In tema di emissione di azioni la transazione conclusa tra la società emittente e l’azionista danneggiato può liberare il revisore
La responsabilità degli amministratori della società emittente e dei revisori legali dei conti per il danno derivato, ai soci ed ai terzi, dall’inadempimento ai loro doveri è solidale. Nel particolare caso in cui l’incarico di revisione sia stato svolto da una società, anche la responsabilità delle persone fisiche rileva, essendo queste tenute in solido – con la medesima – al risarcimento verso la società revisionata ed i terzi danneggiati, sebbene «entro i limiti del proprio contributo effettivo al danno cagionato».
Nel caso di azione dell’investitore volta ad ottenere il risarcimento del danno per perdita dell’investimento compiuto confidando nella veridicità dei dati risultanti da bilancio, la transazione intervenuta tra l’investitore medesimo e la società emittente determina potenzialmente l’estinzione del debito risarcitorio gravante sui revisori, potendo questi approfittare, in via potestativa, dell’effetto liberatorio di cui all’art. 1304 comma 1 c.c. Infatti, la transazione relativa all’intero debito solidale – e non solo alla quota del singolo – estende i suoi effetti anche ai condebitori che siano rimasti estranei all’accordo e che abbiano dichiarato di approfittare dell’effetto liberatorio; gli unici presupposti per l’esercizio del diritto sono, dunque, il vincolo solidale dal lato passivo dell’obbligazione e la natura «tombale» della transazione, che deve necessariamente avere ad oggetto l’intero debito.
Azione di risarcimento del danno per violazione del diritto della concorrenza ed onere della prova
Nonostante il comma 2 dell’art. 14 del d.lgs. n. 3/2017 stabilisca una presunzione relativa circa l’esistenza del nesso causale tra intesa o pratica vietata dalle norme UE sulla concorrenza e danno, rimane a carico dell’attore l’onere di provare la specifica lesione subita nella propria sfera giuridica (il titolo individuale al risarcimento) e il concreto ammontare del danno subito,
A fronte della perfetta autonomia patrimoniale inerente alla personalità giuridica, è esclusa la legittimazione attiva del socio di una società di capitali per la domanda di risarcimento danni nei confronti del terzo che con il suo comportamento illecito abbia danneggiato la società, con conseguente depauperamento del patrimonio personale dei singoli soci. In caso di danni sociali, il risarcimento compete solo alla società, di modo che per il socio anche il ristoro è destinato a realizzarsi unicamente nella medesima maniera indiretta in cui si è prodotto il suo pregiudizio. Se, al contrario, si ammettesse che i soci di una società di capitali potessero agire per il risarcimento dei danni procurati da terzi alla società, in quanto incidenti su diritti derivanti dalla partecipazione sociale, si configurerebbe un duplice risarcimento per lo stesso danno, non potendosi negare un uguale diritto alla società.