Condizioni per l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria di atto di conferimento societario
In tema di condizioni per l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria, è necessaria e sufficiente la consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi dei creditori, non essendo richiesto l’animus nocendi; tale pregiudizio si realizza anche quando l’atto dispositivo determina una variazione solo qualitativa del patrimonio, se essa rende più difficile la soddisfazione dei creditori, come ad esempio in caso di alienazione di un immobile e/o di un bene facilmente aggredibile dall’eventuale parte attrice per il soddisfacimento del proprio credito.
La declaratoria di inefficacia relativa, conseguente all’accoglimento della revocatoria proposta, mentre incide sugli effetti dell’atto dispositivo di conferimento, non pregiudica in alcun modo la validità della società, in ossequio al disposto dell’art. 2332 c.c.; ove, poi, il bene oggetto di conferimento venga, dal creditore, utilmente sottoposto all’esecuzione forzata, la società acquista nei confronti del socio (debitore esecutato) ragioni di credito corrispondenti al valore dei beni conferiti.
Sulla revocatoria ordinaria di atti di trasferimento di partecipazioni sociali
L’azione revocatoria ordinaria rappresenta uno dei principali strumenti predisposti dall’ordinamento per la conservazione della garanzia patrimoniale generica di cui all’art. 2740 c.c. Tale strumento, infatti, ha solo la funzione di ricostituire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del debitore ex art. 2740 c.c., la cui consistenza, per effetto dell’atto di disposizione posto in essere dal debitore, si sia ridotta al punto da pregiudicare la realizzazione del diritto del creditore con l’azione espropriativa. In coerenza con tale sua unica funzione, l’azione predetta ove esperita vittoriosamente, non determina il travolgimento dell’atto di disposizione posto in essere dal debitore, ma semplicemente l’inefficacia di esso nei soli confronti del creditore che l’abbia vittoriosamente esperita, per consentire allo stesso di esercitare sul bene oggetto dell’atto l’azione esecutiva ai sensi degli artt. 602 e ss. c.p.c. per la realizzazione del credito.
L’art. 2901 c.c. richiede la sussistenza di un elemento oggettivo e di uno soggettivo. Quanto al primo (c.d. eventus damni), non è necessario che il debitore si trovi in stato di insolvenza, essendo sufficiente che l’atto di disposizione da lui posto in essere produca pericolo o incertezza per la realizzazione del diritto del creditore, in termini di una possibile o eventuale infruttuosità di una futura azione esecutiva. Infatti, l’eventus damni ricorre non soltanto quando l’atto di disposizione determini la perdita della garanzia patrimoniale del creditore, ma anche quando tale atto comporti una maggiore difficoltà ed incertezza nella esazione coattiva del credito. Ciò può verificarsi anche in caso di mera variazione qualitativa del patrimonio, tale da rendere più difficile la soddisfazione dei creditori. Quanto al secondo elemento, è necessario che il debitore fosse consapevole del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore dall’atto dispositivo in questione (c.d. scientia damni). In particolare, allorché l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, è necessaria e sufficiente la consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore, essendo l’elemento soggettivo integrato dalla semplice conoscenza – a cui va equiparata la agevole conoscibilità – nel debitore di tale pregiudizio, a prescindere dalla specifica conoscenza del credito per la cui tutela viene esperita l’azione, e senza che assumano rilevanza l’intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore (c.d. consilium fraudis), né la partecipazione o la conoscenza da parte del terzo in ordine alla intenzione fraudolenta del debitore. Inoltre, quando si tratta di atto a titolo oneroso, è richiesta anche la consapevolezza del terzo acquirente del pregiudizio arrecato dall’atto alle ragioni creditorie. Tuttavia, anche in questo caso occorre distinguere a seconda che l’atto sia anteriore o posteriore al sorgere del credito. Nel primo caso, è necessario che l’atto dispositivo sia stato compiuto proprio in funzione del sorgere della futura obbligazione, allo scopo di precludere o rendere più difficile al creditore l’attuazione coattiva del suo diritto. Nel secondo caso, invece, è sufficiente la generica conoscenza – da parte del terzo contraente – del pregiudizio che l’atto a titolo oneroso posto in essere dal debitore possa arrecare alle ragioni dei creditori, non essendo necessaria la collusione tra il terzo e il debitore.
Ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria, è sufficiente la titolarità di un credito eventuale, quale quello oggetto di un giudizio ancora in corso, fermo restando che l’eventuale sentenza dichiarativa dell’atto revocato non può essere portata ad esecuzione finché l’esistenza di quel credito non sia accertata con efficacia di giudicato.
Il momento storico in cui deve essere verificata la sussistenza dell’eventus damni è quello in cui viene compiuto l’atto di disposizione dedotto in giudizio e in cui può apprezzarsi se il patrimonio residuo del debitore sia tale da soddisfare le ragioni del creditore, restando, invece, assolutamente irrilevanti, al fine anzidetto, le successive vicende patrimoniali del debitore, non collegate direttamente all’atto di disposizione.
Azione revocatoria dell’atto di rinunzia all’esercizio del diritto di opzione
Con riguardo all’atto di rinunzia all’esercizio del diritto di opzione, è esperibile l’azione revocatoria soltanto qualora il diritto di opzione costituisca un bene in sé, dotato di autonomo valore di mercato. Ed invero, la revoca della rinuncia o del mancato esercizio del diritto di opzione relativo all’aumento di capitale di una società giammai può consentire al creditore di aggredire le quote oggetto del mancato esercizio dell’opzione stessa, ciò in quanto effetto della revoca è unicamente la declaratoria di inefficacia dell’atto revocato e il conseguente assoggettamento del bene oggetto della rinuncia (id est, del diritto d’opzione) all’azione esecutiva, ossia all’espropriazione forzata, sì che dalla vendita forzata dei diritti d’opzione il creditore possa ricavare quanto necessario alla realizzazione del suo credito.
Il valore della rinuncia al diritto di opzione non può equivalere al valore delle quote rinunciate, né tanto meno del capitale sociale, bensì esso dipende unicamente dal mercato in cui si incontrano l’offerta e la domanda di tale diritto. Ebbene, nelle s.r.l., diversamente dalle s.p.a. – dove, alla luce delle previsioni dell’art. 2441 cc., il diritto di opzione presenta un indubbio valore economico in sé –, il diritto di opzione non ha automaticamente un valore patrimoniale autonomo. Ciò rende ammissibile l’azione revocatoria della rinuncia al diritto di opzione nelle forme di cui all’art. 2901 c.c. soltanto qualora a seguito dell’istruttoria venga accertato che tale diritto abbia un effettivo valore. Se, invece, tale valore dovesse risultare nullo alla data della delibera di aumento del capitale sociale e della rinuncia all’esercizio del diritto di opzione, è da escludere qualsiasi pregiudizio alle ragioni dei creditori arrecato dalla condotta abdicativa del socio, con conseguente insussistenza del presupposto oggettivo della revocatoria esercitata. L’onere di provare tale valore economico ricade sul creditore che agisce in revocatoria, il quale deve dimostrare la rilevanza quantitativa e qualitativa dell’atto di disposizione (eventus damni), che giustifichi l’iniziativa processuale assunta; mentre è onere del debitore, per sottrarsi agli effetti dell’azione revocatoria, provare che il proprio patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore.
Il socio soltanto anteriormente alla scadenza del termine previsto per l’esercizio del diritto di opzione può, nei limiti in cui sia consentito dalle norme statutarie, cedere il diritto stesso a terzi non soci.
Ammissibilità dell’azione revocatoria dell’atto di scissione
L’azione revocatoria ordinaria è preordinata unicamente a preservare e garantire il diritto del creditore di agire in via esecutiva sul patrimonio del proprio debitore, cosicché resti salva la garanzia patrimoniale generica ex art. 2740 c.c. e si ricostituisca quel patrimonio nella sua consistenza qualitativa e quantitativa anteriore all’atto dispositivo, attualmente o potenzialmente pregiudizievole. Attraverso tale tipo di tutela, di accertamento, il creditore realizza e rende concreta la garanzia generica di cui all’art. 2740 c.c., in due momenti consecutivi: egli può dapprima rendere inefficaci, nei soli propri confronti, quegli atti dispositivi che il debitore ha compiuto, pur consapevole dell’esistenza del vincolo obbligatorio, e che rappresentino, per il verificarsi di una conseguenziale diminuzione del patrimonio di quest’ultimo, un concreto pregiudizio dell’interesse creditorio; poi, a seguito dell’eventuale dichiarazione di inefficacia dell’atto, diviene legittimato a promuovere nei confronti dei terzi acquirenti o beneficiari le azioni conservative ed esecutive sui beni oggetto di disposizione (art. 2902 c.c.).
Ai fini dell’esperibilità dell’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. non è necessario che il creditore sia titolare di un credito certo, liquido ed esigibile, bensì è sufficiente una semplice aspettativa che non si riveli prima facie pretestuosa e che possa valutarsi come probabile, anche se non definitivamente accertata: dunque anche il credito litigioso è idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore. Nell’ambito dell’azione revocatoria la cognizione del giudice sul credito è meramente incidentale.
È ammissibile l’azione revocatoria ordinaria di un atto di scissione societaria attuata mediante costituzione di una nuova società beneficiaria di parte del patrimonio della società scissa. Questo poiché l’atto di scissione integra a tutti gli effetti un atto di disposizione patrimoniale che risponde ai requisiti di cui all’art. 2901 c.c.: la scissione, infatti, comporta un mutamento della titolarità soggettiva (dalla scissa alla beneficiaria) di una parte del patrimonio della società scissa.
All’esperibilità dell’azione revocatoria non è di ostacolo il disposto normativo dell’art. 2504 quater c.p.c. il quale prevede che, dopo l’iscrizione della fusione nel Registro delle Imprese, l’invalidità dell’atto di fusione non possa essere pronunciata: tale norma, infatti, esclude solo una dichiarazione di invalidità (per nullità o annullamento) dell’atto di fusione o scissione, mentre l’azione revocatoria non determina alcuna invalidità dell’atto di scissione, bensì la sua semplice inefficacia relativa, rendendolo inopponibile al creditore pregiudicato.
All’applicazione della norma di cui all’art. 2901 c.c. all’atto di scissione non è di ostacolo neppure la disciplina della solidarietà dal lato passivo, conseguente alla scissione ex art. 2506 quater, co. 3, c.c. in quanto il rimedio previsto dal menzionato art. 2506 quater c.c. è del tutto diverso dall’azione revocatoria di cui all’art. 2901 c.c.: infatti, il compimento di un atto di disposizione del proprio patrimonio (comportante una diminuzione della garanzia di cui all’art. 2740 c.c.) da parte di un coobbligato solidale consente al creditore di esercitare nei suoi confronti l’azione revocatoria (ricorrendone i presupposti), essendo irrilevante se i patrimoni degli altri coobbligati siano singolarmente sufficienti a garantire l’adempimento, dal momento che la solidarietà dal lato passivo per l’adempimento di un’obbligazione pecuniaria determina una pluralità di rapporti giuridici di credito-debito, tra loro distinti ed autonomi.
Laddove il bene oggetto dell’azione revocatoria sia rimasto nel patrimonio della società beneficiaria della scissione, l’effetto della revocatoria è quello di consentire le azioni esecutive e conservative direttamente sul bene oggetto dell’azione con preferenza rispetto agli altri creditori del debitore; tale preferenza non sussiste, invece, nel caso di azione diretta a far valere la responsabilità solidale delle due società coinvolte nella scissione che consente al creditore di agire entro il limite del valore effettivo del patrimonio netto assegnato o rimasto ma solo in posizione di parità rispetto a tutti gli altri creditori.
L’esperibilità del rimedio generale di cui all’art. 2901 c.c. non può escludersi in ragione dell’esistenza, in favore dei creditori della società scissa, di uno specifico strumento di tutela anticipata, quale quello previsto dall’art. 2503 c.c. (applicabile alla scissione in forza del richiamo contenuto nell’ultimo comma dell’art. 2506 ter c.c.), in virtù del quale i creditori possono fare opposizione alla scissione entro sessanta giorni dall’iscrizione della delibera nel Registro delle Imprese: infatti l’opposizione ex art. 2503 c.c. e l’azione revocatoria costituiscono strumenti di tutela profondamente diversi sul piano funzionale, avendo una diversa legittimazione attiva, un diverso momento di operatività, nonché diversi termini di attivazione e diverse conseguenze in caso di accoglimento.
Nel caso di scissione societaria, la valutazione circa l’onerosità o la gratuità dell’atto (funzionale all’individuazione dei presupposti per l’esercizio dell’azione revocatoria) deve essere effettuata non con riferimento agli effetti patrimoniali che l’operazione produce per i soci delle società coinvolte, che restano del tutto irrilevanti nella prospettiva dei creditori della società scissa, ma con riferimento alle conseguenze che la scissione produce sul patrimonio della società debitrice interessata dalla scissione.
Scissione e revocatoria ordinaria
L’atto di scissione societaria non può essere oggetto di revocatoria ordinaria, essendo l’azione pauliana incompatibile con il sistema di garanzie e con la disciplina positiva dettata in materia di scissione, atteso che con l’art. 2504-quater c.c. il legislatore ha [ LEGGI TUTTO ]
Anche il credito litigioso legittima l’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria: irrilevanza dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità ai fini dell’attribuzione della qualità di creditore ex art. 2901 c.c.
In tema di azione revocatoria ordinaria, tenuto conto della sua precipua finalità, diretta a perseguire non scopi specificamente restitutori o recuperatori, ma di ricostituzione e conservazione della garanzia generica sul patrimonio del debitore in favore del creditore agente in revocatoria, sussiste [ LEGGI TUTTO ]
Azione revocatoria ordinaria proseguita o esercitata dalla curatela e relativi oneri probatori
La curatela, pendendo il giudizio di revocatoria ordinaria promossa contro il debitore da parte di un creditore, ai sensi dell’art. 2901 c.c., può subentrare nel relativo processo ovvero proporre ex novo la medesima azione, ex art. 66 L.F.; in entrambi i casi, la legittimazione processuale dell’organo concorsuale è esclusiva, non potendo cumularsi a quella del creditore singolare. [ LEGGI TUTTO ]
Atto di scissione e azioni revocatorie
L’operazione straordinaria di scissione societaria, certamente di natura organizzativa, ha quale effetto normale quello del mutamento della titolarità soggettiva (dalla scissa alla beneficiaria) di una parte del patrimonio della società che l’operazione ha deciso: l’atto di scissione è, sotto questo profilo, atto dispositivo ed è, quindi, revocabile [ LEGGI TUTTO ]
Inammissibilità dell’azione revocatoria ordinaria contro le assegnazioni conseguenti all’atto di scissione
Contro gli atti di assegnazione, conseguenti all’operazione di scissione, non è ammissibile l’azione revocatoria ordinaria (ex art. 2901 c.c. o ex art. 66 l. fall.). Infatti, poichè la finalità dell’art. 2504-quater c.c. consiste [ LEGGI TUTTO ]
Natura dell’atto deliberativo di scissione societaria e azione revocatoria ordinaria
Mediante il consenso prestato dal socio ad un atto deliberativo di scissione, questi concorre ad un atto negoziale [ LEGGI TUTTO ]