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Comproprietà di una partecipazione sociale e curatore speciale

In tema di comproprietà di una partecipazione sociale, deve rilevarsi il difetto di legittimazione attiva dei singoli comproprietari a far valere, uti singuli, i diritti derivanti dalla partecipazione nonché l’esercizio delle azioni giudiziali dirette alla tutela della partecipazione medesima, atteso che l’art. 2347, comma 1, c.c., nel considerare la ipotesi di azione in comproprietà, ha previsto che l’esercizio dei diritti dei contitolari sia compiuto da un rappresentante comune.  Al fine di evitare che la mancata nomina elettiva, per contrasti all’interno della comproprietà, possa impedire quell’esercizio, la norma da ultimo citata ha stabilito che la nomina possa essere effettuata dall’autorità giudiziaria, così coprendo un vuoto normativo sul punto e ad un tempo confermando la obbligatorietà dell’esercizio unitario dei diritti attraverso la rappresentanza comune.

In ipotesi di contitolarità di una quota del capitale sociale, tanto l’intervento in assemblea ed il relativo diritto di voto, quanto il potere di proporre l’impugnazione di cui agli artt. 2377 e 2379 c.c. e altre azioni giudiziarie, competono, in via esclusiva, al rappresentante comune (sia esso nominato dagli stessi soci ovvero, in difetto, dall’autorità giudiziaria), non residuando in capo al singolo titolare la facoltà di invocare alcuna tutela giurisdizionale, né in via concorrente, né in via residuale. In questa prospettiva deve essere letto, inoltre, l’art. 2468, comma 5, c.c., il quale contempla una ipotesi di rappresentanza necessaria, i cui poteri sono esclusivamente attribuiti al soggetto designato secondo le modalità prescritte dagli artt. 1105 e 1106 c.c., con conseguente preclusione, per i partecipanti alla comunione, del concorrente esercizio dei diritti, da intendersi come l’insieme di tutti i diritti sociali, siano essi patrimoniali, amministrativi o processuali.

Il riconoscimento e la liquidazione del compenso a favore del curatore speciale, nominato ex art. 78 c.p.c., riguarda i rapporti interni tra il curatore stesso e la società, nel cui interesse è stato conferito l’incarico, con la conseguenza che la relativa liquidazione non compete al giudice della procedura in relazione alla quale una delle parti abbia avuto la nomina di un curatore speciale, poiché non trova applicazione l’art. 52 disp. att. c.p.c., secondo cui il compenso degli ausiliari del giudice è liquidato dal giudice che li ha nominati, considerato che il curatore speciale non riveste tale qualità.

6 Febbraio 2024

Esercizio dei diritti sociali afferenti a quota di s.r.l. in comproprietà

In tema di esercizio dei diritti inerenti alla qualità di socio di una società di capitali, nel caso di quota indivisa in comproprietà tra più soggetti, l’art. 2468, co. 5, c.c. prevede che i diritti devono essere esercitati da un rappresentante comune. Tale disposizione detta un’ipotesi di rappresentanza necessaria, i cui poteri sono esclusivamente attribuiti al soggetto designato secondo le modalità prescritte dagli artt. 1105 e 1106 c.c., con conseguente preclusione, per i partecipanti alla comunione, del concorrente esercizio dei diritti, da intendersi come l’insieme di tutti i diritti sociali, siano essi patrimoniali, amministrativi o processuali. Corollario, questo, del principio di indivisibilità delle quote e delle azioni di cui all’art. 2347 c.c., norma che nel conferire alla partecipazione azionaria il carattere della indivisibilità, ha considerato indispensabile, in relazione alle esigenze peculiari della organizzazione societaria e alla natura del bene in comunione, la unitarietà dell’esercizio dei diritti, impedendone, quanto meno nei rapporti esterni, il godimento e l’amministrazione in forma individuale; e ciò al fine, da un lato, di evitare che contrasti interni si riflettano sulle attività assembleari e, dall’altro, di garantire certezza e stabilità delle deliberazioni assunte, correttamente approvate.

31 Ottobre 2023

In caso di comproprietà di partecipazioni, solo il rappresentante comune ha diritto a impugnare una delibera

La disposizione dettata dall’art. 2468, co. 5, c.c. contempla un’ipotesi di rappresentanza  necessaria, i cui poteri sono esclusivamente attribuiti al soggetto designato secondo le modalità prescritte dagli artt. 1105 e 1106 c.c., con conseguente preclusione, per i partecipanti alla comunione, del concorrente esercizio dei diritti, da intendersi come l’insieme di tutti i diritti sociali, siano essi patrimoniali, amministrativi o processuali. Corollario – questo – del principio di indivisibilità delle quote e delle azioni di cui all’art. 2347 c.c., norma che nel conferire alla partecipazione azionaria il carattere della indivisibilità, ha considerato indispensabile, in relazione alle esigenze peculiari della organizzazione societaria e alla natura del bene in comunione, la unitarietà dell’esercizio dei diritti, impedendone, quanto meno nei rapporti esterni, il godimento e l’amministrazione in forma individuale; e ciò al fine, da un lato, di evitare che contrasti interni si riflettano sulle attività assembleari e, dall’altro, di garantire certezza e stabilità alle deliberazioni assunte, correttamente approvate.

In ipotesi di contitolarità di una quota del capitale sociale, tanto l’intervento in assemblea ed il relativo diritto di voto, quanto il potere di proporre l’impugnazione di cui agli artt. 2377 e 2379 c.c., competono, in via esclusiva, al rappresentante comune (sia esso nominato dagli stessi soci ovvero, in difetto, dall’autorità giudiziaria), non residuando in capo al singolo titolare la facoltà di invocare alcuna tutela giurisdizionale, né in via concorrente, né in via residuale.

La controversia relativa all’impugnazione della delibera assembleare di una società a responsabilità limitata per abuso del diritto di voto da parte della maggioranza consiste nella denunzia di una causa di annullabilità della delibera e non di nullità. Ne consegue che il terzo non è legittimato a proporre l’impugnazione per vizio di annullabilità della delibera.

Nell’azione di nullità di delibera assembleare, a differenza che nell’azione di annullamento ove la preselezione operata dal legislatore in punto di legittimazione attiva qualifica il relativo interesse, il terzo deve allegare e dimostrare un interesse concreto ed attuale alla declaratoria di nullità in quanto esso è la fonte della sua legittimazione. In particolare, ai fini della proponibilità dell’impugnazione ex art. 2379 c.c. non è sufficiente un generico interesse al rispetto della legalità, laddove ne venga denunciata la nullità, ma è necessaria l’allegazione di un’incidenza negativa nella sfera giuridica del soggetto agente delle irregolarità denunciate riguardo al risultato economico della gestione sociale. Ciò significa che la qualità di socio non è requisito necessario, essendo legittimato qualsiasi soggetto purché titolare di un interesse concreto ed attuale all’impugnativa, interesse che deve sussistere non solo al momento della proposizione della domanda, ma anche al momento della decisione.

L’art. 2469 c.c. stabilisce che le partecipazioni sociali nelle s.r.l. possono essere liberamente trasferite, nei limiti delle previsioni dell’atto costitutivo, ma tale trasferimento ha effetto nei confronti della società solo dal momento del deposito presso il registro delle imprese dell’atto notarile che attesta la cessione della quota, ai sensi dell’art. 2470 c.c. La qualifica di socio non interviene con il mero deposito della domanda pubblicitaria, ma dal momento dell’iscrizione dell’atto nel registro delle imprese. Quindi, l’iscrizione nel registro delle imprese fa sì che l’acquirente diventi socio della società e permette a quest’ultimo di opporre il proprio acquisto e la propria qualifica ai terzi.

L’operatività dell’art. 2500 bis c.c. è circoscritta alla sola delibera di trasformazione e a quelle a essa strettamente funzionali e non anche a delibere meramente contestuali o accessorie. L’invalidità della deliberazione contenente modifiche non consentite non è sanata dall’iscrizione nel registro delle imprese, ai sensi dell’art. 2500 bis c.c., tutelando detta norma la stabilità dell’organizzazione del nuovo tipo societario, rispetto alla quale restano ininfluenti le deliberazioni solo occasionate dalla trasformazione.

La convocazione dell’assemblea non solo deve essere spedita anteriormente, ma deve comunque essere ricevuta prima dell’assemblea, di modo da consentire un consapevole esercizio del potere deliberativo. Nulla impedisce ai soci di convenire, all’atto della stipulazione del contratto di società, una disciplina diversa, che faccia decorrere il termine di convocazione dall’effettiva e documentata ricezione dell’avviso di convocazione anziché dalla sua spedizione. Occorre, però, sottolineare che la disciplina ha pur sempre per presupposto che il socio sia convocato: e ciò può dirsi avvenuto solo a condizione che l’avviso di convocazione abbia in qualche modo raggiunto il proprio scopo di far sapere al socio che si terrà un’adunanza in un certo luogo, in una certa data e con un certo ordine del giorno (anche se lo spazio di tempo a sua disposizione per prepararsi ad intervenire può in concreto risultare variabile).

21 Settembre 2023

Comproprietà di partecipazione in s.r.l. e legittimazione a impugnare la delibera assembleare

Qualora una quota di s.r.l. sia oggetto di comproprietà (volontaria o ereditaria), ogni posizione attiva dei diritti dei singoli comproprietari deve essere fatta valere dal rappresentante comune, il quale deve essere eletto a maggioranza, a sua volta calcolata non per teste, bensì avendo a riguardo al valore delle quote dei partecipanti alla comproprietà, ai sensi dell’art. 2468, co. 5 c.c., il quale rinvia agli artt. 1105 e 1106 c.c. Pertanto, in caso di comproprietà di partecipazioni, unico titolare della legittimazione a impugnare una deliberazione assembleare non è il singolo comproprietario – carente del potere di impugnare, così come di quello di esercitare il diritto d’intervento e di voto in assemblea –, bensì unicamente il rappresentante comune.

24 Aprile 2019

Il caso Telecom: sopravvivenza della legittimazione del rappresentante comune degli azionisti di risparmio alla fusione per incorporazione

Nell’ambito di una fusione per incorporazione, gli azionisti di risparmio della società incorporata conservano – anche in seguito all’efficacia della fusione e sino alla statuizione definitiva del giudice – la legittimazione al risarcimento del danno per erroneità e inadeguatezza del rapporto di cambio, azione esercitata in persona del loro rappresentante comune impugnando la deliberazione di fusione della loro società nella società incorporante.

Pertanto, ove il loro rappresentante comune, in esecuzione di esplicito mandato assembleare, eserciti la rappresentanza processuale attribuitagli dal combinato disposto degli artt. 147 T.U.F. e 2418 c.c. e successivamente, la categoria azionaria speciale degli azionisti di risparmio cessi di esistere, ciò non può comportare l’improcedibilità dell’azione già intentata sull’assunto di una sopravvenuta carenza di legittimazione degli azionisti di risparmio, e per essi del loro rappresentante comune, altrimenti si attribuirebbe al soggetto per definizione controinteressato (ovverosia la maggioranza assembleare degli azionisti ordinari) un diritto sostanzialmente potestativo di eliminare una tutela che la legge riconosce invece espressamente agli azionisti di risparmio.

30 Giugno 2018

Il rappresentante comune dei comproprietari di una partecipazione di s.r.l.

Lo scopo della norma di cui all’art. 2468, co. 5, c.c. è quello di individuare un unico interlocutore con la società, al fine di agevolare i rapporti tra questa e i partecipanti alla comunione. La norma è chiara nel sancire la obbligatorietà dell’esercizio di tutti i diritti dei comproprietari, senza alcuna eccezione, per il tramite del rappresentante comune. Sicché, la chiara espressione omnicomprensiva e lo scopo di rendere più agevoli – dal punto di vista organizzativo – i rapporti tra la società e i comproprietari della partecipazione sociale inducono a ritenere che ogni diritto connesso alla titolarità della quota debba essere necessariamente esercitato per il tramite del rappresentante comune. Si tratta, dunque, di un caso di rappresentanza necessaria.

Dall’investitura del rappresentante comune derivano due distinti rapporti, l’uno interno, tra comproprietari e rappresentante comune, e l’altro esterno, tra rappresentante comune e società, con applicazione dei principi generali in tema di mandato. Ne deriva che la violazione, da parte del rappresentante comune, delle istruzioni impartitegli dai comproprietari sarà, da un lato, inopponibile alla società, ma, dall’altro, potrà essere fonte di responsabilità sulla base del rapporto di mandato.

30 Ottobre 2017

Legittimazione processuale del rappresentante comune degli azionisti di risparmio di società fusa per incorporazione

Ove il rappresentante comune degli azionisti di risparmio, in esecuzione di esplicito mandato assembleare, eserciti la rappresentanza processuale attribuitagli dal combinato disposto degli artt. 147 TUF e 2418 c.c. evocando in giudizio la società e successivamente [ LEGGI TUTTO ]

26 Settembre 2016

Diritto di consultazione della documentazione sociale del comproprietario di quota di srl

Il diritto del socio di s.r.l. a consultare la documentazione sociale è un diritto prettamente individuale, a tutela del diritto del singolo socio e della società  ad una corretta amministrazione; ne deriva che, in caso di comproprietà della partecipazione societaria, il diritto in esame può essere esercitato dal singolo comproprietario anche in assenza di un rappresentante comune, in virtù del fatto che il diritto di vigilare sull’amministrazione mediante l’esame della documentazione contabile, in quanto consustanziale alla qualità di socio e finalizzata alla tutela sia individuale che collettiva, deve ritenersi sussistente a prescindere dall’entità e dalla “qualità” della partecipazione societaria e, quindi, anche in caso di proprietà comunitaria della quota.