Gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione del contratto e onere probatorio nella responsabilità del debitore
In tema di risoluzione del contratto per inadempimento, il rimedio di cui all’art. 1453 c.c. presuppone che l’inadempimento soddisfi il connotato della non scarsa importanza di cui all’art. 1455 c.c.; in particolare, con specifico riferimento al concetto di non scarsa importanza, il giudice deve tener conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive dalle quali sia possibile desumere l’alterazione dell’equilibrio contrattuale. La valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive costituisce questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito.
L’art. 1218 c.c. regolamenta la responsabilità da inadempimento e delinea, sotto il profilo soggettivo, un modello di responsabilità presunta, la cui disciplina ha significativi riflessi, in particolare, sul piano del riparto dell’onere della prova, giacché realizza una inversione dell’onus probandi previsto, in generale, dall’art. 2697 c.c. Nello specifico, il creditore, che intende far valere tale responsabilità, è gravato unicamente dall’onere di dimostrare in giudizio il titolo, allegare l’inadempimento e provare il danno; diversamente, anche in applicazione del principio di vicinanza della prova, spetta al debitore costituirsi in giudizio e dimostrare di aver esattamente adempiuto, ovvero di aver posto in essere quello sforzo di diligenza richiesto dalla natura della prestazione e che, per tale ragione, l’inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile (c.d. prova liberatoria).