hai cercato per tag: responsabilita-degli-amministratori-di-srl - 185 risultati
5 Febbraio 2018

Diligenza degli amministratori di S.r.l. in caso di diminuzione del capitale sociale oltre il terzo, danno subito dalla società e danno subito in proprio dal socio

Le condizioni di cui all’art. 2482-bis c.c. possono verificarsi, e normalmente si verificano, non al termine dell’esercizio, ma nel corso di esso. Gli amministratori sono perciò obbligati a monitorare la consistenza del patrimonio sociale anche durante l’esercizio, in ragione del livello di diligenza minimo cui sono tenuti. [ LEGGI TUTTO ]

21 Dicembre 2017

Azione di responsabilità del curatore di S.r.l. fallita contro amministratori di diritto e di fatto, sindaci, società di revisione, amministratori di società controllante e un istituto di credito.

In tema di azione di responsabilità nei confronti di amministratori e sindaci, per il cui esercizio da parte del curatore fallimentare l’art. 146 l. fall. richiede che sia sentito il comitato dei creditori, i vizi inerenti alla procedura di preventiva audizione del comitato dei creditori [ LEGGI TUTTO ]

1 Dicembre 2017

Responsabilità degli amministratori nel fallimento e determinazione del danno

Nell’azione del curatore fallimentare contro gli amministratori ex art. 146 l. fall. confluiscono tanto l’azione sociale di responsabilità ex art. 2392 ss. c.c., di natura contrattuale, quanto l’azione di responsabilità spettante ai creditori ex art. 2394 c.c., di natura extracontrattuale. [ LEGGI TUTTO ]

20 Ottobre 2017

In tema di nesso di causalità tra condotta e danno nel giudizio di responsabilità dell’amministratore

Ai fini dell’imputazione di responsabilità in capo all’amministratore, è necessario che la società (o il socio attore ai sensi dell’art. 2476, co. 3, c.c.) dimostrino l’esistenza dell’inadempimento, del danno e del nesso causale tra i medesimi.

16 Ottobre 2017

Mancanza di scritture contabili e responsabilità dell’amministratore nei confronti del fallimento

Il mancato rinvenimento delle scritture contabili pur non consentendo al curatore del fallimento di ricostruire le vicende societarie e aggravando i suoi compiti, non consente di ritenere che l’intero deficit patrimoniale della società sia riconducibile all’organo amministrativo per la considerazione che la contabilità registra gli accadimenti economici che interessano l’attività dell’impresa e non li determina. L’omessa tenuta [ LEGGI TUTTO ]

10 Ottobre 2017

Azione di responsabilità nei confronti di amministratori di S.r.l.: la società come litisconsorte necessaria

In materia di responsabilità degli amministratori di società a responsabilità limitata, l’articolo 2476, comma 3, c.c. sancisce una legittimazione straordinaria del singolo socio a proporre azione di responsabilità verso i membri dell’organo amministrativo. Detta legittimazione è accordata nell’interesse della società, sicché è necessaria la compartecipazione attiva di quest’ultima al giudizio in qualità di titolare del credito risarcitorio.

Deve ritenersi pertanto ammissibile una attività difensiva svolta dalla curatela speciale, anche con riferimento alle eventuali posizioni antagonistiche assunte con riferimento alle domande ed eccezioni svolte dagli attori.

 

10 Ottobre 2017

L’approvazione del bilancio di esercizio non comporta implicita approvazione dei compensi degli amministratori

L’approvazione da parte dell’assemblea dei soci del bilancio d’esercizio dal quale risultano compensi a favore degli amministratori non comporta un’implicita approvazione da parte dell’organo assembleare dei compensi suddetti. Invero, guardando alla disciplina delle società di capitali, laddove l’atto costitutivo non dovesse prevedere la misura del compenso da accordarsi agli amministratori, è necessaria una esplicita delibera assembleare, autonoma rispetto a quella di approvazione del bilancio.

29 Settembre 2017

Legittimazione all’azione e presupposti dell’azione di responsabilità verso gli amministratori e amministrazione di fatto

La circostanza che, in base al terzo comma dell’art. 2746 c.c., a ciascun socio, indipendentemente dalla misura della propria partecipazione al capitale sociale e senza una previa deliberazione assembleare, sia attribuita la titolarità dell’esercizio dell’azione sociale, non significa che la società, titolare del diritto al risarcimento del danno tanto da potervi anche rinunciare, non sia legittimata all’esercizio dell’azione in questione, ma sta solo a significare che il socio di S.r.l. è legittimato all’esercizio dell’azione sociale nell’interesse della società stessa, benché, con ogni evidenza, non sia titolare del diritto al risarcimento del danno sofferto dalla società, potendo invero costui far valere iure proprio il diritto al risarcimento dei danni personalmente subiti solo nell’ipotesi di azione extracontrattuale, di cui al successivo sesto comma del citato art. 2476 c.c. Dunque il socio può agire come sostituto processuale, in nome proprio ma nell’interesse della società, la quale è – e rimane – titolare del diritto al risarcimento del danno sofferto a causa della condotta di mala gestio del proprio amministratore e, pertanto, la stessa è pienamente legittimata ad agire per il relativo risarcimento. 

Ai fini della risarcibilità del preteso danno, il soggetto agente, oltre ad allegare l’inadempimento dell’amministratore, deve anche allegare e provare, sia pure ricorrendo a presunzioni, l’esistenza di un danno concreto, cioè del depauperamento del patrimonio sociale di cui si chiede il ristoro, e la riconducibilità della lesione al fatto dell’amministratore inadempiente, quand’anche cessato dall’incarico: in ciò appunto consiste il danno risarcibile, che è un quid pluris rispetto alla condotta asseritamente inadempiente; in difetto di tale allegazione e prova la domanda risarcitoria mancherebbe di oggetto (cfr. Cass. 5960/2005).  In altri termini, è ormai accolto pacificamente in giurisprudenza (cfr. Cass. SU 26972/2008), il principio del superamento della ricostruzione della fattispecie risarcitoria in termini di danno-evento, essendo viceversa privilegiata l’opzione ermeneutica fondata sul concetto di danno-conseguenza. 

Incombe, invece, sugli amministratori l’onere di dimostrare l’inesistenza del danno ovvero la non imputabilità del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti (cfr. Cass. 22911/2010). 

Amministratore di fatto è chi, pur in assenza di una qualsivoglia formale investitura da parte della società, si sia sistematicamente e non occasionalmente ingerito nella gestione sociale (cfr. Cass. 28819/2008; Cass. 6719/2008; Cass. 9795/1999) e che, in conseguenza di un siffatto esercizio sistematico e completo dell’attività gestoria, sarebbe ipotizzabile una sua responsabilità risarcitoria in via diretta ed illimitata, in concorso con gli amministratori (di diritto), per l’intera gestione sociale in ipotesi causativa di danni alla società 

La presenza di un amministratore di fatto non costituisce – in caso di inadempimento nell’attività gestoria – per l’amministratore causa di esonero da responsabilità; anzi quest’ultima verrebbe addirittura a risultare aggravata, in quanto si dimostrerebbe in concreto che l’amministratore di diritto, venendo meno ai propri doveri istituzionali, non ha impedito che altri, privi della formale investitura, si attribuissero in fatto il potere di gestione della società. Inoltre, qualora fosse accertata la responsabilità di un amministratore di fatto, è evidente che si verterebbe in tema di responsabilità solidale (art. 2055 c.c.), potendo così il preteso danneggiato agire per l’intero indifferentemente nei confronti dell’uno o dell’altro responsabile, mentre qualsiasi ipotesi di ripartizione interna fra i responsabili solidali potrebbe assumere rilievo solo in caso di rituale domanda dell’interessato, previa altrettanto rituale chiamata in causa dell’altro preteso responsabile solidale, qualora non fosse già parte del giudizio. 

In mancanza di prova del danno da ritardo, non sono dovuti gli interessi compensativi. Tradizionalmente, a proposito di detta ulteriore somma di denaro, dovuta in conseguenza del mancato godimento della somma originaria, liquidata per il danno emergente, la giurisprudenza parla appunto di interessi compensativi (cfr. Cass. 11718/2002; Cass. 2654/2005), che vengono così a rappresentare una modalità liquidatoria, in via equitativa, del danno da ritardo nei debiti di valore (Cass. 4242/2003), in mancanza di prova specifica del danno da ritardo. Se dunque è accolta questa sostanziale equipollenza in ambito di liquidazione equitativa fra lucro cessante ed interessi compensativi e se è vera la superiore premessa sul danno-conseguenza, è allora evidente che non è configurabile alcun automatismo nel riconoscimento di tali interessi in funzione risarcitoria, con conseguente onere allegatorio e probatorio, anche attraverso presunzioni, a carico del danneggiato per il loro riconoscimento (cfr. Cass. 12452/2003; Cass. 20591/2004; Cass. 22347/2007). Dunque il riconoscimento degli interessi compensativi è possibile solo nel caso di allegazione e prova, da parte del creditore, su di un eventuale danno da ritardo, ulteriore e maggiore rispetto a quello risarcito con la rivalutazione monetaria (cfr. Cass. 12452/2003; Cass. 2654/2005 in motivazione). In conclusione, solo qualora l’equivalente monetario attuale del danno dovesse risultare in concreto, in base alle allegazioni e prove del danneggiato, non sufficiente a tenere indenne costui da tutte le conseguenze pregiudizievoli del fatto dannoso, a causa del ritardo con il quale la somma gli è stata erogata, il giudice può liquidare tale danno anche sotto forma di interessi, a condizione che tale danno sia ritenuto esistente prima del riconoscimento di detti interessi, che -come detto- costituiscono una mera modalità di liquidazione del danno. 

29 Settembre 2017

Irregolarità contabili e bilancistiche e necessità di prova del danno

In relazione all’ambito della responsabilità ex art. 2476 c.c., le mere irregolarità formali, tanto nella redazione del bilancio quanto nella tenuta della documentazione contabile, non sono di per sé causa di danno e conseguentemente fonte di obbligo risarcitorio a carico dell’amministratore, dovendosi sempre verificare, ai fini risarcitori, l’esistenza di concreti danni patrimoniali sofferti dalla società in conseguenza della condotta dell’organo amministrativo; è peraltro indubbio che artifici contabili possano essere segnali rivelatori di condotte censurabili e finalizzati ad occultare distrazioni o a giustificare in via meramente contabile esborsi o utilizzi di finanze societarie, effettuati al di fuori del perseguimento di interessi sociali. Pertanto, eventuali omissioni nella redazione e deposito del bilancio di esercizio, quand’anche esistenti, non costituiscono fatti di per sé dannosi: sicuramente, se esistenti, sono sintomatici di un comportamento non conforme ai doveri di diligente gestione della società, ma detto inadempimento non è automaticamente fonte di danno patrimoniale per la società stessa. Inoltre, l’inadempimento, da parte degli amministratori di società di capitali, degli obblighi imposti dalla legge o dall’atto costitutivo non può essere desunto da una scelta di gestione – queste scelte infatti, in quanto conseguenti a decisioni di natura imprenditoriale e quindi ontologicamente connotate da rischio, non sono sindacabili in termini di fonte di responsabilità contrattuale – bensì dal modo in cui la stessa è stata compiuta: in altre parole in questi casi è solo l’omissione, da parte dell’amministratore, di quelle cautele, di quelle verifiche ovvero dell’assunzione delle necessarie informazioni preliminari al compimento dell’atto gestorio, normalmente richieste per una scelta del tipo di quella adottata, che può configurare violazione dell’obbligazione di fonte legale in discorso, così come è fonte di responsabilità la colpevole mancata adozione di quei provvedimenti, che per legge o per atti interni avrebbero dovuto essere prontamente assunti a tutela della società (cfr. Cass. 3409/2013; Cass. 1783/2015).

La distrazione dei beni sociali consiste in una condotta – di tipo commissivo – volta ad utilizzare beni del patrimonio sociale per finalità diverse da quelle inerenti alla realizzazione dell’oggetto sociale o comunque al fine di avvantaggiare soggetti diversi dalla società e la prova del corretto impiego delle risorse finanziarie della società grava sull’amministratore, tenuto appunto a giustificare l’uso delle stesse per finalità sociali. A tal riguardo, ove sia processualmente emersa un’uscita di cassa, è onere dell’amministratore dimostrare, sulla base di elementi oggettivi, che quella determinata somma ha avuto in concreto l’impiego formalmente risultante dalla annotazione contabile, annotazione di per sé non sufficiente a favore dell’amministratore, e che pertanto quella somma è stata impiegata per soddisfare un interesse della società. La mera annotazione contabile, infatti, non vale a giustificare o a discriminare l’operato dell’amministratore, anche in considerazione del fatto che si tratta di annotazioni che provengono dal medesimo amministratore e che le stesse possono processualmente rilevare solo qualora fossero contra se ossia contro chi ha redatto le scritture contabili.

14 Luglio 2017

Responsabilità dell’amministratore per scorretta gestione societaria e imprenditoriale

L’attività distrattiva del patrimonio sociale ad opera dell’amministratore integra gli estremi della scorretta gestione societaria e imprenditoriale e ad essa si applicano le norme di cui agli artt. 2392, 2393, 2394 e 2394-bis del c.c.