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29 Novembre 2024

La legge applicabile all’azione di responsabilità promossa ex art. 2395 c.c. nei confronti dell’amministratore di società costituite e aventi sede all’estero

L’azione di responsabilità promossa ex art. 2395 c.c. dal socio nei confronti dell’amministratore di società controllate costituite e aventi sede all’estero può essere proposta davanti al giudice italiano ai sensi dell’art. 7, n. 2, del Regolamento UE n. 1215/2012, ove secondo la prospettazione dell’attrice, l’evento dannoso abbia avuto luogo nel territorio italiano.

L’azione di responsabilità ai sensi dell’art. 2395 c.c. promossa nei confronti di un amministratore di società controllate straniere è regolata dalla lex societatis ai sensi dell’art. 25 della legge n. 218/1995 deve essere regolata dalla legge straniera ai sensi dell’art. 25 comma 1, lett. i), della legge n. 218/1995. Tale conclusione appare condivisibile, poiché l’art. 2395 c.c., pur costituendo un’applicazione dell’art. 2043 c.c., presenta rispetto a quest’ultima azione due peculiarità in punto di decorrenza del termine di prescrizione e di limitazione del danno risarcibile e si colloca a chiusura di un sistema speciale di responsabilità dettato dal legislatore con riferimento all’amministratore di una società proprio in ragione della carica ricoperta, nel quale le dinamiche endosocietarie influenzano l’applicazione dei principi generali in tema di responsabilità. L’azione ex art. 2395 c.c., infatti, non è applicabile a qualsiasi condotta dell’amministratore, ma solo alle azioni o alle omissioni che egli pone in essere nell’esercizio o in occasione del suo ufficio, cosicché vi è comunque un riferimento alla materia societaria che giustifica l’applicazione della norma di conflitto di cui all’art. 25 della legge n. 218/1995.

20 Novembre 2024

Controllo di legalità sulla gestione dell’amministratore di società: presupposti per l’intervento del giudice

Nell’ambito del controllo di legalità sull’amministrazione (ora anche) delle società a responsabilità limitata di cui all’art. 2409 c.c., volto a ripristinare la legalità e la regolarità della gestione attraverso l’adozione di provvedimenti diretti al riassetto amministrativo e contabile della società che possono giungere alla revoca di amministratori e sindaci e alla nomina di un amministratore giudiziario, le “irregolarità” vanno intese nel senso di violazione di doveri che, per legge o per statuto, gravano sugli amministratori in funzione della gestione e devono attenere alla “legittimità” della stessa e non investire l’opportunità o la convenienza di scelte imprenditoriali ed economiche.

Dette irregolarità giustificano un intervento dell’autorità giudiziaria, in funzione di ripristino, solo se “gravi” e “attuali”, nonché laddove persistano al momento dell’adozione del provvedimento, nella loro potenzialità lesiva dell’interesse della società.

1 Ottobre 2024

Responsabilità degli amministratori verso la società: presupposti e natura

L’attività gestoria va svolta secondo competenza e diligenza, nell’interesse della società e dei suoi creditori; le decisioni gestorie che non siano assunte previa adeguata valutazione delle ragioni contro e a favore, dei rischi e dei benefici, generano, a carico di coloro che le assumono, responsabilità per i danni che da tali decisioni derivino alla società (2476 comma 3 c.c. – 2392 c.c.) e, indirettamente, ai suoi creditori, quando a causa delle medesime il patrimonio sociale diviene insufficiente a soddisfare i creditori (2476 comma 6 c.c.). Le scelte prive di alcuna logica appartengono a questo tipo di violazione.

L’illecito gestorio, relativamente al danno arrecato dall’amministratore alla società amministrata, ha natura contrattuale, con conseguente applicazione a carico dell’amministratore degli oneri probatori conseguenti e presunzione di colpa ex art. 1218 c.c.; gli amministratori, per questo tipo di violazioni, sono dunque tenuti a provare di avere operato le loro scelte, dalle quali si assume derivare un danno alla società, secondo logica e previa adeguata valutazione, nell’interesse sociale (nella specie il Tribunale ritiene fonte di responsabilità la conclusione di una transazione, che prevedeva a carico della fallita una rinuncia senza l’indicazione di qualsivoglia motivazione a fondamento).

12 Agosto 2024

Sull’onere della prova nell’azione sociale di responsabilità degli amministratori

L’azione sociale di responsabilità richiede che la società alleghi l’inadempimento degli obblighi gestori in capo all’amministratore, primo tra tutti l’obbligo di conservazione del patrimonio sociale, nonché alleghi e provi il danno ed il nesso causale rispetto all’inadempimento, danno che, in caso di atti distrattivi, consisterà nella perdita patrimoniale cagionata dalla relativa sottrazione imputabile all’organo amministrativo.

L’amministratore convenuto dovrà, invece, allegare e provare, ai sensi dell’art. 1218 cc, di avere adempiuto agli obblighi conservativi del patrimonio della società: egli è pertanto onerato di provare che gli atti di disposizione patrimoniale compiuti siano stati adottati nell’interesse della società, ovvero di non aver potuto adempiere a detti obblighi conservativi per fatto non imputabile.

31 Luglio 2024

Azione di responsabilità sociale: l’onere della prova in caso di illecito distrattivo

L’azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori e sindaci di società di capitali ha natura contrattuale, dovendo di conseguenza l’attore provare la sussistenza delle violazioni contestate e il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi, mentre sul convenuto incombe l’onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, fornendo la prova positiva dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi imposti.

Nel caso in cui l’addebito ascritto all’amministratore abbia natura distrattiva, l’onere probatorio gravante su parte attrice viene assolto mediante dimostrazione dell’avvenuto prelievo di somme dal patrimonio sociale o pagamento di importi, da parte della società, in favore dell’amministratore o di soggetti terzi, in assenza di valido titolo o per finalità che si assumano essere estranee ai fini sociali, essendo invece onere dell’amministratore quello di provare l’esistenza di una causa giustificatrice dei pagamenti ovvero la destinazione a fini sociali delle somme oggetto di contestazione.

27 Luglio 2024

L’azione di responsabilità sociale e l’onere della prova

L’azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori di società di capitali ha natura contrattuale, dovendo di conseguenza l’attore provare la sussistenza delle violazioni contestate e il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi, mentre sul convenuto incombe l’onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, fornendo la prova positiva dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi imposti.

Nel caso di azione di revoca cautelare, le allegazioni devono essere idonee a comprovare l’esistenza di gravi irregolarità gestorie, foriere di un grave pregiudizio al patrimonio sociale (nella specie, la ricezione di somme in contanti senza l’emissione di regolare scontrino fiscale).

12 Luglio 2024

L’onere della prova per l’azione di responsabilità sociale in caso di atti patrimoniali distrattivi

L’azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori di società di capitali ha natura contrattuale, dovendo di conseguenza l’attore provare la sussistenza delle violazioni contestate e il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi, mentre sul convenuto incombe l’onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, fornendo la prova positiva dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi imposti.

Nel caso di azione di revoca cautelare, le allegazioni devono essere idonee a comprovare l’esistenza di gravi irregolarità gestorie, foriere di un grave pregiudizio al patrimoniale sociale.

L’onere di allegazione che incombe sulla curatela assume quindi connotati e pregnanza diverse a secondo della tipologia di addebito contestato, della domanda proposta, e della natura della condotta e del danno lamentato.

In particolare, nel caso in cui venga allegato il compimento di atti patrimoniali distrattivi, è onere della parte attrice allegare il compimento delle gravi irregolarità gestorie, idonee a pregiudicare o danneggiare il patrimonio sociale, essendo invece onere dell’amministratore quello di provare di avere diligentemente operato. L’amministratore ha, infatti, l’obbligo giuridico di fornire la dimostrazione della provenienza e destinazione dei beni presenti nel patrimonio, con la conseguenza che dalla mancata dimostrazione può essere legittimamente desunta la prova della loro distrazione od occultamento.

26 Giugno 2024

Responsabilità degli amministratori per omesso versamento delle imposte

L’azione sociale di responsabilità ha natura contrattuale e, conseguentemente, sull’attore grava esclusivamente l’onere di dimostrare l’inadempimento (trattandosi di obbligazioni di mezzi e non di risultato), il nesso di causalità tra quest’ultimo e il danno verificatosi; mentre sull’amministratore incombe l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti.

Il pagamento delle imposte e degli oneri contributivi e previdenziali costituisce un dovere specifico degli amministratori di società e l’inadempimento degli obblighi tributari espone gli amministratori a responsabilità verso la società per il carico sanzionatorio derivante dalle violazioni riscontrate in sede di accertamento tributario, mentre il danno subito dalla società non può essere parametrato all’entità dell’imposta o del contributo omesso, in quanto la società era tenuta comunque a sopportarne il costo. Il danno può, quindi, essere commisurato soltanto sulla base dell’entità delle sanzioni comminate dall’amministrazione finanziaria e dagli interessi maturati successivamente alla scadenza del termine legalmente previsto, poiché tali esborsi sarebbero stati evitabili qualora l’amministratore, utilizzando l’ordinaria diligenza, avesse provveduto ad adempiere ai propri obblighi in modo regolare. Peraltro, è possibile ravvisare una responsabilità dell’amministratore solo in presenza di una condotta colpevole dello stesso, ciò presupponendo che l’amministratore – pur potendo provvedere al pagamento evitando il lievitare del debito – non lo avrebbe fatto senza giustificato motivo.

In merito al danno derivante dalla mancata escussione di crediti verso terzi, perché sia configurabile la responsabilità degli amministratori, il mancato incasso d’un credito, maturato dalla società in bonis prima del fallimento, non è sufficiente allegare l’inerzia degli amministratori nella riscossione di esso, occorrendo anche allegare e provare che il credito è divenuto inesigibile a causa di quella inerzia in ragione di fatti patrimoniali sopravvenuti della debitrice e/o della prescrizione del credito.

Il requisito del periculum in mora richiede la prova di un fondato timore di perdere le garanzie del proprio credito. Requisito desumibile, alternativamente, sia da elementi oggettivi, riguardanti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all’entità del credito, sia da elementi soggettivi, rappresentati invece da comportamenti del debitore che lascino presumere che, al fine di sottrarsi all’adempimento, egli possa porre in essere atti dispositivi idonei a provocare l’eventuale depauperamento del suo patrimonio.

11 Giugno 2024

Amministratore di società di capitali: natura del rapporto e responsabilità per irregolare tenuta della contabilità

La prestazione dell’amministratore non può essere assimilata a quella di un lavoratore subordinato o parasubordinato ovvero di un prestatore d’opera, non essendo essa soggetta ad alcun coordinamento o eterodirezione (neppure da parte dell’assemblea dei soci). Il rapporto tra la società e l’amministratore va, invece, ricondotto nell’ambito dei rapporti societari cui fa riferimento l’articolo 3, comma 2, lett. a) del D. Lgs. 168 del 2003. Da tale inquadramento giuridico del rapporto negoziale deriva l’inapplicabilità dell’articolo 36 Cost. e la conseguente natura derogabile del diritto al compenso spettante all’amministratore, e così: (i) il rapporto societario di amministrazione può configurarsi anche come contratto a titolo gratuito; (ii) il diritto al compenso è rinunciabile da parte dell’amministratore, anche tacitamente, mediante un comportamento concludente che riveli in modo univoco la sua effettiva e definitiva volontà dismissiva del diritto. In linea generale, nel rapporto interno con l’amministratore e sul piano contrattuale, le scelte negoziali per conto della società sono assunte ed espresse dai soci, ai quali spetta ex lege il potere di nominare e revocare gli amministratori e di determinarne, eventualmente, il compenso (artt. 2364, comma 1, n. 3 e 2389, comma 1 c.c.). Pertanto, al fine di individuare le modalità di regolamentazione del rapporto contrattuale con l’amministratore, occorre fare riferimento a quegli atti attraverso i quali, nell’ambito dell’organizzazione societaria, si manifesta la volontà dei soci con particolare riferimento al rapporto di amministrazione. Sovviene, in primo luogo, lo statuto della società, cui l’amministratore, nell’accettare la nomina, aderisce. In secondo luogo viene in considerazione la delibera assembleare di nomina degli amministratori, la quale: (i) laddove lo statuto attribuisca loro il diritto al compenso, può determinarne la misura; (ii) ove invece lo statuto preveda un diritto al compenso condizionato o non preveda alcunché, la stessa può deliberare l’attribuzione di emolumenti in favore degli amministratori, determinandone eventualmente l’ammontare ovvero ancora (iii) può non prevedere nulla al riguardo. In ultima istanza devono essere considerate le eventuali deliberazioni assembleari successive, laddove i soci, in corso di svolgimento del rapporto, eventualmente sollecitati in tal senso dagli amministratori stessi, abbiano stabilito l’attribuzione del compenso loro dovuto o anche solo il suo eventuale ammontare.
L’irregolare tenuta della contabilità non genera in sé un danno. La contabilità registra gli accadimenti economici che interessano l’attività dell’impresa, non li determina; ed è da quegli accadimenti che deriva il deficit patrimoniale, non certo dalla loro (mancata o scorretta) registrazione in contabilità. Può dunque condividersi l’affermazione secondo cui l’omessa tenuta della contabilità integra la violazione di specifici obblighi di legge in capo agli amministratori, ed è vero che tale violazione risulta di per sè (almeno potenzialmente) idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio sociale, ma il fatto che l’amministratore sia venuto meno ai suoi doveri di corretta redazione e di conservazione della contabilità non giustifica che venga posto a suo carico l’onere di provare la non dipendenza di quel deficit patrimoniale dall’inadempimento, da parte sua, di ulteriori ma non meglio specificati obblighi.

Responsabilità degli amministratori per danni cagionati alla società amministrata: presupposti e riparto degli oneri probatori

La responsabilità degli amministratori di società di capitali per i danni cagionati alla società amministrata ha natura contrattuale sicché la società (o il curatore) deve allegare le violazioni compiute dagli amministratori ai loro doveri e provare il danno e il nesso di casualità tra la violazione e il danno, mentre spetta agli amministratori provare, con riferimento agli addebiti contestati, l’osservanza dei doveri previsti dalla legge o dallo statuto.

Qualora la condotta contestata abbia ad oggetto la distrazione di cassa dal patrimonio sociale, la società (o il curatore) ha l’onere di allegare il prelievo ingiustificato di somme, e di offrire prove utili a ricostruire gli ammanchi, essendo invece onere dell’amministratore dimostrare  la propria estraneità ai fatti ovvero di provare la destinazione a fini sociali delle somme prelevate.

L’amministratore ha l’obbligo giuridico di fornire la dimostrazione della destinazione dei beni presenti nel patrimonio, con la conseguenza che dalla mancata dimostrazione può essere legittimamente desunta prova della loro distrazione od occultamento.