Accertamento di un patto fiduciario e condanna a trasferire le partecipazioni
In tema di prova documentale il disconoscimento delle copie fotostatiche di scritture prodotte in giudizio, ai sensi dell’art. 2719 c.c., impone che, pur senza vincoli di forma, la contestazione della conformità delle stesse all’originale venga compiuta, a pena di inefficacia, mediante una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro ed univoco sia il documento che si intende contestare, sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all’originale, non essendo invece sufficienti né il ricorso a clausole di stile né generiche asserzioni.
Effetti della risoluzione del contratto di cessione di partecipazioni sociali
In caso di risoluzione del contratto di cessione di partecipazioni sociali, nell’ipotesi di accoglimento della domanda ex art. 1453 c.c., le restituzioni ex art. 1458 c.c. possono essere ordinate solo in presenza di un’espressa domanda di parte non essendo l’effetto restitutorio implicito nella domanda di risoluzione; detta domanda deve essere formulata anche dal lato dell’eventuale convenuto a cui sia addebitato l’inadempimento. Peraltro, nel caso in cui il contratto di cessione preveda il pagamento in forma rateale, lo stesso non può essere qualificato come contratto ad esecuzione periodica, con l’effetto che in caso di risoluzione dovranno essere regolate le relative restituzioni in applicazione e secondo i principi ex art. 2033 e segg. c.c..
Gli effetti risolutivi conseguenti alla sentenza di risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1458 c.c. trovano efficacia retroattiva tra le parti ma la pronuncia sulle restituzioni non ha natura reale bensì solo obbligatoria. In senso conforme si è espressa anche la Corte di cassazione, affermando che “nei contratti a prestazioni corrispettive la pronuncia costitutiva di risoluzione per inadempimento, facendo venir meno la causa giustificatrice delle attribuzioni patrimoniali già eseguite, comporta l’insorgenza a carico di ciascun contraente dell’obbligo di restituzione della prestazione ricevuta, indipendentemente dall’imputabilità dell’inadempimento con un effetto liberatorio ex nunc rispetto alle prestazioni da eseguire ed un effetto recuperatorio ex tunc rispetto alle prestazioni eseguite” (Cass. 4442/2014) e che “la risoluzione del rapporto contrattuale tra le parti […] non può, di per sé, valere a far considerare i cedenti a tutti gli effetti come soci della società anche nel periodo di tempo in cui le quote sono di fatto rimaste nella disponibilità del cessionario, con conseguente possibilità di esercizio da parte sua dei diritti sociali.” (Cass 16169/2014). Questo principio ha portata generale nel senso che, una volta risolto il contratto di cessione di partecipazioni sociali, non può essere considerato automaticamente a tutti gli effetti socio il cedente delle partecipazioni anche per il periodo in cui le quote sono rimaste di fatto nella disponibilità ed intestate al cessionario; tale conclusione è giustificata ulteriormente verso la società ed i terzi dagli effetti della pubblicità che del contratto di cessione è stata data sul registro delle imprese. E così per esempio rimarranno valide le delibere assunte prima della risoluzione contrattuale con il voto del cessionario.
La richiesta di dichiarare la sentenza titolo idoneo all’iscrizione presso il registro delle imprese va rigettata, non potendo la sentenza, costitutiva di risoluzione del contratto di cessione delle partecipazioni sociali, costituire un titolo che comporta ex se il trasferimento delle quote da cessionario a cedente. Lo stesso non è nemmeno uno degli atti tipici di cui la legge prevede la pubblicità con iscrizione al registro Imprese, non rientrando nemmeno nell’ambito dell’interpretazione estensiva dell’art 2470 c.c. che ha portato da tempo a consentire l’iscrizione delle domande giudiziali o delle sentenze che attengono al trasferimento delle quote di srl.
In ogni caso, nell’ipotesi di risoluzione del contratto di cessione di partecipazioni sociali, là dove sia reclamato il risarcimento del danno, deve distinguersi e non sovrapporsi la genesi del pregiudizio lamentato, non dovendo sovrapporre la gestione delle quote (da parte del socio) alla gestione dell’azienda sociale (da parte dell’amministratore); se le partecipazioni sociali hanno perso valore in conseguenza della compromissione del patrimonio o della situazione finanziaria della società a seguito delle scelte nella gestione dell’azienda, la responsabilità da invocare sarà quella gestoria connessa all’adempimento delle obbligazioni dell’amministratore della società la quale è distinta dall’esercizio dei diritti sociali inerenti le quote. Ferma questa precisazione, il benchmark di riferimento per la ricostruzione del danno subito non deve essere individuato nel prezzo di cessione delle quote, ma più correttamente nel valore delle quote al momento della stipulazione del contratto, da accertare se del caso mediante apposita consulenza tecnica d’ufficio.
Rinunciabilità della competenza arbitrale e rimborso delle quote di capitale in caso di recesso da società cooperativa
Nel caso in cui lo statuto sociale di una società cooperativa preveda espressamente che il rimborso delle quote di capitale versato al socio recedente sia subordinato alla capienza del capitale sociale al momento della cessazione del rapporto, nulla spetta a titolo di restituzione delle quote sociali al socio uscente [nel caso di specie lo statuto prevedeva la liquidazione delle quote versate “sulla base del bilancio d’esercizio nel quale lo scioglimento del rapporto sociale diventa operativo” e il bilancio evidenziava una consistente perdita].
La parte che, in presenza di clausola compromissoria arbitrale, adisce l’autorità giudiziaria ordinaria, anche per la mera richiesta di emissione di un decreto ingiuntivo la cui causa petendi comprenda, anche solo in parte, la materia devoluta alla cognizione arbitrale, pone in essere una condotta che implica la rinuncia alla giurisdizione arbitrale e, quindi, la conseguente non opponibilità dell’eccezione di incompetenza all’altra parte che abbia adito l’autorità giudiziaria per una controversia derivante dal medesimo rapporto.
Risoluzione del contratto di cessione di quote sociali e rimedi restitutori
La risoluzione di un contratto di cessione di partecipazioni sociali ha quali conseguenze l’emersione di rimedi risarcitori (ove ve ne siano i presupposti) e restitutori (nello specifico la retrocessione della quota sociale acquisita al cedente).
L’inadempimento alle obbligazioni contratte da parte del cessionario della quota sociale può essere riconnesso sia al mancato pagamento del prezzo pattuito, sia – nell’ambito di un contratto quadro più complesso ed i cui singoli atti siano tra loro connessi e correlati su di un piano causale e funzionale – alla omessa esecuzione di ulteriori obbligazioni previste e/o alla mancata definizione di uno o più atti esecutivi dell’accordo quadro (tra i quali l’acquisto progressivo di altre porzioni della quota o di altre partecipazioni).
La sostituzione dell’originario contratto di cessione di quote sociali con uno nuovo e con un diverso assetto di interessi determina il mutamento del titolo e della causa pretendi sottostante, con la conseguenza che il negozio (ed il relativo regolamento) non è più quello rappresentato dal primo contratto ma, bensì, quello del secondo; in ragione di ciò il cedente e/o la parte che abbia subito l’inadempimento non potrà agire sulla base delle obbligazioni del titolo originario, ove queste siano state sostituite da un nuovo assetto, in quanto l’inadempimento delle obbligazioni originarie sostituite non può comportare la caducazione degli effetti né degli atti compiuti in esecuzione del primo accordo (cessione di parte della quota), né del secondo contratto.