Dei presupposti per l’esperimento dell’azione ex art. 2476 co. 7 c.c.
L’inadempimento contrattuale delle obbligazioni della società delle quali risponde la stessa con il suo patrimonio, il fatto di non aver consentito la consultazione della contabilità sociale e l’omessa predisposizione tempestiva dei bilanci o il fatto che in essi non sia stata rappresentata una posta passiva relativa al credito di un socio, non integrano un danno patrimoniale individuale (neppure astrattamente) configurabile come conseguenza immediata e diretta di una condotta illecita dell’amministratore, che sia presupposto per l’esperimento dell’azione ex art. 2476 co. 7 c.c.
Sequestro conservativo nei confronti dell’amministratore di fatto
Amministratore, o liquidatore, di fatto è colui che svolge i compiti precipui di tali organi, in maniera non sporadica; ma la sistematicità dell’ingerenza è desumibile anche dalla rilevanza di singoli atti, di cui si possa attribuire la paternità all’amministratore di fatto; [nel caso di specie, il tribunale ha considerato sufficiente a rivelare l’esercizio, di fatto, dell’amministrazione l’avere il resistente redatto dei bilanci, tra cui quello finale di liquidazione, e portato gli stessi in assemblea per l’approvazione dei soci].
Effetti processuali delle dimissioni dell’amministratore nel giudizio cautelare di revoca ex art. 2476, co. 3, c.c.
Nel giudizio cautelare di revoca dell’amministratore unico di s.r.l. promosso dal socio ai sensi dell’art. 2476, co. 3, c.c., le dimissioni dell’amministratore insieme e lo scioglimento della società determinano il venir meno della necessità di una pronuncia giudiziale sulla revoca dell’amministratore, poiché è dalla stessa volontà delle parti che emerge la rinuncia tacita ai diritti litigiosi. La statuizione di cessazione della materia del contendere comporta in ogni caso l’obbligo per il giudice di provvedere sulle spese processuali del giudizio secondo il principio della soccombenza virtuale, salva la facoltà di disporne motivatamente la compensazione, totale o parziale.
Mala gestio dell’amministratore e direttive impartite dal socio
Non rientra negli obblighi del buon amministratore di società di capitali, e ne costituisce anzi palese violazione, farsi strumento del volere del socio che comporti scelte gestionali non conformi all’interesse della società o addirittura in violazione di legge. La prospettazione dell’amministratore unico di essere stato mero strumento delle indicazioni o imposizioni altrui non può in alcun modo costituire esimente della sua responsabilità, né titolo per rivalersi nei confronti di chicchessia gli abbia in ipotesi impartito indicazioni su come operare, avendo l’amministratore unico il dovere di rifiutarsi di assecondare tali indicazioni e dovendosi se del caso dimettere in seguito ad indebite pressioni. Sussiste, in altri termini, un obbligo giuridico di non agire secondo le indicazioni altrui, cosicché l’amministratore unico non ha alcun titolo per rivalersi su colui che, in ipotesi, lo abbia indotto ad agire in violazione dei propri doveri di buon amministratore.
La qualità di amministratore, e dunque l’obbligo di comportarsi secondo legge e statuto nella gestione della società, toglie ogni rilevanza all’eventualità della eterodirezione delle condotte, tenuto conto che l’eventuale concorso esterno di chicchessia nella mala gestio dell’amministratore non lo esime dalla responsabilità diretta derivante dalla carica gestoria.
Doveri e responsabilità dell’amministratore unico di s.r.l.
L’amministratore di s.r.l. non solo può, ma deve amministrare la società secondo professionalità e diligenza e risponde delle conseguenze del suo eventuale disinteressamento, quale deve qualificarsi la delega totale della gestione a terzi.
Mala gestio per pagamenti per cassa non quietanzati
Nel contesto dell’azione di responsabilità esercitata dal curatore, il pagamento di debiti verso fornitori ‘per cassa’ senza il rilascio di quietanze rappresenta comportamento dannoso dell’amministratore, non trattandosi soltanto di una pratica censurabile dal punto di vista fiscale, ma concretamente dannosa per la società.
Responsabilità dell’amministratore per la continuata e sistematica omissione di pagamenti verso l’erario, nonché per l’indebita prosecuzione dell’attività di impresa
Illegittima prosecuzione della gestione aziendale
L’accertamento del verificarsi di una causa di scioglimento della società, da parte dell’amministratore unico ovvero da parte del consiglio di amministrazione, non ha carattere né effetto costitutivo dello stato di scioglimento, ma puramente e semplicemente dichiarativo del medesimo. Conseguentemente, il divieto di intraprendere nuove operazioni sorge per il solo verificarsi della causa di scioglimento, anche prima ed indipendentemente dal fatto che l’assemblea ne prenda o ne abbia preso atto.
Vanno qualificate come nuove operazioni tutti quei rapporti giuridici che, svincolati dalle necessità inerenti alle liquidazioni delle attività sociali, siano costituiti dagli amministratori per il conseguimento di un utile sociale e per finalità diverse da quelle di liquidazione della società.
In applicazione del disposto dell’art. 2486 c.c., integra responsabilità degli amministratori la prosecuzione, dopo che si sia verificata una causa di scioglimento, dell’attività economica della società con assunzione di nuovo rischio imprenditoriale che abbia determinato effetti pregiudizievoli per la società stessa, i creditori o i terzi.
La mancata convocazione dell’assemblea dei soci e la mancata predisposizione e approvazione del bilancio di esercizio sono sintomatici dell’intenzione di occultare la riferita perdita di esercizio e dell’illegittima prosecuzione della gestione aziendale.