La validità dell’atto di transazione e la corresponsabilità dei soci in solido con gli amministratori
La sussistenza di illeciti ascritti ad una delle parti in un rapporto transattivo non risulterebbe di per sé sufficiente ad invalidare l’atto di transazione, la cui finalità precipua è anzi quella di prevenire e risolvere ab origine le contestazioni che a vario titolo potrebbero essere sollevate nei confronti delle parti della transazione stessa. Argomentando diversamente, verrebbe frustrata quella che è la causa tipica – e quindi l’interesse in concreto – la cui realizzazione è perseguita dal contratto transattivo; tanto che è lo stesso art.2393 c.c. a prevedere la possibilità di transigere anche con riferimento all’azione di responsabilità avverso l’amministratore. L’unico limite che incontra la transazione, nella verifica intorno alla sua validità, è quello dell’art. 1972 c.c. ove afferma, al primo comma, la nullità della transazione relativa a un contratto illecito, e al secondo comma la sua annullabilità per la mancata conoscenza della nullità del titolo oggetto della transazione. La transazione, infatti, risulta prodromica rispetto al più generale intento – consueto nella prassi della successione delle cariche direttive societarie – di chiudere definitivamente, oltre che bonariamente, qualsiasi rapporto preesistente e/o pendente tra la società e chi all’interno di essa aveva precedentemente ricoperto un incarico direttivo. Definizione che, come espresso dagli atti di transazione, si estende sia alle pendenti pretese di credito sia a qualsiasi potenziale futura pretesa od azione esperibile dalla società nei confronti dei precedenti amministratori.
La rinuncia all’azione di responsabilità contro uno degli amministratori determina ipso iure la rinunzia ad ogni diritto ed azione anche nei confronti dei soci, quali asseriti condebitori solidali degli amministratori (ex art.2476 comma 7 c.c.), ciò in virtù dei principi dell’ordinamento che regolano l’istituto giuridico della solidarietà e, quindi, sulla base degli argomenti che si traggono pure dall’art.1301 c.c.
Azione di responsabilità promossa dal socio di S.r.l., nei confronti dell’amministratore, in veste di sostituto processuale
Gli amministratori sono responsabili nei confronti della società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società ai sensi dell’art. 2476 c.c.
È pacifico che in caso di contestazioni dell’operato di un amministratore in merito ad erogazioni in danaro da lui disposte, egli sia onerato dell’obbligo di fornire la prova dell’interesse sociale che ne giustifichi la disposizione. La mera registrazione nella contabilità sociale delle erogazioni non è sufficiente a dimostrarne la ragion d’essere.
Quanto alla responsabilità del socio in solido con l’amministratore, in ordine agli atti dannosi, il presupposto necessario ai fini della sua configurabilità è insito nella decisione o autorizzazione intenzionale, sicché, risulta necessaria la sussistenza della prova del deliberato concorso del socio.
L’azione di responsabilità ex art. 2476 c.c. è promossa dal socio in nome proprio, ma per conto della società, titolare del patrimonio leso dagli atti dell’amministratore, pertanto la condanna al risarcimento dei danni deve avvenire in favore della società.