operazione che possa rivelarsi svantaggiosa per la società e lesiva degli interessi dei soci e dei creditori. [ LEGGI TUTTO ]

7 Febbraio 2019

Competenza della sezione impresa per controversie connesse a trasferimento di partecipazoni sociali

Rientra nella competenza per materia del Tribunale delle Imprese la controversia avente ad oggetto la manleva pattuita nel contesto di un atto di cessione di quote sociali in quanto detta manleva rappresenta obbligazione ancillare alla cessione stessa, con conseguente competenza della medesima sezione specializzata ex art. 3, comma 2, lett. b), D.Lgs. n. 168/2003, ove si prevede la competenza nei procedimenti “relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti”. Analogamente, rientra nella medesima competenza una domanda relativa alla rinuncia a esperire l’azione di responsabilità sociale nei confronti di un ex amministratore.

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